Festival del bene comune. La prima giornata

Accogliere, ripopolare, rigenerare. Con questo programma si è aperta ieri pomeriggio a Castelbottaccio la seconda edizione del Festival del bene comune (la prima edizione si era svolta a Casacalenda).

La prima giornata è cominciata intorno alle 16 30 con l’intervento registrato e trasmesso su un maxi-schermo del Vescovo della Diocesi Campobasso-Bojano Mons. Giancarlo Bregantini il quale ha benedetto l’iniziativa e ha lodato gli organizzatori sottolineando la centralità e l’importanza dei temi trattati.

 

 

 

 

 

 

Dopo i saluti del Sindaco Nicola Marrone e di Pina Di Cienzo presidente della pro-loco è intervenuta Letizia Bindi, docente di antropologia presso l’Unimol che ha accennato all’importanza dei progetti europei per il territorio anche come strumento di stimolo per le amministrazioni locali.

Poi si sono succeduti Mons. Gianfranco De Luca Vescovo della Diocesi Termoli-Larino, Antonietta Caccia presidente del Circolo della zampogna di Scapoli, Rossano Pazzagli storico e docente Unimol, Brunetto Mori presidente dell’ass. Pepe Mujica di Arezzo, e Nicholas Bawtree direttore di Terra nuova i quali da differenti prospettive e angolazioni hanno voluto mettere in luce l’importanza della contaminazione e dell’accoglienza per il futuro delle nostre comunità.

 

Intorno alle 19 il numeroso pubblico ha potuto apprezzare l’articolata e appassionata relazione di Giovanni Pandolfini – contadino, come ha rivendicato con orgoglio – che ha raccontato con grande abilità narrativa l’esperienza della Fattoria Mondeggi bene comune, un caso emblematico e virtuoso di riappropriazione e gestione collettiva di un bene pubblico in stato di abbandono che rischiava di essere sottratto alla comunità.

Hanno chiuso, infine, la serata Lino Gentile Sindaco di Castel del Giudice e Carmine Ranieri Segretario di CGIL Abruzzo e Molise, i quali hanno illustrato un progetto ambiziosissimo: Enzima, la scuola di rigenerazione territoriale che potrà essere uno strumento potente, rivolto in primo luogo agli amministratori locali, per mettersi nelle condizioni di progettare per le nostre aree interne in sofferenza un futuro degno di questo nome, con il coinvolgimento attivo delle comunità locali, percepite finalmente come capitale umano e non più come soggetti passivi.

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