Il Loto non è (solo) un teatro; è una metafora

Da un paio di settimane, nel piccolo, tenero, marginale e poco comunicativo Molise, imperversa una polemica impiantata ed alimentata da un appello promosso da il Bene Comune per salvare il Tetro del Loto, fondato da Stefano Sabelli dieci anni fa, che intorno al suo progetto culturale ha saputo raccogliere artisti ed operatori culturali che animano Teatri Molisani, la cooperativa che organizza e gestisce le attività della struttura.

L’appello è stato condiviso da oltre 10.000 persone, sottoscritto da più di 500, fra le quali personalità del mondo della cultura e dello spettacolo, che hanno sostenuto l’iniziativa anche con una dichiarazione filmata. Fra gli altri, l’appello per un sostegno finanziario adeguato all’attività del Teatro del Loto è stato firmato da Vittorio Sgarbi, Moni Ovadia, Elio Germano, Silvio Orlando, Silvia Gallerano, Claudio Botosso, Peppe Servillo, Domenico Iannacone, Giuseppe Tabasso, Isabella Astorri e Franco Novelli. A questo profluvio di disponibilità di rilievo nazionale e regionale, ha risposto un comunicato stampa del Consiglio d’Amministrazione della Fondazione Molise Cultura (Presutti, Mogavero, Fratangelo) e del Consigliere delegato alla cultura Ioffredi, con l’elenco dei finanziamenti che la Regione Molise ha erogato al Teatro del Loto fino al 2015.

In esordio, subdolamente, i maggiorenti istituzionali della cultura molisana hanno voluto sottolineare che il Loto è una struttura privata, in spregio a una concezione aggiornata e liberale, la quale afferma che “non tutto ciò che pubblico è statale”. D’altronde, Frattura fin dal suo insediamento, ha scelto di uscire dalle società partecipate dalla Regione, sostenendo che l’Ente pubblico non deve vendere polli (perciò è uscito dalla GAM) né deve produrre zucchero (e ha smantellato lo zuccherificio di Termoli). E’ incomprensibile però, per quale motivo la Regione che non deve occuparsi di polli e di zucchero, debba promuovere e distribuire teatro, musica, letteratura e mostre d’arte tramite una Fondazione in house, che funziona cioè come un suo ente strumentale, finanziato totalmente con denaro pubblico, ma la cui persona giuridica è di natura privatistica.

Sui finanziamenti alla cooperativa Teatri Molisani che gestisce il Loto poi, i reggitori della Fondazione, in sodalizio col delegato “di competenza”, con la loro avvilente uscita, hanno ingenerato una confusione che va chiarita almeno per onestà intellettuale. Innanzitutto le cifre indicate nel comunicato mettono insieme i contributi erogati al Loto per la sua qualificata e apprezzata attività di promozione e divulgazione (la stagione) e di formazione (la scuola di teatro), con quelle (miserrime, affatto commensurabili a quelle che la Fondazione paga ordinariamente per il cartellone del Savoia) riferibili a corrispettivi per i numerosi spettacoli (Saul, La locandiera, Re Lear ecc.) messi in scena  da Teatri Molisani in tutto il territorio regionale. Inoltre, il totale del finanziamento indicato in maniera così approssimativa e fuorviante, nel suo complesso, equivale a 40.000 euro l’anno; meno di quanto è costata l’ultima edizione della beatificata “Poietika”.

Infine, al teatro del Loto di Ferrazzano, per l’anno passato e per quello in corso, non è stato erogato alcun sostegno economico, con la conseguenza che Sabelli e i suoi bravissimi e appassionati collaboratori non hanno potuto programmare la stagione (se ne sono accorti gli ineffabili decisori delle politiche culturali molisane?) proprio nel decennale di fondazione della struttura. Il Molise è vilipeso da una dittatura della mediocrità, stolida e trasversale, che ne ottenebra e ne svilisce le migliore vocazioni, quelle territoriali ma soprattutto quelle antropologiche. La politica da almeno vent’anni svolge una triste ed autolesionistica selezione all’incontrario che le fa scegliere i peggiori, i quali non possono fare a meno di designare chi gli assomiglia (casomai per difetto), quando si tratta di assegnare responsabilità in ruoli di comando. In questo senso il Loto non è (solo) un teatro, ma una metafora della nostra condizione, minacciata su più fronti innanzitutto da noi stessi; dalla nostra insipienza, dalla mancanza di progetto e di visione della nostra classe dirigente, da un conformismo fedifrago, ricattato e ricattatorio, che ha capovolto il senso e la prospettiva dello Spirito Pubblico, piegandone l’impianto valoriale alla cura, addirittura dichiarata, dell’interesse personale.

La qualità straordinaria non solo delle produzioni teatrali del teatro del Loto, ma dell’intero suo progetto culturale, per umanità, è stata riconosciuta da chiunque vi abbia messo piede in questi dieci anni di complicatissima e generosa attività, compresi Presutti/Mogavero/Fratangelo e Ioffredi, almeno c’è da sperarlo; è che essi, con gradi differenti di consapevolezza e responsabilità, lavorano a un disegno che premia amicizie e parentele politiche, prescindendo dal merito e dal talento. Anzi, il merito e il talento possono rappresentare fastidiose complicazioni nell’esercizio del quotidiano a cui si deve accudire. Il Teatro del Loto, attorno alla generosità visionaria di Sabelli, ha saputo ospitare e coltivare una qualificatissima comunità, selezionando i suoi componenti per amore, per passione e militanza, oltre che per capacità. Il Comune di Ferrazzano che lo ospita ne ha riconosciuto la funzione strategica e feconda, dichiarandolo “di interesse municipale” (a proposito di ciò che è pubblico e ciò che è privato) con una deliberazione apposita.

Consentire che chiuda il Loto vuol dire arrendersi alla cancellazione di una traccia concreta e suggestiva della nostra possibilità di riscatto e di rinascita; non solo di Ferrazzano che anche grazie al teatro si fregia della “bandiera arancione”, ma dell’intera comunità regionale. Per le nostre politiche culturali, piuttosto, si possono e si dovrebbero fare due cose immediatamente: una legge regionale di settore annunciata  con grande clamore dall’irriducibile Ioffredi quattro anni or sono e della quale si sono perse le tracce, e la trasformazione della Fondazione Molise Cultura in una Fondazione di partecipazione, aperta al contributo, anche economico, di tutti quelli che operano in questo ambito sui nostri territori, che agisca di concerto con l’Assessorato regionale alla cultura, il quale deve tornare a ricoprire il ruolo fondamentale di programmazione che la regola democratica gli assegna, uscendo dal cono d’ombra nel quale l’hanno relegato Frattura e la sua Fondazione.

La cultura può diventare davvero il volano di rigenerazione della nostra comunità minacciata su più fronti, come pure si sente dire cialtronescamente e senza costrutto da rappresentanti sparigliati del ceto politico; a patto però che la si tratti con rigore, sagacia e generosità, come una materia preziosa e delicatissima, sensibile ma sguarnita davanti alla discriminazione preconcetta e al rifiuto del confronto approfondito e franco. Perciò la vicenda che sta riguardando il Loto rappresenta evocativamente la condizione nella quale ci troviamo tutti noi che abitiamo fra il Trigno e il Fortore, anche quelli che non vi hanno mai messo piede.

Antonio Ruggieri75 Posts

Nato a Ferrazzano (CB) nel 1954. E’ giornalista professionista. Ha collaborato con la rete RAI del Molise. Ha coordinato la riedizione di “Viaggio in Molise” di Francesco Jovine, firmando la post—fazione dell’opera. Ha organizzato e diretto D.I.N.A. (digital is not analog), un festival internazionale dell’attivismo informatico che ha coinvolto le esperienze più interessanti dell’attivismo informatico internazionale (2002). Nel 2004, ha ideato e diretto un progetto che ha portato alla realizzazione della prima “radio on line” d’istituto; il progetto si è aggiudicato il primo premio del prestigioso concorso “centoscuole” indetto dalla Fondazione San Paolo di Torino. Ha ideato e diretto quattro edizioni dello SMOC (salone molisano della comunicazione), dal 2007 al 2011. Dal 2005 al 2009 ha diretto il quotidiano telematico Megachip.info fondato da Giulietto Chiesa. E’ stato Direttore responsabile di Cometa, trimestrale di critica della comunicazione (2009—2010). E’ Direttore responsabile del mensile culturale “il Bene Comune”, senza soluzione di continuità, dall’esordio della rivista (ottobre 2001) fino ad oggi. BIBLIOGRAFIA Il Male rosa, libro d’arte in serigrafia, (1980); Cafoni e galantuomini nel Molise fra brigantaggio e questione meridionale, edizioni Il Rinoceronte (1984); Molise contro Molise, Nocera editore (1997); I giovani e il capardozio, Nocera editore (2001).

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