Paesaggi che hanno conseguito la specializzazione in olivicoltura o in viticoltura

Gli uliveti e i vigneti sono piantagioni, se assai estese, capaci di condizionare le vedute panoramiche in alcune aree del Molise specie nelle parti orientale e occidentale Vi sono anche altre colture specializzate ma quelle dell’ulivo e della vite sono in più colture tradizionali
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Sebbene gli uliveti e i vigneti non occupino una parte consistente della superficie agricola regionale (SAU, Superficie Agricola Utilizzata, così com’è definita nelle statistiche), almeno sotto forma di colture specializzate cioè non frammista ad altre coltivazioni, essi in alcune aree, comunque rappresentano il tipo di uso del suolo dominante. Per quanto riguarda l’ulivo questa pianta è capace di caratterizzare fin dall’età antica il paesaggio di un intero ambito del perimetro comunale di Venafro il quale viene a costituire una zona speciale che è stata designata Parco Regionale dell’Ulivo per il suo valore storico e naturalistico. L’uliveto è l’unica tipologia colturale capace di condizionare in maniera forte qui da noi i lineamenti paesaggistici di un comprensorio. È da dire che mentre i vigneti grandi sono di impianto recente, l’oliveto del venafrano già nell’antichità era di notevole estensione, le vigne erano in passato generalmente piccole.
I vigneti più ampi, lo si ribadisce, sono di dotazione contemporanea, prevalentemente concentrati nel Basso Molise, quindi all’ala opposta del territorio regionale rispetto agli uliveti di Venafro, quei pochi, ne è comparso uno di circa 3 ettari qualche anno fa a Castropignano, che sono posti all’interno del Molise sono subentrati sostituendole a precedenti utilizzazioni agricole del terreno le quali secondo tradizione erano di tipo misto, la cosiddetta coltura promiscua cui viene a contrapporsi la monocoltura della vite. Insistendo su questo punto se a Venafro la campagna è dalla notte
dei tempi occupata percettivamente da un singolo elemento, le piantagioni di ulivo, la vite quale componente dominante dei quadri visivi di un certo distretto, la fascia costiera, è una novità dei nostri giorni. Per quanto appena visto se l’ulivo di Venafro può essere inteso come fattore identitario di una zona, gli impianti viticoli pur quanto sono estesi non rappresentano una componente costitutiva dell’identità dei luoghi, anzi per la semplificazione che provocano dell’immagine del posto in cui insistono provocano la banalizzazione sotto l’aspetto percettivo dell’intorno rurale, l’uniformità contro la tradizionale pluralità di coltivazioni, indirizzo agronomico monocolturale versus promiscuità colturale. Un ulteriore confronto che si può fare tra un vigneto di considerevole dimensione e l’uliveto di Venafro è in riguardo alla proprietà: il primo è di un singolo imprenditore il secondo appartiene ad una molteplicità di persone
(magari all’inizio era di una sola e poi per divisioni ereditarie è diventata di molte), ciascuna in possesso di una porzione dello stesso. Per il possessore di particelle della distesa di ulivi di Venafro in generale metrature limitate il prodotto, l’olio, che ne trae non costituisce l’unica fonte di reddito coltivando anche altri fondi mentre il vigneto di grossa taglia è sempre di un’azienda specializzata per la quale, quindi, il vino è la produzione esclusiva.
Finora abbiamo descritto le cose che separano il moderno vigneto e il vecchio uliveto (ci si riferisce a quello venafrano) ora vediamo ciò che li unifica che è l’elevato impegno economico che necessita per impiantare, per l’uliveto di Venafro i costi vanno attualizzati, tali colture, ben superiore a quello che si abbisogna per la coltivazione dei, mettiamo, cereali. In comune hanno anche il valore superiore a quello di qualsiasi altro frutto della nostra terra, dei beni che si producono i quali nel Molise sono addirittura delle eccellenze, specie il vino, in particolare la Tintilia, ma anche l’olio per cui diversi centri molisani sono rientrati nel circuito delle Città dell’Olio. Il vino ha la capacità di attrarre turisti tramite, per esempio, l’iniziativa Strade del Vino, proposte di itinerari in cui si tengono insieme, specie in occasione della manifestazione Cantine Aperte, i borghi, attraenti per il loro peculiare assetto urbanistico dove si trovano architetture tradizionali i cui locali sotterranei sono destinati alla conservazione del vino, con le piccole vigne le quali frequentemente annesse all’orto, integrate perciò con altre varietà colturali sono squarci di paesaggio deliziosi, il classico “giardino con delizie” dei Paesaggisti del XVIII secolo. Da questo momento in poi, esaurito il raffronto tra uliveto e vigneto passiamo a quello tra il primo e il bosco entrambi piantagioni di alberi, le une artificiali e le altre naturali. Per quel che riguarda in discorso in, scusate per il bisticcio di parole, corso, cioè le relazioni con il contesto visivo, si rileva che ambedue sono negli insiemi panoramici parti fisse, stabili, anzi sono le cose delle visioni ambientali che hanno maggiore stabilità. Ciò è dovuto alla circostanza che gli alberi in gruppo, la formazione boschiva, o isolati vale solo per l’ulivo sono oggetto di protezione legale. Non è stato sempre così, ad ogni modo, in quanto tanti appezzamenti boscosi presenti all’attualità sono i residui di antiche foreste decimate specialmente nel 1700 per la fame di “terra da pane”, mentre gli ulivi sono da sempre rispettati, da noi si trovano esemplari millenari.
Per continuare l’accostamento, così come ci sono boschi di neoformazione, spontanea o voluta dall’uomo, per arrestare frane o per impedire lo scivolamento di particelle terrose negli invasi, alla stessa maniera vi sono uliveti impiantati di recente alla medesima stregua dei vigneti.
Foto di copertina di F. Morgillo-Vigneti nel basso Molise
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