Stelle cadenti

Al netto delle analisi approfondite sui flussi elettorali, sono essenzialmente due le notizie ricavabili dalle consultazioni amministrative svoltesi domenica scorsa. La prima è che l’astensione dal voto continua a crescere (l’affluenza nei 25 capoluoghi di regione e di provincia è stata del 60%, sette punti sotto rispetto alla volta precedente) e ha raggiunto oramai un punto di non ritorno; la seconda è che il Movimento 5 stelle è fuori da (quasi) tutti i ballottaggi.

Da queste due notizie scaturiscono altrettante considerazioni: la disaffezione e la disillusione crescenti dei cittadini nei confronti della politica costituiscono un trend stabile, mentre il M5S che si era candidato a incarnare la forma di questa tendenza, si dimostra inadeguato allo scopo.

Se è vero che i cosiddetti corpi intermedi hanno perduto via via la loro funzione di mediatori con la fine dei vecchi modelli di produzione e con l’affermarsi di nuovi rapporti sociali ed economici basati sui flussi finanziari, è altrettanto vero che il Movimento 5 Stelle si sta lasciando scappare l’occasione storica di farsi interprete di una forma politica inedita, orizzontale, prodotto della rivoluzione apportata dalla rete.

L’unico tentativo, in questo senso, è quello che sta imbastendo Luigi De Magistris a Napoli con la costituzione della rete delle città ribelli, dimostrando di aver compreso il concetto di rete come partecipazione attiva dei cittadini piuttosto che, secondo una visione tecnocratica, come mero supporto tecnologico. A questo, seppure in maniera più sfumata e indeterminata, allude anche il progetto di civismo politico di Leoluca Orlando che a Palermo ha sfondato addirittura al primo turno, grazie anche all’inchiesta che aveva colpito il M5S e alle faide interne allo stesso Movimento che di sicuro non hanno aiutato il candidato Ugo Forello.

Rispetto ai meccanismi della rete, d’altro canto, i 5 stelle si sono mostrati subalterni, rinunciando all’idea di governare lo spazio pubblico nella convinzione che i grandi monopoli digitali come Google o Facebook possano supplire al vuoto politico.

Ecco cosa intende Grillo per democrazia diretta: milioni di persone che si illudono di partecipare attivamente alla politica, mentre le loro vite vengono spiate e i loro dati rivenduti infinite volte.

Pensare di sostituire la vecchia concezione verticale della politica con una forma postmoderna di leaderismo che fa sintesi di tendenze spesso contrapposte, non è certo una buona idea.

Senza un programma di governo dello spazio pubblico e della partecipazione non si va lontani. Le esperienze amministrative di Roma e Torino stanno lì a dimostrarlo. Mentre a Roma regna il caos e la Raggi non trova niente di meglio che scaricare la colpa sui migranti, a Torino, dove i problemi sono infinitamente minori, ci si limita all’ordinaria amministrazione, con tutto ciò che questo comporta in termini di compromesso con il sistema; dunque, in continuità, sostanzialmente, con le precedenti amministrazioni di centrosinistra.

Berlusconi e Renzi sono morti che camminano. Il problema è la mancanza di alternativa.

Paolo Di Lella100 Posts

Nato a Campobasso nel 1982. Ha studiato filosofia presso l'Università Cattolica di Milano. Appena tornato in Molise ha fondato, insieme ad altri collaboratori, il blog “Tratturi – Molise in movimento” con l'obiettivo di elaborare un’analisi complessiva dei vari problemi del Molise e di diffondere una maggiore consapevolezza delle loro connessioni. Dal 2015 è componente del Comitato scientifico di Glocale – Rivista molisana di storia e scienze sociali (rivista scientifica di 1a fascia), oltre che della segreteria di redazione. Dal 2013 è caporedattore de Il Bene Comune e coordinatore della redazione di IBC – Edizioni. È autore del volume “Sanità molisana. Caccia al tesoro pubblico”. È giornalista pubblicista dal 2014

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