Il cemento armato, questo intruso
di Francesco Manfredi-Selvaggi
È quanto succede nelle strutture miste che sono essenzialmente in muratura, ma dove vi è qualche pilastro in c.a.
Se nella normativa in materia sismica all’inizio il tipo di organizzazione strutturale denominato struttura mista non era contemplato in quelle del 1966, del 2008 e del 2018 ad esso sono dedicati appositi riferimenti. Nel 2008 e nel 2018 vi è nel paragrafo intero riferito alle strutture miste il quale rientra nel capitolo sulle murature; l’inclusione in questa parte delle NNTC 2008 e 2018, va precisato, non implica che le strutture appartengano necessariamente a questa tipologia costruttiva, cioè la muratura, in quanto viene specificato che la resistenza delle strutture miste all’azione sismica deve tener conto di entrambe le tecnologie edilizie utilizzate, cemento armato e muratura.
Se a prevalere sono le pareti murarie le azioni orizzontali, cioè la spinta del terremoto, sono affidate a queste ultime, mentre gli elementi in cemento armato sono chiamati a sopportare esclusivamente i carichi verticali. In altri termini, si viene a trattare di organismi in muri portanti integrati da componenti che hanno una funzione limitata a sorreggere il peso della costruzione; ciò si spiega, tecnicamente, con il fatto che l’apparato murario se sufficientemente esteso è capace data la sua notevole rigidezza di assorbire le scosse telluriche, senza il contributo dei pilastri in c.a.
Beninteso che la tessitura dei muri sia disposta su tutti i lati del fabbricato in modo da assicurare un comportamento scatolare all’edificio, in modo, cioè, che le murazioni collocate ortogonalmente fra loro possano collaborare per resistere ad un’onda sismica proveniente da qualsiasi direzione. Vi sono pure organizzazioni strutturali, per così dire, ibride per l’impiego contemporaneo di ambedue i materiali, i conci murari e il c.a., dove non c’è la prevalenza dell’uno o dell’altro. Per questo tipo di strutture miste, a metà in cemento armato e a metà in muratura, i calcoli di verifica allo sforzo indotto dal sisma vanno condotti utilizzando metodi di analisi «non lineari» le quali sono analisi più accurate di quelle «lineari».
Di seguito vediamo alcuni aspetti, in verità non i principali, di una struttura mista dove vi è la prevalenza della muratura nell’organizzazione statica; non solo non i principali, ma quelli che ricorrono normalmente nel sistema costruttivo murario, ribadendo solo alcuni. Iniziamo dallo spessore dei muri. È ovvio che i muri per non soffrire il problema della «nellezza» devono avere una sezione adeguata rispetto alla loro altezza. Negli edifici tradizionali, ma può accadere anche in quelli di epoca recente, le pareti presentano una rastremazione nel passaggio tra un piano e l’altro.
Nei livelli inferiori la muratura è più spessa poiché incrementandosi i carichi da portare è necessario che si aumenti la resistenza a compressione del muro. In genere, qui da noi i fabbricati si dispongono su pendio per cui si ha un piano seminterrato la cui parete sul lato di monte adiacente al versante deve avere una consistenza dimensionale tale da contenere pure la pressione del terreno. La larghezza di almeno 30 centimetri delle murature dei piani fuori terra rende sicuri che per esse si siano utilizzati “elementi artificiali pieni e semipieni” che sono quelli preferibili in zona sismica (anche se non gli unici ad essere ammessi dalle norme tecniche).
Non conta, di certo, solo, lo spessore perché è altrettanto importante al fine della valutazione della sua capacità di contrastare una scossa tellurica vedere se la parete è sufficientemente compatta e cioè se la percentuale di superficie svuotata da bucature è ridotta. Nel piano basamentale è consigliabile che vi sia una maggiore compattezza della muratura perché esso sostiene la fabbrica. Oltre alla dimensione delle aperture conta molto come esse sono distribuite: è necessario che esse siano abbastanza distanziate fra loro in modo da garantire che il maschio murario interposto fra loro sia di una certa grandezza.
Per quanto riguarda le finestre è importante anche l’altezza accanto alla larghezza. I parapetti sotto le finestre (meno preoccupante è il franco della veletta) collegati come sono alle parti di muro interposte tra le aperture garantiscano una continuità nella risposta alle sollecitazioni orizzontali. È, in definitiva, di grosso interesse la distribuzione delle aperture in pianta e in alzato. Tra i vari piani dell’edificio vi sono i cordoli sui quali appoggiano i solai: il cordolo non deve essere troppo grosso per non interrompere la continuità in verticale del muro.
Il cordolo è più resistente se il muro prosegue al di sopra di essi poiché così risulta incastrato nella muratura; è evidente che ciò non succede nell’ultimo impalcato. Il cordolo, in qualche maniera, assolve anche il compito di architrave (in c.a. o metallico) che deve trovarsi sopra le aperture; se armato in maniera sufficiente esso è capace di resistere a flessione come è richiesto alle architravi e, a differenza di queste ultime non ha bisogno di ammorsatura nella muratura.
Un manufatto edilizio in muratura è opportuno che presenti un’altezza piuttosto che contenuta uniforme tra i corpi di fabbrica che eventualmente lo compongono. Tale caratteristica contribuisce alla stabilità della struttura. Poi, deve essere regolare in pianta che non significa che deve avere simmetria, ma che vi sia un determinato rapporto fra i suoi lati. È opportuno che vi sia la sovrapposizione nei vari livelli della ripartizione dello spazio interno. È bene limitare l’altezza dei singoli piani o, perlomeno, che siano ugualmente alti per scongiurare il pericolo che le tensioni si concentrino in un piano.
Francesco Manfredi Selvaggi628 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
0 Comments