Ma allora, chi ha paura dell’informazione?

A cura della redazione

Sabato 23 marzo alla Sala della Costituzione della Provincia di Campobasso, Sandro Ruotolo e Michele Albanese hanno incontrato i cittadini nell’ambito di un’iniziativa organizzata dall’Assostampa del Molise

Per comprendere cosa significhi vivere sotto scorta e come questa condizione diventa imprescindibile per l’esistenza di chi è costretto a subirla, basti pensare che addirittura l’incontro pubblico organizzato dall’Assostampa del Molise sabato sabato 23 marzo a Campobasso, nella Sala della Costituzione messa a disposizione dalla Provincia ha dovuto anticipare l’orario d’inizio.

Improbabilmente rispetto alle abitudini fine-settimanali dei campobassani, i lavori ai quali hanno preso parte Sandro Ruotolo e Michele Albanese sono cominciati alle 17; entrambi sono sotto scorta per le inchieste svolte dal primo nella sua Campania sui Casalesi e il traffico dei rifiuti nella “terra dei fuochi” e il secondo che fa il cronista di giudiziaria in Calabria, nella Piana di Gioia Tauro, dove ha alzato il velo di collusione e di omertà che copre una ‘ndrangheta sempre più potente e pervasiva a livello nazionale e internazionale.

Oltre al presidente dell’Assostampa Giuseppe Di Pietro, hanno indirizzato e condotto le riflessioni, gli approfondimenti e le domande che sono state rivolte ai due giornalisti, Giovanni Di Tota, caporedattore di Telemolise e Monica Vignale, direttrice di Primonumero.it.

Col passare dei minuti poi, la sala si è riempita di insegnanti, di studenti, di rappresentanti di associazioni e delle Istituzioni; il Questore di Campobasso Mario Cageggi e il Sottosegretario del Consiglio regionale Quintino Pallante, seduti in prima fila, hanno seguito con interesse e partecipazione il quadro, inquietante per molti versi, che emergeva dalle testimonianze dei due giornalisti.

Ruotolo, più familiare al pubblico presente per essere stato per anni uno dei collaboratori di punta di Michele Santoro nelle sue numerose trasmissioni televisive, ha ripercorso il rapporto sempre conflittuale fra l’informazione e la politica nel nostro Paese.

Dal famigerato “editto bulgaro” di Berlusconi che impedì a Enzo Biagi, a Daniele Luttazzi e a Santoro di lavorare in Rai, alle intromissioni ormai plateali della politica nella gestione del servizio pubblico d’informazione.

Ruotolo ha sottolineato più volte e con forza come l’informazione svolga una funzione terza, neutra rispetto all’amministrazione della cosa pubblica.

I giornalisti, accompagnati dal loro bagaglio deontologico, hanno il compito di raccontare, senza reticenze la realtà, in modo che i cittadini possano farsene un’idea quanto più documentata possibile.

Naturalmente, ha chiosato il giornalista, se c’è una buona informazione, completa e indipendente, allora ci sarà una buona politica; se l’informazione sarà collusa e ricattabile, la politica le somiglierà con le aggravanti della funzione sensibile che essa deve svolgere.

Condizione necessaria (ma non sufficiente) affinché il sistema dell’informazione sia terzo e distante dalla politica, sta nella solidità economica delle imprese editoriali e nel rispetto contrattuale da parte loro del lavoro giornalistico.

Proprio su questo è intervenuto il presidente dell’Assostampa Molise, che ha stigmatizzato il provvedimento varato dal Governo Renzi e adottato dal Governo attuale, che taglia i contributi per le emittenti televisive locali, polarizzando le risorse solo a favore delle testate con i bacini d’utenza più numerosi.

Ha poi denunciato come anche a livello regionale la politica negli anni non è riuscita a varare una legge di sostegno soddisfacente per le imprese editoriali e come addirittura di recente, per un’inopinata iniziativa della Prefettura di Campobasso, sia stata impugnata anche quella che dispone le provvidenze per gli anni scorsi.

L’informazione – ha ricordato Di Pietro – è un bene comune tutelato dalla Costituzione e non si riesce a capire perché si interviene reiteratamente e con una massa impressionate di fondi pubblici per evitare il fallimento dell’Alitalia, mentre si chiudono i rubinetti di sostegno all’editoria, con la conseguenza di gettare sul lastrico le impresse del settore che hanno già minacciato di licenziare i loro dipendenti.

Internet e i social network innanzitutto complicano e ingenerano il fraintendimento che ognuno possa accedere personalmente, senza intermediazioni, all’informazione; ma le fake news che imperversano, la commistione fra verità, verisimiglianza e menzogna, mai come in questo momento rendono indispensabile il ruolo e la funzione del giornalista e della buona informazione, che deve alimentare un panorama corretto e pluralistico.

Nella bulimia informativa che ormai ci ha circondati c’è bisogno di più informazione e autorevole; invece che arrendersi a un flusso di sciocchezze che rispondono alle necessità di mercato e d’influenza al consumo dei reggitori delle piattaforme e dei loro algoritmi, bisogna esigere l’approfondimento, la citazione della fonte, la competenza di chi informa per professione, rispondendo personalmente e ai suoi organi di controllo per quello che racconta.

Questi concetti li ha ribaditi Michele Albanese che ha impressionato profondamente la platea con la sua testimonianza appassionata; ha voluto ringraziare i ragazzi della polizia di Stato che lo proteggono, ma non ha mancato di dire come gli pesi la scorta, che rappresenta una drastica limitazione della sua libertà personale.

“La mia è una terra difficile – ha detto Albanese – ma io non l’ho voluta abbandonare nemmeno quando ho scoperto che la ‘ndrangheta voleva uccidermi. Non me ne devo andare io che sono un bravo cittadino, se ne devono andare loro che hanno distrutto la mia terra e offuscato la reputazione della mia gente”. Applausi prolungati e sentiti.

La serata si è chiusa con un intervento di Domenico Iannacone che sta lavorando al suo nuovo programma televisivo e che ha comunicato di aver acquistato una casa a Torella, suo paese d’origine e ne sta seguendo la ristrutturazione.

Ha saputo per caso dell’incontro con Ruotolo e Albanese che conosce da tempo per incroci professionali e non ha voluto mancare l’appuntamento.

Ha chiuso ribadendo come la precarizzazione del lavoro giornalistico stia minando alla base la libertà di stampa e la buona informazione e come lo Stato debba investire con maggiore convinzione in questo settore.

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