Giornata mondiale del migrante e del rifugiato

di Michele Petraroia

Il Molise c’è ma può fare meglio e di più!

Accogliere, proteggere e integrare il rifugiato ed il migrante. Il Molise in questa Giornata Mondiale sul valore umanitario, sociale e culturale dell’accoglienza può dire che c’è, è presente, ha dimostrato coi fatti di essersi saputo aprire all’integrazione di 13 mila immigrati regolari provenienti da varie nazionalità dell’Est Europa, dell’Asia e del Nordafrica. Poco meno di 2 mila di questi sono bambini e ragazzi che frequentano le nostre scuole studiando e giocando con i nostri figli. Tantissime sono le donne che assistono i nostri anziani svolgendo una funzione sociale delicata che aiuta persone, sole e malate, a non allontanarsi dalla propria casa e dal proprio paese. Sorprende in positivo il dato sul numero delle imprese autonome, ditte individuali e società, condotte da stranieri in Molise. Così come in settori importanti dell’agricoltura, dell’edilizia, della zootecnia e della ristorazione, il lavoro degli immigrati è preziosissimo. Rumeni, marocchini, indiani, bengalesi, albanesi e ucraini, queste le provenienze più ricorrenti di chi ha scelto di raggiungerci nel corso dell’ultimo ventennio.

Senza l’arrivo degli immigrati il calo demografico del Molise sarebbe stato più rapido, molte attività avrebbero sofferto per mancanza di persone disponibili a svolgere quei lavori e molte classi non si sarebbero potute costituire in tante scuole dei nostri paesi per mancanza del numero minimo di alunni. Accanto a questa bella pagina il Molise ha saputo fare di più avviando dal 2013 un progetto di accoglienza straordinaria di profughi e rifugiati scappati via dalle loro patrie a causa di guerre, persecuzioni, miseria e carestie. Da 12 migranti accolti in uno SPRAR del Basso Molise dalla Caritas del 2013 siamo passati a 3600 rifugiati del 2018 con un contributo in percentuale al numero degli abitanti che ci pone saldamente in testa alle regioni italiane. Non sono mancati i problemi, i limiti, le contraddizioni e le difficoltà, ma ciò non ha impedito al Molise di fare la propria parte per non far tornare indietro queste persone contribuendo alla soluzione di una vicenda di dimensioni epocali che ha visto l’Italia dimostrare al resto d’Europa che l’umanità si pratica coi fatti più che declamarla a voce per poi trincerarsi dietro al trattato di DUBLINO, ai cavilli o ai fascismi xenofobi di Paesi che respingono i migranti a Ventimiglia e al Brennero, o alzano recinti con filo spinato o mura invalicabili alle loro frontiere.

Il Molise per una volta può, a buona ragione e con dati alla mano, affermare che ha saputo fare il proprio dovere. Questa consapevolezza però non deve impedirci di porre rimedio a storture, ritardi e difficoltà che si sono manifestate. La prima è che ancora troppi comuni non aderiscono al Bando SPRAR del Ministero dell’Interno che prevede piccoli numeri per una durata di 3 anni. Bisogna proseguire con l’opera di sensibilizzazione istituzionale come sta alacremente facendo la Prefettura di Isernia per giungere ad una distribuzione di 10/20 migranti a paese ed evitare la concentrazione di numeri esorbitanti in centri di accoglienza straordinaria che oggettivamente rappresentano una criticità da superare. L’altra questione su cui lavorare è l’integrazione socio-lavorativa per inserire i migranti nel tessuto economico locale attraverso percorsi di apprendimento della lingua, di una qualifica professionale e di un mestiere o attività. Tenere per anni dei giovani fermi in strutture in cui non fanno nulla è sbagliato, offende la dignità dei migranti e non offre alcuna prospettiva di inclusione ed integrazione nella comunità locale.

La nostra regione dovrà tracciare un percorso di formazione, diffusione per piccoli numeri in tutti i paesi, inserimento professionale e inclusione sociale, per andare oltre i benefici economici ed occupazionali, creati dall’intuizione del 2013 che ha consentito di creare 800 posti di lavoro nell’indotto valorizzando competenze di mediatori, assistenti sociali, psicologi, interpreti, operatori e addetti, con un’entrata straordinaria pari a 120 mila euro al giorno che per 365 giorni supera i 43 milioni di euro di giro d’affari annuo. Quante imprese alberghiere, della ristorazione, manutentori, artigiani e produttori locali hanno tratto vantaggio dalla scelta del 2013 di aprire le porte del Molise all’accoglienza umanitaria? Ora è necessario fare meglio e di più, investendo sull’integrazione per trattenere stabilmente nelle nostre comunità i migranti che sceglieranno di restare da noi anziché cercare una nuova patria, imparare un’altra lingua e acquisire nuove conoscenze su usi, costumi e regole di nazioni più ostili.

Questa scelta sarà osteggiata da chi cavalca la paura per speculazioni di basso profilo, sarà strumentalizzata da chi sperpera la propria vita nel gioco d’azzardo e ne dà colpa agli immigrati, sarà rallentata da chi non ha interesse a favorire la diffusione degli SPRAR per piccoli numeri in tutti i comuni, e sarà resa difficile da Istituzioni che non investono sul futuro per timore di perdere consensi. La sfida da vincere sarà quella di costruire un Molise multietnico, multiculturale e dai mille colori fatto di giovani rifugiati, nuove famiglie, case abitate, bambini, scuole vive, comunità dinamiche e capacità di sapersi muovere in continuità con la nostra storia. O c’è qualcuno che ignora che i Sabelli qui ci sono arrivati, così come i liguri,e diverse popolazioni italiche portate da Silla dopo aver raso al suolo il Sannio nel I° secolo a.c., e quindi i bulgari, i normanni, gli aragonesi, gli svevi fino ai croati e agli albanesi in fuga dagli Ottomani nel 1.500?

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