Regionalismo differenziato: la secessione dei ricchi

Presso il parlamentino dell’ex Giunta regionale, un incontro istituzionale sul tema del regionalismo differenziato a cui hanno partecipato Gianfranco Viesti dell’Università di Bari e Luca Bianchi Direttore nazionale di SVIMEZ 

di Paolo Di Lella

Ieri sera, per iniziativa del gruppo consiliare regionale del PD, si è tenuta un’interessante conferenza intitolata “Regionalismo differenziato. L’Italia una e indivisibile”. L’incontro, coordinato da Micaela Fanelli, ha visto le relazioni del prof. Gianfranco Viesti, professore ordinario di Economia applicata presso l’Università di Bari, e del dott. Luca Bianchi, Direttore nazionale di SVIMEZ, oltre ad una serie di interventi, dal presidente della Giunta regionale Donato Toma al Presidente del Consiglio regionale Salvatore Micone, dal Presidente della Provincia di Campobasso Antonio Battista a quello della Provincia di Isernia Lorenzo Coia, dalla Consigliera regionale dei 5 stelle Patrizia Manzo a Quintino Pallante di Fratelli d’Italia, da Paolo De Socio neo segretario della Camera del Lavoro molisana a Remo Di Giandomenico, senza dimenticare l’altro Consigliere del PD Vittorino Facciolla, il cui intervento è stato tra i più significativi.

Davvero illuminante l’intervento di Gianfranco Viesti.

La premessa del noto docente universitario è che i cittadini sono scarsamente informati sulla questione e non sanno, per esempio, che la qualità dei servizi scolastici dipendono da quello che il Governo nazionale e il Parlamento decideranno sul tema. Ha anche sottolineato, inoltre, che i media se ne sono occupati in modo assai approssimativo.

La questione dell’autonomia differenziata, cioè della concessione da parte dello Stato di più competenze e poteri ad alcune regioni piuttosto che ad altre, si è imposta prepotentemente a partire dal 2017 con il referendum per mezzo del quale il Veneto e la Lombardia hanno ottenuto più autonomia. A queste due regioni si è aggiunta poi l’Emilia Romagna che ha richiesto maggiori competenze in tutte le 23 materie in cui questo è tecnicamente possibile, oltre a chiedere che queste fossero finanziate attraverso il mantenimento dei 9/10 di tutte le tasse raccolte in regione.

Il processo – ha spiegato Viesti – a riprova del fatto che sia diventato un tema trasversale alle principali forze politiche del Paese, oltre che divisivo all’interno delle stesse, ha subito una forte accelerazione proprio grazie al Governo Gentiloni che, cinque giorni prima delle elezioni, per mano del Sottosegretario Bressa, bellunese di nascita, ha firmato delle pre-intese con queste regioni.

Dunque, perché questa vicenda può essere definita “la secessione dei ricchi”?

La ratio dell’accordo è questa: ti do le competenze e quindi devo destinarti le risorse necessarie. Il primo anno quello che già destinavo alla regione; dal secondo, attraverso i cosiddetti “fabbisogni standard” calcolati tenendo anche conto del gettito fiscale. In fin dei conti qual è l’esito di tutto questo? Che il finanziamento dei servizi dipende dal gettito fiscale; questo è una novità assoluta in Italia.

Ma non è tutto: i fabbisogni standard sono un’espressione evocativa e positiva perché superano le distorsioni della spesa storica ma la loro attuazione non è stata affatto positiva.

Nel suo volume, il giornalista Marco Esposito documenta tutte le forzature fatte nella definizione di tali fabbisogni nell’attuazione della legge 42; il fondo di solidarietà per i comuni è stato finanziato per il 49%; c’è stata una decisione politica di finanziarne solo metà; questo è solo uno dei tanti esempi. Nel caso della sanità esiste una lunga discussione sulla differenza tra i criteri originali della legge e quello che poi c’è stato in attuazione, cioè la mera applicazione della popolazione ponderata per l’età, quando invece nella legge originale c’era ben altro. Per non parlare dei meccanismi di riparto del fondo di finanziamento delle università, tecnicamente una mostruosità, perché sono cambiati ogni anno e sempre e costantemente a favore delle regioni più ricche.

Quanto pesa il gettito fiscale? Con chi farà i fabbisogni standard? Chi controllerà questo? Nessuno, perché tutto questo potere andrà alle commissioni paritetiche. Né il governo, né il Parlamento, né tanto meno il Capo dello Stato avranno alcun potere per almeno 10 anni per rivedere una virgola di questa intesa; né questa decisione è sottoponibile a referendum popolare.

Non si tratta qui di criticare la questione in sé della maggiore autonomia. Il quid della questione sono i soldi. Dunque le modalità di finanziamento dei fabbisogni standard. Queste devono essere stabilite non dando i poteri a qualcuno travestito da tecnico ma che ha evidenti finalità politiche. Sui criteri va fatta una discussione pubblica perché i fabbisogni sono politica, non hanno a che vedere con la tecnica, sono scontro fra interessi contrapposti che, come in tutte le democrazie, arrivano ad una sintesi. Ma deve essere – ha concluso il professore – un processo pubblico, partecipato e controllato dal Parlamento italiano prima ancora di stabilire il trasferimento alle Regioni. Poi c’è il tema delle materie. La scuola deve essere pubblica e nazionale, la regionalizzazione della scuola è una sciagura così come lo è stata la regionalizzazione della sanità.

Subito dopo è intervenuto Luca Bianchi il quale innanzitutto si è congratulato con gli organizzatori perché – così ha detto – è una delle prime occasioni in cui una regione del mezzogiorno si fa promotrice di una riflessione strutturata su un tema la cui rilevanza è stata ben tratteggiata da Gianfranco Viesti.

Il Direttore di SVIMEZ ha poi posto l’accento su quello che è l’esito più significativo di questo processo federativo – che ora si vuole attuare a regime ma che di fatto, implicitamente, sta già andando avanti da anni – cioè la riduzione della spesa pubblica per il Mezzogiorno.

La spesa per i consumi pubblici è calata del 7% nel mezzogiorno ed è aumentata dello 0,5 nel centro-nord. A bocce sostanzialmente ferme si stanno già divaricando sempre più le condizioni di vita tra sud e nord Italia con un impatto forte sulla qualità dei servizi pubblici.

E cosa altrettanto grave è che ciò sta riguardando comparti come l’istruzione e la sanità che dovrebbero essere elementi fondanti di una comunità. È passata già la consapevolezza che bisogna investire di più nei territori più forti e di meno nei territori più deboli.

Il tentativo di questo tipo di riforma conferma quella tendenza e gli conferisce una struttura anche istituzionale attorno a cui costruirsi. Il problema nasce da lontano. Quei pre-accordi nati a 5 giorni dalle elezioni, di cui parlava Gianfranco Viesti, nascono in un contesto in cui la consapevolezza e la percezione da parte della politica nazionale del ruolo del mezzogiorno all’interno della dinamica nazionale, dell’esigenza di riequilibrare i diritti di cittadinanza nel territorio nazionale si è persa al punto da rendere possibile la discussione di oggi.

Io temo – ha concluso Luca Bianchi – il vero obiettivo delle regioni del nord non sia quello di incrementare le risorse per i servizi ma avere più risorse per ridurre la pressione fiscale. Il vero obiettivo dell’autonomia differenziata è fare una fiscalità differenziata, ridotta nelle regioni del centro-nord così da attrarre gli investimenti in quell’area ed essere più competitivi nel mercato internazionale. Questo sarebbe il primo caso nella letteratura economica mondiale in cui abbiamo le aree più forti che fanno riduzione fiscale per attrarre investimenti a scapito delle regioni più povere. Questa è la battaglia che abbiamo davanti, il mezzogiorno è chiamato ad alzare la voce.

Dal Molise il segnale più forte – ha commentato Micaela Fanelli a margine dell’iniziativa – di allarme per il federalismo differenziato viene lanciato dal gruppo del partito democratico e dimostra una grande attenzione nonché una grande capacità di visione e di proposta da parte nostra non solo nei confronti del territorio regionale – dove siamo i primi ad aver depositato la mozione per orientare la politica regionale in senso solidaristico – ma, così come ci hanno riconosciuto i due relatori di stasera, stiamo attivando una mobilitazione più ampia, come dimostra il fatto che siamo stati in Calabria venerdì scorso per proporre un’alleanza tra le regioni del mezzogiorno sia istituzionale, sia partenariale, che politica. Questo dimostra quanto ci poniamo alla testa di quella che è per noi una battaglia vitale, innanzitutto per il Molise. Noi proponiamo di accordarci tra tutti i Consigli regionali, in particolare del mezzogiorno, per dimostrare al Governo, al Parlamento e, se serve, al Presidente della Repubblica come queste introduzioni volute da alcune regioni del nord come il Veneto, la Lombardia e l’Emilia Romagna, rischiano di segare in due l’Italia dividendo in particolare quelle più ricche da quelle che hanno minor gettito.

Paolo Di Lella100 Posts

Nato a Campobasso nel 1982. Ha studiato filosofia presso l'Università Cattolica di Milano. Appena tornato in Molise ha fondato, insieme ad altri collaboratori, il blog “Tratturi – Molise in movimento” con l'obiettivo di elaborare un’analisi complessiva dei vari problemi del Molise e di diffondere una maggiore consapevolezza delle loro connessioni. Dal 2015 è componente del Comitato scientifico di Glocale – Rivista molisana di storia e scienze sociali (rivista scientifica di 1a fascia), oltre che della segreteria di redazione. Dal 2013 è caporedattore de Il Bene Comune e coordinatore della redazione di IBC – Edizioni. È autore del volume “Sanità molisana. Caccia al tesoro pubblico”. È giornalista pubblicista dal 2014

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