Piccoli hacker crescono con la nuova piattaforma online Scratch

Nata nel 2003 da un gruppo del MIT Media Lab, Scratch è una piattaforma di programmazione talmente elementare che può essere utilizzata già dall’età di 6 anni. Alcuni la definiscono una nuova forma d’espressione 2.0, mentre altri denunciano la possibilità di sviluppare una mentalità da hacker

di Francesca Matta per Linkiesta

 

Tutti i bambini sognano in grande appena arrivati su questo pianeta. Chi vuol fare l’astronauta, chi il calciatore, chi la maestra o la cantante. Ma quelli nati negli anni duemila o giù di lì sono cresciuti nel bel mezzo della realtà 2.0, e non ci si dovrebbe stupire se un giorno, tra un gioco online e l’altro, diventassero – inconsapevolmente – degli hacker. Come? Ad esempio con l’uso sempre più diffuso tra i baby utenti di “Scratch”.

Nato nel 2003 dal gruppo Lifelong Kindergarten del MIT Media Lab, guidato da Mitchel Resnick, e la sua società di consulenza Playful Invention Company, si tratta di una piattaforma di programmazione tanto elementare da poter essere utilizzata dall’età di 6 anni. In particolare permette la realizzazione di simulazioni, esperimenti, animazioni, musica, arte interattiva, e semplici giochi. Un programma che ha conquistato anche insegnanti e genitori, che lo utilizzano per dar forma a progetti pedagogici e d’intrattenimento. Nel 2007 ha fatto un passo avanti con la condivisione online dei progetti realizzati, che possono essere modificati e salvati dagli altri utenti della community. Così si è creata una vera e propria rete di programmatori, che ha fatto di Scratch il linguaggio informatico più popolare tra i piccoli produttori del web. Solo lo scorso anno, più di 120 milioni di persone sono entrate a farne parte e oggi la media dei progetti proposti arriva fino a un milione al mese. Fred Wilson dell’Union Square Ventures l’ha definito «la teoria del passaggio per l’ingegneria made in Silicon Valley», che ha aperto loro la strada per nuove sperimentazioni e sviluppi.

Ma Scratch è qualcosa di più di un “campo d’addestramento” per giovani programmatori. È un’idea permeata da una grande varietà di settori: dalla filosofia dell’educazione all’attivismo open source fino alla ricerca dell’intelligenza artificiale. Ciò che sottende questo strumento riguarda un insieme di valori che si acquisiscono attraverso il suo utilizzo, che potrebbero essere definiti “tipicamente hacker”, nel senso tradizionale del termine. Come la venerazione per la logica, la fede nel potere della collaborazione, oltre a una celebrazione delle ricompense concrete dell’essere un “creatore”. Osservando le attività dei giovani utenti di Scratch, ciò che è evidente non è tanto la modalità con cui s’impara l’arte della codificazione – che di per sé è un’abilità – , quanto piuttosto il modo in cui s’insegna a pensare come degli hacker.

Oggi Scratch è presente in più di 150 paesi ed è disponibile in più di 50 lingue diverse. Segno che la creatività è alla base dello sviluppo del mondo della tecnologia digitale. Ma ciò che rende la piattaforma differente da prodotti simili che si trovano già in commercio, è l’espressione di sé

Secondo Resnick, non c’è nulla di male, perché «i computer non dovrebbero essere usati solo per trasmettere informazioni, ma anche per rendere i giovani in grado di esprimere se stessi e dar vita a idee grandiose». Dello stesso parere Seymour Papert del MIT, il quale ha contribuito allo sviluppo di questo genere di piattaforme con Logo, uno dei primi linguaggi informatici per bambini. A detta di Resnick, però, non era al passo con i tempi, nonostante negli anni ’90 ci fosse già un interesse da parte dei più giovani nel creare storie interattive, giochi e animazioni. Così nel 2003 lui e il suo team hanno realizzato un nuovo sistema di programmazione che ha portato alla trasformazione di Logo in Scratch. In primis, si è voluto creare uno strumento “pensante”, per cui è stata implementata la possibilità di montare e smontare i blocchi del progetto, proprio come succede con i Lego – di cui, guarda caso, si è occupato Resnick. In seguito, gli è stato dato un significato, tant’è che Scratch si basa sul concetto del “fare” e il modo migliore per esprimerlo era permettere alla piattaforma di accedere a un ricco contenitore di media utilizzati dai bambini sul web, come foto, video, musica. In aggiunta, è stato creato un network perché, come sostiene Resnick, «se crei qualcosa, desideri avere anche un audience». Così con un solo click, ora è possibile condividere i propri progetti con gli altri utenti e avere dei feedback, positivi o negativi, ma anche intessere relazioni con potenziali collaboratori. Allo stesso tempo, i giovani programmatori sono ispirati o informati riguardo ciò che gli altri creano.

Seguendo la filosofia degli hacker che si affermò decine di anni fa al MIT, Scratch riflette la mentalità della piccola community con dei valori – quei valori – condivisi. Karen Brennan, che è entrato a far parte del team poco dopo il suo lancio, sostiene: «Eravamo determinatamente idealistici». L’idea dell’open source è un altro punto cardine del progetto, e infatti la piattaforma è sempre stata gratuita per qualsiasi utente del web. Lo stesso nome deriva dallo “scratchare” del deejay, mentre trascina l’ago del mixer su un LP, e richiama al remix come tecnica di lavoro principale: tutti i componenti della community possono modificare le produzioni altrui, incoraggiandoli a integrare le parti che piacciono maggiormente nei propri progetti. Inoltre, qualsiasi cosa realizzata con Scratch viene automaticamente insignita di licenza Creative Commons, che ne garantisce l’autenticità.

Oggi Scratch è presente in più di 150 paesi ed è disponibile in più di 50 lingue diverse. Segno che la creatività è alla base dello sviluppo del mondo della tecnologia digitale. Ma ciò che rende la piattaforma differente da prodotti simili che si trovano già in commercio, è l’espressione di sé. Come conferma Resnick: «oggi i bambini interagiscono con tecnologie digitali, partecipando alla storia di qualcun altro, mentre con Scratch creano con le stesse tecnologie, ma raccontano la propria storia». Un progetto che è destinato ad ampliarsi nei prossimi anni. Se nel 2013 infatti il gruppo MIT ha creato Scratch 2.0, che ha sviluppato la condivisione permettendo di accedere e copiare direttamente qualsiasi codice di qualsiasi progetto (prima si doveva scaricare la fonte), la prossima versione Scratch 3.0 punta ancora in più in alto. Per la prima volta sarà possibile creare i propri progetti sui dispositivi mobile e incorporare ogni sorta di dispositivo digitale di ultima generazione, come le stampanti 3D.

Per tutte queste ragioni, oggi Scratch può finalmente essere aggiunto come traguardo nell’area delle competenze del proprio curriculum. La proposta è stata realmente presa in considerazione, tant’è che a New York si sta già pensando di inserire la piattaforma nelle scuole di formazione primaria entro i prossimi due anni. Inoltre, lo stesso Zuckerberg si è detto molto interessato al programma, e probabilmente lo confermerà al suo prossimo intervento in pubblico. Ma lo strumento più amato dai nati negli anni duemila continua a far discutere: i suoi sostenitori ne esaltano la capacità di infondere valori quali collaborazione, apertura mentale e l’importanza di essere non un mero consumatore, ma un creatore; gli altri mettono in guardia dalla possibilità, attraverso l’uso dello strumento, di creare un esercito di piccoli hacker, in buona o cattiva fede. In ogni caso, la popolarità di Scratch è destinata ad aumentare ed è certo che ne sentiremo ancora parlare.

Fonte: L’Inkiesta

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