Ekaterina, una schiava russa nella Firenze dei Medici di Marialuisa Bianchi

È una cosa che faccio di rado (anche perché sono un semplice lettore e non altro) ma voglio davvero consigliare a tutti, magari come splendida lettura per le vacanze estive, Ekaterina, avvincente romanzo storico di Marialuisa Bianchi. La storia di questa bellissima schiava russa risucchiata dalla sorte nella Firenze di Cosimo dei Medici, mi ha, sedotto, turbato e avvinto in una lettura serrata che mi ha letteralmente portato a divorare le 370 pagine del romanzo (era da Shantaram che non m’immergevo in una lettura così imprescindibile e senza fiato).


Tutte le belle storie, si sa, (siano vere o meno) sono tali perché sono ben narrate e questa è una Storia raccontata benissimo (vera, plausibile o di finzione che sia). Un romanzo sì storico, colto e ricco com’è di dettagliate descrizioni di usi e ambienti del primo rinascimento, come pure di grandi riferimenti letterari (frutto evidente di grande e appassionato studio), ma che pure sa essere avvincente come un romanzo d’avventura o orrifico e stupefacente come una lunga e seducente fiaba… pure, in qualche modo, davvero contemporanea.


Sì perché la storia di questa bellissima fanciulla, rubata alla sua tundra di betulle e alla sua giovinezza russa, tradotta via mare prima a Genova e poi venduta come schiava nella Firenze ricca, mercantile e viziosa del primo ‘400, pur ci riporta a tante storie di schiave di oggi, che dall’Est raggiungono, o sono costrette a raggiungere, le nostre opulente città occidentali.

Come non farsi perciò sedurre e affascinare dalla bellissima figura creata da Marialuisa Bianchi, colta suo malgrado da amor sacro e amor profano; affetta da mal di luna – di cui si vergogna come di una maledizione divina – ma che pure trasecola davanti al bello e all’arte di maestri come Giotto, Brunelleschi, Piero della Francesca, Della Robbia; sedotta egualmente dalla conoscenza e dall’amore mentre la sua condizione di schiava, la risucchia sempre più nell’orrore di una vita senza scampo e senza…. Libertà.

Muovendosi dagli oscurati affreschi delle biblioteche di famiglie padronali fiorentine, che la tengono in schiavitù, alla rubata e brulicante vita delle botteghe artigiane; saltando dai torbidi mercati, affollati da gaglioffi e prostitute, alle feste patronali di San Giovanni, dove svettano, portati in processione, carri sacri e profani (così simili alle macchine dei Misteri di Campobasso); vivendo l’amore abusato e violento dei ricchi padroni, scoperto con dolore e umiliazione; l’amor fino, appassionato e travolgente del giovane garzone Francesco, consumato come un estasi nella dolcezza di un’alcova inebriata di profumi e odori d’Oriente;

come pure, inaspettato e complice, esplode l’amor gentile e saffico con la bella, altera e tradita Lusanna, Caterina, schiava di tutte le Russie, coi suoi occhi luminosi e dolenti, capaci di uno sgiardo altro e diverso, ci conduce alla scoperta della civiltà che si sviluppò nelle bellissime terre l’ambite dall’Arno, fino alla Val Tiberina, dove prosperosa (e usuraia) crebbero la ricchezza e il mito della Firenze medicea e rinascimentale. 
Una terra d’Italia che questo romanzo, davvero sorprendente e coinvolgente (cui auguro presto, visto che si presta, qualcuno voglia anche tradurre in film o fiction) rilegge nella sua magnificenza, ma pure nel suo orrore, grazie a uno sguardo “straniero” e più contemporaneo, per dirci che non solo di poeti, santi e navigatori, l’Italia è stata ed è terra.

Fonte Stefano Sabelli

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