Trump o Biden? Le due facce di un futuro

Primonumero.it ha lanciato un sondaggio su chi sarà il prossimo inquilino della Casa Bianca e ne è emersa una discreta ma non esaltante preferenza per Joe Biden. Sapremo tra poche ore l’esito. Ma intanto mi preme qui rilevare l’interesse di questa insolita iniziativa che, stimolando i lettori su un tema che va ben oltre i confini regionali, mostra una meritoria tendenza a sprovincializzare il cosiddetto giornalismo locale.

Secondo un recente sondaggio europeo, il Paese che tifa più per Biden è la Danimarca, addirittura in misura dell’80 per cento. In molti Paesi come Francia, Germania, Spagna e Portogallo, traspaiono antipatie più o meno forti per The Donald. L’Italia risulta “equidistante”, mentre il trumpismo prevale nei Paesi conservatori e “sovranisti” come la Polonia e l’Ungheria. Non a caso a dare per primi un endorsement a Trump sono stati Giorgia Meloni e Viktor Orban, noto fautore della “democrazia illiberale”.

E pensare che una volta, quando la Cina era povera e non contava nulla, l’America, ombrello dell’Occidente democratico, se la vedeva con l’Unione Sovietica e noi sudditi di paesi “satelliti” parlavamo di “sovranità limitata”, al punto che qualche utopista immaginò un diritto degli europei a partecipare in qualche modo alla elezione dei presidenti americani.

Anni luce. Oggi l’eterna contrapposizione è estremizzata al punto da temere che Trump non accetti un verdetto a lui contrario e che nel Paese si scatenino rivolte di primatisti bianchi. Per non parlare dell’assurdo ma consolidato sistema elettorale che può dare la vittoria a chi ha meno voti popolari, come accadde ad Al Gore contro Bush e a Hillary Clinton contro Trump quattro anni fa.

Il mondo intero spera in un chiaro verdetto, tuttavia l’eventuale permanenza alla Casa Bianca del più divisivo dei presidenti americani fa temere una «recessione globale della democrazia». In ogni caso l’esito avrà un impatto enorme su uno scenario geopolitico mondiale che coinvolgerà sicuramente il futuro dell’Europa e l’Italia.

Per questo l’attesa del risultato non è mai come stata tanto febbrile.

Giuseppe Tabasso336 Posts

(Campobasso 1926) ha due figli, un nipotino e una moglie bojanese, sempre la stessa dal 1955. Da pianista dilettante formò una band con Fred Bongusto. A suo padre Lino, musicista, è dedicata una strada di Campobasso. Il Molise è la sua Heimat. “Abito a Roma - dice - ma vivo in Molise”. Laureato in lingua e letteratura inglese, è giornalista professionista dal 1964. Ha iniziato in vari quotidiani e periodici (Paese sera, La Repubblica d’Italia, Annabella, Gente, L’Europeo, Radiocorriere). Inviato di politica estera per il GR3 della RAI, ha lavorato a Strasburgo e Bruxelles, a New York presso la Rai Corporation e a Londra e Colonia per le sezioni italiane della BBC e della Deutschland Funk. Pubblicazioni: Il settimanale con Nello Ajello (Ediz. Accademia, Roma 1978); Facciamo un giornale (Edizioni Tuttoscuola, Roma 2001); Il Molise, che farne? (Ed. Cultura & Sport, Campobasso 1996); per le Edizioni Bene Comune; Post Scriptum, Prediche di un molisano inutile ( 2006); Gaetano Scardocchia, La vita e gli scritti di un grande giornalista (2008); Moliseskine (2016). In corso di pubblicazione Fare un giornale, diventare giornalisti, Manuale di giornalismo per studenti, insegnanti e apprendisti comunicatori.

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