Raid turco sulla carovana di aiuti per Afrin

di Chiara Cruciati

Siria. Un morto e 12 feriti nel bombardamento dei convogli partiti da Kobane, Raqqa e Manbij, luoghi simbolo della lotta all’Isis. Ankara: trasportavano armi. All’Onu difficile mediazione sulla tregua

Salim Xilêf, 28 anni, è morto ieri nel bombardamento turco contro la carovana di solidarietà che da Raqqa, Kobane e Manbij stava viaggiando verso Afrin. A 35 giorni dal lancio di «Ramo d’Ulivo», con gli ospedali del cantone curdo-siriano in estrema difficoltà, centinaia di persone di diverse etnie e confessioni erano partite dai tre luoghi simbolo della lotta all’Isis per portare aiuti, cibo e medicinali. L’aviazione turca ha reagito colpendo il convoglio di 30 veicoli: Salim è morto e 12 civili – tra i 21 e i 60 anni – sono stati feriti. L’agenzia curda Anf ha pubblicato i video dei camioncini e le ambulanze crivellati di colpi e distrutti dai missili, mentre l’esercito turco diceva di aver colpito «veicoli militari» che stavano trasportando combattenti e armi. Stridono le parole del presidente turco Erdogan che ieri rispondeva a Human Rights Watch dicendo che le forze armate turche fanno il possibile per non danneggiare i civili. Eppure gli ospedali di Afrin contano quasi 200 vittime civili, mentre Hrw denuncia 26 morti in tre attacchi dell’aviazione di Ankara contro un campo profughi, una fattoria e un’abitazione.

Vittime che ricevono un’attenzione infinitesimale rispetto a quelle di Ghouta est. Eppure si tratta di due stragi, di due popolazioni civili sotto attacco. Ieri l’opposizione (islamisti guidati dal qaedista ex al-Nusra) ha parlato di 15 uccisi nel sobborgo di Damasco nei raid del governo. Nelle stesse ore il Consiglio di Sicurezza Onu si riuniva per il secondo giorno consecutivo per votare la risoluzione di Svezia e Kuwait: tregua di 30 giorni in tutta la Siria entro 72 ore (con l’esclusione di operazioni contro Isis e al-Nusra, che lascia il punto interrogativo su Ghouta est), consegna di aiuti alle comunità assediate, evacuazione dei feriti. Mentre scriviamo il voto, rimandato per tutto il giorno, non si è ancora tenuto. E la Russia si muove in autonomia: starebbe mediando con l’Egitto l’evacuazione dei miliziani da Ghouta est verso Idlib. Fonti dell’opposizione parlano di un negoziato volto a porre il sobborgo sotto una forza di polizia russa e non sotto l’esercito di Assad.

Fonte: il Manifesto

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