Quale quadro politico per l’Italia

di Umberto Berardo

Quando si è aperta la crisi del governo Conte bis l’ho vista subito come la conseguenza della decadenza della politica tout court ed ho portato alla memoria il pensiero profetico di Pier Paolo Pasolini che già nel 1975 così affermava “Prevedo la spoliticizzazione completa dell’Italia: diventeremo un gran corpo senza nervi, senza più riflessi. Lo so: i comitati di quartiere, la partecipazione dei genitori nelle scuole, la politica dal basso… Ma sono tutte iniziative pratiche, utilitaristiche, in definitiva non politiche. La strada maestra, fatta di qualunquismo e di alienante egoismo, è già tracciata. Resterà forse, come sempre è accaduto in passato, qualche sentiero: non so però chi lo percorrerà e come.”

Evidentemente già le sue antenne ben alzate avvertivano quando stava accadendo sul piano della partecipazione popolare che dimostrava le prime crepe dopo le stagioni del Movimento Studentesco e dell’Autunno Caldo che erano riuscite a dare risultati davvero ragguardevoli sul piano dei diritti sociali e civili come lo Statuto dei Lavoratori e la Riforma del Diritto di Famiglia.

La situazione odierna pertanto ha radici lontane che in qualche modo vanno riconosciute ed analizzate. La politica esiste se rappresenta la modalità con cui si relazionano tutti gli attori sociali per affrontare i temi della collettività e dare ad essa una qualità della vita che sia rispondente alle esigenze dei suoi cittadini.

Quando l’area di partecipazione si riduce a livello di base e l’agorà si sposta dalla cittadinanza e dai suoi organi di rappresentanza a forme difficilmente gestibili e controllabili quali talk show, social network o addirittura centri commerciali diventa chiaro che è sempre più difficile avere dinamiche e forme di organizzazione strutturate e razionali della vita sociale.

L’attacco indiscriminato alle ideologie, la decadenza dei partiti, incapaci di alcun rinnovamento ed affidati purtroppo da anni a tanti soggetti senza arte né parte e non più votati al servizio del governo del Paese ma indirizzati prevalentemente alla ricerca ed alla conservazione del potere, la nascita di movimenti o formazioni politiche istituzionali ma non convenzionali, parlamentari non più eletti ma nominati dalle segreterie dei partiti e soprattutto il rifluire di molti elettori nell’astensione o la convinzione che basti un impegno nelle associazioni di volontariato o del terzo settore per fare politica hanno determinato una diminuzione o un’assenza totale di rappresentanza delle idee di una vera libertà, uguaglianza, fraternità e giustizia che sono scomparse dall’orizzonte ed hanno dato corso all’organizzazione di una società fondata ormai sui sistemi delle democrazie oligarchiche e borghesi e sull’osannata efficacia dell’economia di mercato.

È sotto gli occhi di tutti la scandalosa redistribuzione della ricchezza mondiale che ha creato una ristretta percentuale di arricchiti e una massa enorme di diseredati i quali si affacciano alle frontiere del benessere, ma ne vengono respinti talora senza pietà come sta avvenendo in questi giorni sulla rotta balcanica.

Il venir meno di molti valori della cultura cattolica e marxista, la sostituzione di finalità di natura universalistica con obiettivi di carattere particolaristico e l’incapacità delle forze politiche della sinistra di organizzare un’adeguata rappresentanza dei cittadini più bisognosi di aiuto perché meno tutelati hanno generato la crisi e fatto saltare il sistema di relazione tra eletti ed elettori.

La politica così con nuovi e discutibili meccanismi di partecipazione si è ridotta a gestire interessi di gruppi economici e finanziari talora intrecciati in rete piuttosto che difendere i diritti fondamentali dell’intera cittadinanza. Nell’ultima fase del secolo scorso poi è solo venuto a galla un sistema corruttivo che dopo decenni non siamo riusciti a sconfiggere e che spesso anzi si è ancora propensi a tollerare.

Succube ormai del mondo finanziario la politica sembra aver perso in molti settori la propria autonomia delegando decisioni proprie a consulenti e tecnici che spesso la sostituiscono nei provvedimenti mentre noi la competenza e le capacità operative dovremmo averle proprio nei parlamentari e negli esperti della pubblica amministrazione che paghiamo lautamente.

Anche questo è il frutto di scelte elettorali che con le dovute eccezioni hanno convinto i cittadini che certe funzioni, dal mandato parlamentare a quello di ministri e di amministratori locali, si potessero affidare a persone senza una preparazione culturale e politica adeguata. I risultati li abbiamo ogni giorno davanti.

Si galleggia in modo approssimativo sui problemi contingenti, mentre sulle grandi questioni di un’economia che si va sfaldando non solo per colpa del Coronavirus, sulla legge elettorale, sulla riorganizzazione della pubblica amministrazione, su un debito pubblico che rischia di portarci al default e su tante questioni analoghe non si riesce ad intravvedere l’idea di un progetto generale definito in nessuno degli schieramenti presenti in Parlamento.

Se si guarda prevalentemente, come dimostra la crisi di questi giorni, ai consensi elettorali e alla difesa degli interessi egoistici e particolari dei gruppi di appartenenza, è del tutto evidente che ci si sta concentrando sulla soluzione di problemi particolari ed occasionali senza essere più capaci di un’identità politica fondata su una visione del mondo il più possibile chiara su ciò che siamo e che vogliamo diventare.

In una società che sembra non avere più una concezione antropologica condivisa tutto sembra diventare strumentale ad un orizzonte limitato ed egoistico come dimostrano le incapacità di accoglienza delle richieste dei tanti diseredati che chiedono aiuto e i tanti cittadini orientati a scegliere il disimpegno e perfino l’astensione dal voto che in Italia dagli ultimi sondaggi sembra arrivata al 39,1% .

Questa incapacità di riconoscersi in una possibile identificazione con le forze politiche esistenti spinge così molti in un atomismo personalistico che nel migliore dei casi si esprime a livello movimentistico o associativo senza tuttavia alcuna capacità di incidere realmente nelle scelte decisive come abbiamo visto nei tanti movimenti che sono andati dai “Girotondi” fino alle “Sardine”.

Dopo il tramonto dei grandi partiti di massa, osserviamo con preoccupazione quanti seguono gli slogan propagandistici e demagogici della destra e sembrano perfino disposti a seguire forme di leaderismo parafasciste, registriamo la delusione di uno spontaneismo senz’anima e privo di reali mezzi e competenze, prendiamo amaramente atto dell’incapacità della sinistra di riorganizzare strutture di rappresentanza dei lavoratori mentre quelli che ad essa immaginano di riferirsi in Parlamento sono sempre più orientati verso forme centriste di neoliberismo.

Un tale quadro del sistema politico italiano ci dice con chiarezza che il futuro del Paese non può essere affidato all’inconsistenza di chi in piena pandemia non riesce a trovare compromessi ragionevoli e sintesi accettabili sui problemi della popolazione dando alla stessa lo spettacolo francamente indecente di un’assoluta incapacità di confronto civile e democratico e di generazione di progetti reali che ha finito per generare una crisi che rischia di produrre effetti disastrosi per tutti.

Seguendo il dibattito in Parlamento sulla fiducia richiesta dal governo Conti bis dopo lo strappo davvero irriflessivo ed irresponsabile di Italia Viva la sensazione è stata quella di trovarsi di fronte ad un’istituzione finita in un pantano determinato dai tanti soggetti che non dovrebbero sedere in quell’assise perché non ne sono degni. Vedere una palude di inefficienza, irresponsabilità, incoerenza, trasformismo e spirito polemico fa davvero molto male.

Poiché la nebbia che avvolge la soluzione di questioni immediate e di lungo termine è veramente fitta, occorre interrogarsi su come uscire dalla palude per affrontare problemi impellenti come quelli della pandemia, sul Recovery Plan, sul rilancio dell’economia con investimenti nella ricerca e nell’innovazione, sulla riapertura dell’intero sistema scolastico e sul miglioramento del sistema sanitario.

Su queste necessità si richiede davvero il senso di responsabilità dell’area di governo e di quella di opposizione uscendo da contrapposizioni talora becere che su questioni così pressanti devono essere davvero abbandonate per trovare un confronto fatto con umiltà e proposte sensate se non si vuole correre il rischio di fare la fine che qualche anno fa ha messo in ginocchio il popolo greco.

Usciti dalle difficoltà del momento, l’augurio è che si possa tornare alle urne e i cittadini riescano ad eleggere un parlamento in grado di affrontare con competenza i temi della legge elettorale, delle riforme istituzionali e di un’idea di Europa sempre più indirizzata ad una unione politica ed alla promozione dei diritti fondamentali di tutti i popoli.

Naturalmente tali trasformazioni saranno possibili solo se riusciremo insieme a riportare la politica nell’agorà ed a ricostruire gli strumenti di base per educare e formare delle classi dirigenti competenti, oneste e responsabili. Sappiamo che in una politica fatta ormai di retorica autoreferenziale tali proposte saranno viste come strade difficilmente percorribili, ma dobbiamo anche convincerci una buona volta che diversamente il masochismo come pulsione autodistruttiva non può portare da nessuna parte.

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