Inizio e fine della Diocesi di Guardialfiera
Si parla di ciò tanto in termini geografici (cioè i confini) quanto in quelli storici (800 anni di vita). Era sì una piccolissima diocesi fatta di solo 7 Comuni (Guardialfiera, Lucito, Lupara, Castelbottaccio, Castelmauro, Civitacampomarano, Acquaviva Collecroce), ma di grande rilievo per il governo, almeno ecclesiastico, della vallata del Biferno allora ai margini del contesto regionale.
Una qualche ipotesi bisogna pur farla per arrivare a capire il perché dell’esistenza della diocesi di Guardialfiera, non facilmente spiegabile perché l’origine di tutte le altre presenti nel Molise, ad eccezione di Termoli, è legata al loro essere coincidenti con un municipio romano, da Venafrum ad Aesernia, da Terventum a Fagifulae (Limosano, però più tarda e peraltro tale coincidenza è messa in dubbio anche dal propugnatore della tesi, G. De Benedittis), da Bovianum a Larinum. È utile evidenziare, ai fini della comprensione dei motivi che hanno portato alla nascita d questa sede vescovile, che essa viene fondata un po’ dopo l’anno 1.000 nel periodo in cui comincia a prendere forma, ad opera dei normanni, il Contado di Molise, e termina, all’incirca, con la soppressione dello stesso agli inizi del 1800 da parte dei francesi che istituirono la Provincia di Molise. Quest’ultima si estende fino alla costa mentre il Contado finiva, pressappoco, in prossimità del comprensorio di Guardialfiera.
L’area, dunque, circostante il nostro comune costituiva confine dell’antica ripartizione territoriale. Già questo può essere un motivo della creazione di tale cattedra episcopale nel senso che le zone di frontiera essendo le più distanti dai poli direzionali e quindi dai servizi che essi erogano rischiano di rimanere esterne al raggio d’influenza delle attività promosse dal centro, di sostegno della popolazione tra cui quelle di polizia e anche di assistenza religiosa la quale viene assicurata se la figura vescovile risulta presente in loco. Con la comparsa dell’istituto Provincia si perde la ragion d’essere esposta sopra della diocesi la quale perciò va aggregata a qualcun’altra dato che le sue ridotte dimensioni non ne giustificano la permanenza; le fusioni possibili sono molteplici poiché il perimetro di quella di Guardialfiera è in comune con tutte le altre comunità diocesane dell’attuale ambito provinciale di Campobasso e, cioè, con Trivento, Boiano, Limosano poi inglobata nella precedente, Larino e Termoli. La naturale aggregazione è con quest’ultima in quanto vi è tra le due una continuità fisica.
Per il fatto che è solo tangente con quella di Boiano era da escludere la possibilità di unificazione tra le due, così come con quella di Trivento dalla quale la separano i rilievi, da un lato, di monte Termine e, dall’altro lato, di Monte Mauro, che costituiscono barriere sia per l’orografia sia per la presenza di ampie distese forestali, il Bosco di Trivento nel primo, la faggeta nel secondo, per certi versi impenetrabili. In generale è da dire che Guardialfiera pur essendo equidistante dalla catena appenninica e dal mare ha una forte predisposizione a gravitare sulla fascia costiera proprio per l’esistenza degli ostacoli predetti che la portano, figurativamente, a voltare le spalle all’interno della regione, verso cui l’unica apertura è il corso del Biferno, a controllare la quale sorge Guardialfiera, posta a guardia, appunto, per la sua ubicazione immediatamente a ridosso del fiume, della vallata. Il Biferno è il limite, nelle stagioni dell’anno maggiormente piovose e allo scioglimento in tarda primavera della neve sul Matese, invalicabile con la diocesi di Larino.
Abbiamo parlato finora, per spiegare il perché è stata fusa con quella della cittadina adriatica, delle terminazioni della diocesi di Guardialfiera solo su tre dei suoi lati, dove sono costituite da segni tangibili, le emergenze montuose e l’asta fluviale, e adesso ci tocca illustrare da cosa è fatto il limite nel quarto lato (la diocesi ha una sua configurazione di tipo quadrangolare). Qui la divisione é rappresentata da qualcosa, al contrario di quanto avviene negli altri tratti della linea perimetrale, di intangibile, è un vuoto alla stregua di un deserto, per intenderci; per uscire dall’arcano, è quella vasta superficie disabitata che in secoli successivi alla fondazione della diocesi di Guardialfiera, il XV e il XVI, fu assegnata dal vescovo di Termoli ai profughi slavi allo scopo precipuo di popolarla (Aquaviva Collecroce ne è un avamposto). Ha poca credibilità, per completezza di discorso, l’ipotizzare che la presenza di una popolazione straniera insediata in queste terre date in concessione dall’episcopio termolese abbia inciso sulla definizione del confine della diocesi di Guardialfiera, oltre che per la questione temporale, per la circostanza che è gente che possiede la medesima fede (o che sia stata costretta ad averla abbandonando il culto ortodosso, quello che si pratica nei Balcani, come impose il vescovo di Larino Tria nel 1700).
Lateralmente, nel verso nord-sud, la delimitazione della diocesi corrisponde, su per giù, con il tratturo Celano-Foggia ad est e l’Ateleta-Biferno-S. Andrea ad ovest, i quali erano utilizzati tanto per lo spostamento delle greggi durante la transumanza quanto per il transito di merci, con bestie da soma, e di persone che si muovevano in direzione settentrione-meridione; compreso gli eserciti, come dovette fare Annibale dopo la battaglia del Trasimeno per raggiungere Canne e “ponte di Annibale” in alternativa a quello “della Reginella”, si è sempre chiamato quel ponte romano che nei periodi di secca del lago di Guardialfiera riemerge dallo specchio d’acqua. Più in basso nell’incedere verso la foce il Biferno divaga, diventa pluricorsuale, e ciò rende impossibile costruire degli scavalcamenti. Le due piste tratturali attraversano il fiume l’una a Morgia Schiavone, vicino al ponte a servizio della ex statale Adriatica e l’altra non lontanissimo da Ponte Liscione il quale ha dato il nome all’invaso artificiale essendo gettato sulla strettoia in cui è stato realizzato lo sbarramento idrico.
Va aggiunto, per quanto riguarda l’ultimo dei due, a sottolinearne la sua importanza che esso sta lungo la strada un tempo nazionale denominata Appulo-Sannitica la quale dunque è un collegamento interregionale. Un ulteriore punto chiave è la chiesa di S. Giusta posta su una sella che separa il bacino idrografico del Trigno da quello del Biferno (per il resto la diocesi è interamente nel versante bifernino), luogo in cui passa pure il tratturo offrendo un momento spirituale per i pastori transumanti; esso è in agro di Acquaviva Collecroci e di qui la necessità che tale comune fosse inglobato nella diocesi. Guardialfiera è nel baricentro inferiore della circoscrizione diocesana, a guardia, di nuovo, non solo dei percorsi lungo il fondo della vallata, come si è rilevato precedentemente, bensì anche di quelli ad esso trasversali. Questa posizione le attribuisce un ruolo strategico; Castelmauro che a periodi ha conteso ad essa il rango di capoluogo della diocesi di cui è il baricentro superiore non ha tale duplicità di valenze, troppo distante dall’asta fluviale.
Guardialfiera, personificandola, pur di essere di scolta sul fondovalle ha accettato il disagio della prossimità dei ristagni d’acqua del Biferno, dei suoi impaludamenti, umidità nociva per la salute umana, la quale ha indotto diversi titolari della cattedra vescovile, una volta venuto meno, per la raggiunta stabilità politica del regno, o meglio vicereame, che rendeva sicuri gli spostamenti prima garantiti dall’autorità vescovile, l’autorità morale, il pericolo, hanno avuto una doppia residenza a Castelmauro e a Guardialfiera, optando per l’una o per l’altra a seconda delle condizioni climatiche. Ovvio, sono presupposizioni, perciò solamente teorie che andrebbero dimostrate.
Francesco Manfredi Selvaggi625 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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