Un Molise commissariato non ha futuro

<Il primo gesto compiuto dal Sindaco di un piccolo comune molisano dopo le elezioni è stato quello di riaprire l’acqua nel fontanino pubblico della piazza del paese chiusa dal Commissario Prefettizio pare per una perdita delle tubature.> 

La differenza tra un funzionario statale che risponde dei propri atti all’Ufficio del Governo ed un Amministrazione che risponde delle proprie scelte ai cittadini, è una differenza abissale. Chi viene eletto ha il dovere di ascoltare i cittadini, mettersi a loro servizio, conoscere i problemi, affrontarli e risolverli in modo trasparente rendendo conto passo dopo passo delle decisioni adottate. Il Commissario agisce in nome di un Potere Superiore, Statale o Regionale che sia, ma è esentato dal misurarsi con le regole della democrazia e con la volontà popolare. Per tornare alla metafora del fontanino, il problema può correttamente essere risolto sia chiudendo l’acqua che riaprendola, ma per i cittadini-elettori di quel comune non è la stessa cosa se in piazza si può bere o meno.

La dissertazione su questo micro episodio realmente accaduto ci aiuta a evidenziare un processo politico più ampio che ha portato a svuotare di potere le istituzioni democratiche a vantaggio di figure monocratiche nominate dal Governo o dalla Regione e non tenute a misurarsi con le normali procedure legislative, regolamentari, sociali e democratiche. Si è passati da atti di commissariamento eccezionali, motivati e di breve durata, a commissariamenti interminabili, indefiniti, adottati con motivazioni tecniche fragili e funzionali più ad esigenze politiche che a necessità amministrative. Chi ha un’ascendenza culturale reazionaria o più banalmente conservatrice o di destra, è intimamente convinto che accentrare il potere in sedi ristrette e in poche mani sia un bene in termini di efficienza, tempestività e concretezza. La democrazia viene vista come una lungaggine che impone tempi incompatibili con la velocità dei problemi del terzo millennio.

Se non si parte da qui non si comprende perché il Governo perseveri nel commissariamento della sanità molisana da un decennio, perché abbia nominato il Presidente della Regione quale commissario per l’ultima emergenza neve, o individuato in passato commissari per alcune opere pubbliche, per il dissesto idrogeologico, per la bonifica di siti e altre materie. Centinaia di milioni di euro gestiti con decreti ad hoc di una figura monocratica che risponde dei propri atti al Governo. La stessa cosa si ripete a livello regionale con una miriade di commissariamenti indefiniti, interminabili, adottati in qualche circostanza con troppa precipitazione e non sempre adeguatamente motivati, ma funzionali ad un’idea di accentramento di potere che nulla ha a che fare con la democrazia. Qualcuno conosce le ragioni del perché è stato commissariato il Consorzio di Bonifica di Venafro ? C’è chi è in grado di motivare il perché non si nomina il Presidente ed il Consiglio di Amministrazione di Molise Acque ? Potrei continuare da levante a ponente con una miriade di esempi che replicano un modello culturale che si illude di essere più efficiente, rapido ed efficace, nella risoluzione dei problemi e magari aiuta a preservare meglio il potere per chi lo esercita pro-tempore. E’ così ? E’ vero esattamente il contrario.

Se a Roma si consolida l’idea che 313 mila molisani non hanno bisogno di istituzioni democratiche, comuni, province, consorzi, enti, o agenzie, ma che basta un manager, o un commissario factotum, sarà arduo fermare disegni di smembramento, accorpamenti, soppressioni o tagli ad uffici, compartimenti, o amministrazioni molisane. La democrazia è lenta ma assicura l’acqua al fontanino pubblico. Il curatore mette a posto i conti ma taglia gli ospedali, non ripara le strade e chiude l’acqua.

Fonte: Michele Petraroia

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