Abusi in prescrizione (paesaggistica)

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Non interventi abusivi andati in prescrizione, bensì prescrizioni per renderli compatibili paesaggisticamente.

Non ci si riferisce qui agli interventi realizzati in conformità all’autorizzazione rilasciata che, però, sarebbero potuti essere autorizzati, bensì a quelli non in linea con le esigenze di tutela del paesaggio. Limitandoci a quelli che hanno riguardato, e dei quali si sono occupati principalmente gli uffici preposti alle sanatorie, solo l’aspetto esteriore dell’immobile (sì, perché ci stiamo occupando esclusivamente di edilizia, tralasciando altre categorie di opere, in verità meno di frequente oggetto di abusi) e (seppure è più tarda l’estensione verso i dati dimensionali) e non l’aumento di superficie o di volume edificato (salvo che per i Comuni) proviamo a fare di seguito una elencazione dei casi più ricorrenti.

In assoluto, forse, il maggior numero di sanatorie ha riguardato la trasformazione dei balconi in verande, specie negli edifici condominiali dove per la ristrettezza degli appartamenti lo spazio per il ripostiglio viene recuperato all’esterno. Altra tendenza che è emersa, in modo comunque limitato, è lo spostamento del timpano del tetto sul lato lungo del fabbricato che è prevalentemente a pianta rettangolare: in tal modo si può sfruttare una parte del sottotetto ai fini abitativi. Ciò determina, oltre ad una distorsione dell’immagine della facciata classica, quella “a capanna”, anche un allungamento delle falde, ormai orientate in senso ortogonale al lato corto, in contrasto con l’aspetto dell’andamento tradizionale di una copertura.

Siamo al limite, lo si ammette, della cosiddetta modifica di prospetto essendoci, pur rimanendo invariata l’altezza del colmo, un certo incremento volumetrico, lo stesso che si ottiene con la scusa del cordolo aumentando l’altezza del cornicione. Alla medesima finalità si perviene attraverso una maggiore inclinazione delle falde, sul modello nord europeo. Per rendere abitabile l’ultimo livello a volte basta cambiare le aperture che da semplici bucature, magari ad occhiello, diventano finestre. Sempre a questa quota sull’estradosso della copertura troviamo in qualche caso abbaini (le luci a filo di falda sono esenti dall’acquisizione del nulla osta paesaggistico) per l’aeroilluminazione dei locali sottostanti che non possiamo definire tipici (salvo eccezioni).

Un tema a sé appena un po’ più giù, è rappresentato dalla linea di gronda il cui aggetto abusivamente diviene più profondo o dove sparisce la «romanella». Infine per quanto riguarda la copertura è da rilevare che vi sono state sostituzioni di tetto a falde con tetto a terrazza, non certo ricorrenti dalle nostre parti per via della piovosità e della neve. Passiamo ora ad esaminare le sanatorie che sono state prodotte per le aperture, cominciando dalla questione, apparentemente minore, ma non dal punto di vista ambientale, delle “tapparelle” che nei decenni scorsi hanno imperversato soppiantando, insieme o non ai controinfissi in alluminio anodizzato, gli infissi originari.

Sono comparse le finestre a piano terra nonostante che a contatto con il terreno siano proprio le porte; tra le cose da condonarsi troviamo bucature fuori scala o fuori posto, balconi troppo sporgenti o troppo estesi, ecc.. Per le strutture edilizie della tradizione sono abusi gravi l’eliminazione delle cornici in pietra a porte e finestre, la messa in opera di intonaco su una parete in pietra o mattoni, nascondendo peraltro la zoccolatura e i cantonali quasi sempre presenti, la sostituzione degli antichi comignoli giudicati obsoleti tecnologicamente e delle già citate romanelle.

Vi sono, infine, sempre osservando l’edilizia abitativa e restringendo il campo a quella unifamiliare, a schiera o isolata, le trasformazioni apportate al suo intorno; il viale di accesso pavimentato in porfido, il giardino arredato con le statuette dei 7 nani e la fontanella in cemento, congiuntamente agli scavi e riporti per ottenere un piazzale in piano con o senza muro di sostegno in c.a., del quale non si tenta neanche il mascheramento con vegetazione, sono le alterazioni maggiormente frequenti in tali luoghi. Partendo proprio dalle aree di pertinenza della casa bisogna evidenziare che con il decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017 sono stati esclusi dall’obbligo dell’acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica le trasformazioni, purché poco sensibili, che vengono effettuate al loro interno, così come quelle riguardanti i prospetti architettonici, ovviamente se non stravolgenti.

Altre categorie di opere, giudicate «minori», dai comignoli ai manufatti di contenimento del terreno alla chiusura dei balconi, si giovano di un procedimento autorizzativo “semplificato” e qualora eseguite in assenza di autorizzazione occorre da parte degli organi di tutela individuare idonee prescrizioni per rendere il manufatto compatibile con il paesaggio. La demolizione è stata relegata ad ultima ratio e ciò, cioè che non si debba sempre demolire, non rappresenta niente di nuovo rispetto alla normativa già vigente; è possibile, infatti, ottenere il riconoscimento (Accertamento) di conformità paesaggistica pagando una somma equivalente alla sottrazione di valore apportata a quel contesto ambientale, “bene comune”, per trarre profitto personale che, quindi, va restituito alla comunità.

Ciò che sembra essere nuovo è la possibilità di imporre misure di mitigazione, le prescrizioni delle quali parla il decreto menzionato, per attenuare l’impatto negativo degli interventi abusivi. Tale possibilità che nel DPR 31/2017 diventa una sorta di obbligo non consentendo di prescindere dall’adozione di prescrizioni, per il resto delle opere abusive perde il carattere di vincolatività al ricorso di questo strumento, ma, comunque, permane. La prassi seguita nell’attività istruttoria delle pratiche di sanatorie condotta dagli uffici con competenza sul paesaggio non è stata sempre concorde.

Si è ritenuto, talvolta e da taluni, che l’interpretazione corretta delle norme relative alla verifica della congruità di quanto costruito rispetto alle valenze paesaggistiche fosse che bisognasse procedere alla constatazione della predetta congruità nello stato in cui l’opera si trovava senza che per raggiungerla si potesse impartire prescrizioni. Secondo questo ragionamento attraverso il pagamento si sarebbe risarcito l’ambiente della perdita di qualità subita.

Il risultato sono le ferite aperte lasciate nel paesaggio (per non rimanere nel generico, quell’elenco di manomissioni fatte all’inizio) delle quali le prescrizioni costituiscono delle saturazioni che lasciano “cicatrici”, cioè un segno che rimane perché è impossibile che si rimarginino completamente (è il motivo per il quale si paga rimanendo dopo la mitigazione evidentemente un danno residuo). Meglio queste, però, delle lacerazioni non attutite da tamponi e sempre meglio che incassare soldi i quali, ad ogni modo, dovrebbero essere spesi per richiuderle, con metafora chirurgica, con operazioni mirate che l’ente pubblico ha difficoltà ad effettuare per il loro numero elevato.

Francesco Manfredi Selvaggi606 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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