Venezia 2019, considerazioni sul film Martin Eden

di Letizia Bindi

L’ho visto, Martin Eden. Mi capita così con certi film. Devo vederli come un’urgenza. Era più la curiosità e l’interesse per la rilettura di Pietro Marcello che per l’intensa interpretazione di , appassionata, sofferente, a tratti declamatoria a sancire i contraltari politici al dolore del sentirsi senza padri né terra. C’è tanto in questo film. La città dei margini e dei poveri con i volti folgoranti, quegli scampoli di immagini d’archivio a raccontare, come camei, sguardi intimi e storia personale.

C’è l’aspirazione a crescere, il desiderio e quasi la furia di sapere. C’è l’amore difficile, tra mondi diversi e quasi un’implicita impossibilità di integrazione, di uscire da sé stessi, anche quando si sbatte in ogni dove, ci si ferisce per andare oltre il proprio destino. Scrivere come riscatto e come condanna, accogliendo l’alternarsi dei gusti e lo stesso successo come maledizione. C’è l’amicizia, gratuita e buona come un bel piatto di maccaroni. La felicità, in fondo, sta in un giro di danza tra bambini di un vecchio filmino video-8.

Fonte: Facebook Letizia Bindi

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