C’è del sommerso anche nel patrimonio culturale

di Francesco Manfredi-Selvaggi
Non si può dire come si diceva della famiglia Garibaldi che il meglio è sottoterra riferito all’eroe nazionale, ma anche da noi si vanno scoprendo emergenze culturali inaspettate nel sottosuolo e anche sott’acqua, prendi il decumano di Boiano (Ph. F. Morgillo-Il basamento del tempio italico riemerso al di sotto del pavimento della chiesetta dedicata a S. Angelo nella omonima piana a Vastogirardi)
Si può pianificare quanto si vuole per conservare il paesaggio, ma poi accade qualcosa che è capace di far saltare ogni piano. Il piano paesistico di un certo comprensorio dispone magari l’edificabilità di un’area e poi si scopre, proprio quando stanno per iniziare i lavori di edificazione di un qualche manufatto, che quel sito è di interesse archeologico per la riemersione durante lo scavo di un reperto antico. È raro che si facciano scoperte eccezionali, vi è una casistica molto limitata. Il più remoto ritrovamento è la Tavola Osca di Agnone il quale è avvenuto nel XIX secolo, fortuitamente venuta alla luce durante l’esecuzione di una lavorazione agricola; non c’entra con l’archeologia perché è un oggetto di età cristiana ma lo si segnala in quanto è anch’esso riemerso durante l’aratura di un campo a Cercemaggiore il ritrovamento della statua della Madonna della Libera fu altrettanto casuale.
Casi eclatanti per la bellezza dei rinvenimenti sono stati la “scoperta” del Cavaliere di S. Biase e della Minerva di Roccaspromonte, ambedue oggetti autenticamente d’arte; in entrambe le circostanze le ricerche archeologiche furono circoscritte ad un ambito limitato e, peraltro, di breve durata per cui non conosciamo bene il contesto insediativo cui appartenevano. È addirittura clamoroso lo “scoperchiamento”, proprio così poiché si tratta di sepolture, delle tombe bulgare, un intero sepolcreto dove i cavalieri venivano seppelliti con il proprio cavallo nella piana di Campochiaro: è stato l’approntamento di un cantiere per l’estrazione di inerti a portare al riconoscimento di tale ancestrale cimitero.
Si tratta di testimonianze antiche che stanno appena a qualche metro dal livello del suolo, situazione topografica che si ripete più volte nell’esecuzione delle trincee per l’alloggiamento dei metanodotti. Durante uno dei lavori di realizzazione di queste condotte ci si è imbattuti in una villa rustica di età tardo imperiale, di cui sono rimaste significative evidenze, nell’agro di S. Pietro Avellana. Per quest’ultima, i suoi resti, si è deciso la conservazione in situ, mentre le tombe di Campochiaro sono state svuotate e il loro contenuto è stato trasportato nel Museo Sannitico, trattando il corredo funerario quale “bene mobile” e, però, non l’area cimiteriale quale “bene immobile” come forse sarebbe stato opportuno fare.
È da dire che se in passato il pericolo di danneggiamento dei beni interrati era rappresentato dalla vanga del contadino ora, per via del progresso tecnico, la minaccia è maggiore, sono le escavatrici. Finora abbiamo parlato di “disseppellimenti” di cose storiche che hanno riguardato la campagna, non è detto, comunque, che anche in città non se ne possano avere nonostante che questa per la sua intensa frequentazione antropica appaia un luogo completamente esplorato. In definitiva, anche negli agglomerati urbani si possono fare incontri inaspettati: è successo a Boiano dove durante la sistemazione dell’alveo del Calderari ci si è imbattuti nel decumano di Bovianum (Undecanorum o Vetus? o entrambi?).
Appena “fuori porta” ad Isernia nel mentre che si costruiva la tangenziale all’abitato ci si è trovati di fronte, o meglio sotto i piedi, ad un giacimento paleolitico con tracce (un dentino) della presenza umana, è scontato che nessuno sapesse niente, non avesse sentore di nulla, non vi sono, di certo, fonti scritte o epigrafiche né evidenze di qualsiasi altro tipo delle quali avvalersi per lo studio di fasi tanto lontane da noi, siamo ai primordi della storia dell’umanità. In genere, comunque, del patrimonio archeologico abbiamo pochi dati conoscitivi, c’è del sommerso sottoterra, magari non proprio favolosi tesori come si potrebbe vagheggiare. L’estemporaneità delle esplorazioni del sottosuolo, l’archeologia di emergenza, le sorprese archeologiche sono le parole chiave dell’attività archeologica nostrana, le campagne di scavo sistematiche sono rare.
L’urgenza può spingere a fare rilevamenti frettolosi e ciò succede durante eventi bellici, di ciò si occupa la Società Italiana Protezione Beni Culturali che a Campobasso fa capo a Isabella Astore, e in previsione dell’innesco di un evento franoso su un pendio. Abbiamo detto prima che sono rare e, però, non del tutto assenti le indagini condotte con sistematicità su alcuni siti archeologici molisani sempre condotti da istituti accademici, il Suor Orsola Benincasa a S. Vincenzo al Volturno e l’Università di Perugia a S. Pietro in Cantoni. L’orizzonte temporale di queste ricerche è pluriennale, invece è all’istante la segnalazione di una “resurrezione” di un bene culturale giacente nel sottosuolo da parte dell’archeologo preposto alla sorveglianza dei lavori pubblici nel momento in cui la loro effettuazione richieda che vengano eseguite escavazioni.
Da circa 2 decenni è in vigore una normativa che obbliga alla presenza in sede di realizzazione di fondazioni, di sbancamenti, di massicciate stradali, di palificazioni interrate della figura dell’esperto in archeologia. Gli organi periferici del ministero della cultura non sono organizzati per assolvere a un compito del genere così come allo studio programmato di areali di valore archeologico, per cui sono affiancati da professionisti del ramo nel primo caso e da dipartimenti universitari nel secondo.

Francesco Manfredi Selvaggi690 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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