Il giro delle 7 chiese, meglio se 7 sorelle

Si potrebbe programmare un pellegrinaggio il cui percorso tocchi il maggior numero possibile di santuari dislocati nell’area matesina. Si tratterebbe di un cammino religioso come se ne stanno programmando diversi in quest’ultimo periodo. I Comuni coinvolti sono tanti, almeno 7 quante sono le 7 Madonne sorelle fra loro secondo una leggenda locale
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Un santuario è anche un fattore di orgoglio strapaesano. La Madonna che si venera nel santuario presente nel proprio territorio comunale non è in condivisione con gli abitanti di altre zone, vi è una sorta di esclusiva in quanto a patronaggio, è patrona di quel popolo innanzitutto. È vero, vi sono delle eccezioni come quella di S. Maria delle Fratte a S. Massimo un tempo oggetto di pellegrinaggio da parte delle popolazioni di Cantalupo e di Castellone di Bojano, ma non sono tante. Ogni comune possiede una Madonna con la relativa chiesa, non si hanno Madonne in comune anche qualora i comuni siano vicini, occorrerebbe che la Madonna sia la stessa altrimenti, per assurdo, si avrebbe un luogo di culto in cui pur essendo unico vi si venerano più Madonne differenti, non è proprio possibile! La credenza delle 7 sorelle, 7 Marie che si traguardano a vista l’un l’altra a cominciare dall’appena citata S. Maria delle Fratte e a seguire S. Maria delle Macchie a Vinchiaturo, S. Maria ad Nives a Baranello eccetera eccetera rivela che si riteneva che fossero 7 Maria diverse poiché la loro denominazione è dissimile. Santuari pur prossimi che non avevano rapporti fra loro se non l’intervisibilità.
Le 7 sorelle è vero che sono in serie, ma è altrettanto vero che non costituiscono un insieme in quanto non vi è continuità territoriale nonostante la mutua prossimità. Poiché sono distaccate vicendevolmente ciascuna di Loro, meglio di essi in quanto stiamo parlando di santuari, rappresenta un’isola di sacralità. In definitiva, non hanno niente in comune come magari sarebbe potuto essere un pellegrinaggio con un percorso che Le abbracci tutte e 7. Un santuario, inoltre, è motivo di vanto, il vantarsi di essere sotto la protezione di una divinità, non solo per una comunità ma pure per esponenti della classe dirigente del posto i quali vogliono far passare l’idea di avere con il santo/a protettore un rapporto privilegiato, quindi una relazione distinta e separata rispetto al resto della popolazione. È il caso di S. Liberato a Roccamandolfi, santuario in cui vi è la cappella sepolcrale della famiglia feudale dei Pignatelli i quali titolari di una pluralità di feudi scelgono proprio questo paesino alle falde del Matese per la loro sepoltura. Ciò al fine di sentirsi protetti oltre che nella vita terrena in quella ultraterrena da questo Santo Martire che nel XVIII secolo avevano, il Pignatelli di turno, il feudatario dell’epoca, voluto prelevare dalle Catacombe romane e trasportare in questa loro lontana terra. Il sepolcreto del predetto casato sta non distante dal “corpo santo” che qui è disposto in un sarcofago sovrastante l’altare. Pure i D’Alessandro hanno il loro patrono, non casualmente S. Alessandro che giace in una cappella privata, comunque accessibile al pubblico all’interno del castello di Pescolanciano e ciò, indubbiamente, porta prestigio a questi altrettanto plurifeudatari anche se non è meta di pellegrinaggio. Il possedere se non le spoglie per intero dei frammenti di qualche santo è qualcosa di cui essere fieri per una ecclesia ovvero una unità di fedeli.
A S. Massimo vi è un pezzo di un dito del Vescovo di Nola, la restante parte del fisico è distribuito fra varie chiese tra cui la Cattedrale dell’Aquila. In questo modo, quello della frammentazione della struttura corporea suddividendola tra più entità ecclesiali porta alla moltiplicazione dei luoghi di culto del santo. Per evitare che si possano profanare le reliquie, la cui autenticità è sottoposta a verificazione nel tempo, con determinate cadenze, esse si pongono in reliquiari, in genere elementi specifici di arredo sacro e, invece, a S. Massimo funge da custodia il busto stesso del Santo Patrono. C’è dalle nostre parti e forse anche altrove in giro per l’Italia un’alta se non eccessiva densità di santi, financo negli edifici di culto minori vi è spesso una teca con reliquie e del resto dato che la santità dei Martiri è indiscutibile e che i Martiri delle persecuzioni romane furono tantissimi, un martirio di massa, non era difficile recuperare alla bisogna dalle Catacombe parti del corpo, o il corpo per intero di qualcuno dei primi seguaci di Cristo, i primi martirizzati. Di santuari non ci sono solo quelli sorti in passato, ma anche di nuovi, dedicati non a santi di altre epoche bensì a santi anch’essi nuovi, da poco assunti alla gloria degli altari, personaggi vissuti in età contemporanea santificati di recente, maggiormente in sintonia perciò con la spiritualità odierna.
È emblematica la costruzione del santuario a Forlì del Sannio, ancora non completata, in onore di S. Giuseppe Moscati il quale è un medico appena del secolo scorso, perciò non troppo indietro nel tempo, la cui santificazione è dovuta anche al fatto che possa essere, la sua vita cristiana, il suo impegno per i pazienti poveri, di esempio da imitare da parte della categoria medica. Gli abitanti di Forlì sono compiaciuti dall’idea di avere un santuario nel proprio territorio la cui realizzazione costituisce un atto di pietà, è solo secondario il fatto che possa attrarre flussi di turismo religioso. Ci sono pellegrini che si recano a visitare reliquie in santuari anche distanti e reliquie cosiddette pellegrine le quali vengono condotte in tour che hanno toccato anche la nostra regione dimorando temporaneamente in edifici di culto nostrani, è successo con S. Rita da Cascia. Non deve sembrare una cosa strana, non vi è una relazione biunivoca tra reliquia e santuario, a S. Massimo S. Maria delle Fratte che non ha reliquie è un santuario, mentre la parrocchia che ha la reliquia del Patrono non è un santuario. Per non sbagliare si deve essere orgogliosi tanto delle reliquie quanto del santuario.
(ph. Il “santino” di S. Maria delle Macchie)





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