Che spasso sarebbe andare a spasso per Campitello
di Francesco Manfredi-Selvaggi
In questa località turistica, salvo il marciapiedi realizzato a lato del piazzale di recente, mancano percorsi pedonali. Eppure per attrarre persone a soggiornarvi sarebbe auspicabile la realizzazione di un viale, possibilmente alberato, lungo il quale passeggiare. Camminare in natura, lungo i sentieri, è importante, ma lo è pure il passeggio nel centro di vacanza (Il primo manifesto pubblicitario che è del dicembre 1967)
Per invogliare ad una frequentazione degli alloggi, spesso sottoutilizzati, che compongono i residence occorre puntare all’intensificazione dell’effetto-villaggio agendo sulla pedonalizzazione. Una delle azioni auspicabili è quella della separazione delle percorrenze pedonali e quelle automobilistiche, il meglio sarebbe il prevedere corsie per pedoni in sede propria il che vuol dire non affiancate a quelle carrabili. Mancano ancora, né sono in progetto, camminamenti pedestri che congiungano le varie attività, dalla biglietteria degli impianti di risalita alla chiesa alla piazza gradonata al palazzetto del ghiaccio, al rifugio EPT fino alla galleria commerciale Montur.
Attualmente chi va a piedi non è tranquillo dovendo stare attento alle auto che passano a fianco. Potrebbe essere opportuno, visto che siamo in quota, un porticato quale prosecuzione del portico a forma di ferro di cavallo del Montur, a differenza di questo non affiancato da negozi o ristoranti, che permetta a coloro che si spostano con le proprie gambe di non essere esposti alle intemperie, di potersi muovere anche con la pioggia e durante le nevicate. Ad essere esclusa da questo sistema continuo di passaggi coperti rimarrebbe unicamente la cosiddetta Piramide, la quale per l’assolutezza della sua forma, è un “solido platonico”, non accetterebbe di venir affiancata da alcuna pensilina di sorta.
Del resto, da un lato, il suo ingresso non sta nel piazzale sul quale aprono tutti gli altri edifici, bensì si entra dal pianoro che è quota inferiore e, dal’altro lato, è certo che l’accostamento a questo prisma in vetro di appendici seppure leggere cozza con la ricerca di purezza dell’immagine di questo oggetto di alto valore simbolico, immagine estremamente accattivante la quale rientra in un’operazione di marketing, di richiamo pubblicitario per il rilancio della località. Quello che manca a Campitello, così come nella maggioranza di quei Comuni molisani che ambiscono a diventare luoghi di villeggiatura, è un viale.
Qui si potrebbe attrezzare, non c’è bisogno di piantumare alberi ai bordi, a tale scopo il tratto iniziale della strada per Sella del Perrone che ha limitata pendenza, dotandolo di punti di sosta con panchine e lampioni lungo il suo svolgimento. Oggi si può passeggiare sul marciapiede a lato della strada provinciale di accesso a Campitello, piacevolmente perché è con vista dell’insieme di Miletto e pianoro, un lungo-pianoro così come c’è il lungo-mare e il lungo-lago e poi perché è pressoché pianeggiante.
Il viale proposto sopra ne costituirebbe la prosecuzione, allungando il percorso del passeggio e permetterebbe di camminare, per diporto, lontano dal rumore del traffico e dal vociare dei frequentatori del centro trattandosi di un ambito appartato. È assente pure un giardino pubblico per la ricreazione all’aperto dei villeggianti, magari sul modello dell’alpen garden, da usufruire in estate, il quale è complementare al viale. La pedonalità non sarebbe possibile, è bene evidenziarlo, se i fabbricati residenziali fossero troppo lontani dalle seggiovie.
A proposito della dispersione insediativa c’è da dire che alcuni ritengono che la concentrazione in un unico sito, la situazione attuale, delle cubature edilizie abbia una forte incidenza percettiva ed è vero, è una enorme massa edificata composta da molteplici residence, le Verande, il Kandhar, i S. Nicola 1 e 2, tutti di grosse dimensioni posti a distanza ravvicinata fra loro; gli stessi critici pensano che sarebbe stato opportuno, a parità di volumetria prevedere l’edificazione di costruzioni di grandezza contenuta se non di casette a schiera o meno, di villette come si vedono nelle località turistiche alpine più celebrate.
È da immaginare l’effetto negativo sul paesaggio che avrebbe avuto la disseminazione in un’intorno ampio, non circoscritto allo spazio, tutto sommato ristretto, occupato ora da questa stazione di sport invernali, di corpi di fabbrica, si piccoli e però innumerevoli. Nel contempo è da riflettere sulle conseguenze di tale distribuzione delle unità alloggiative applicando nel Programma di Fabbricazione un indice fondiario basso sul traffico che avrebbero generato gli spostamenti dalle residenze alle partenze degli impianti di risalita, non è nelle cose muoversi di casa per raggiungere le sciovie avendo già dovuto calzare gli scarponi da neve.
Il Villaggio EPT composto da immobili unifamiliari diffusi nell’areale del bosco Rote-Trabucco costituisce un monito, un esempio da non seguire; a sua giustificazione vi è il fatto che esso è precedente alla stazione dello sci. La decisione urbanistica di accentrare gli alloggi unendoli fra loro e questi con i servizi va nella direzione di ridurre la necessità dell’uso dell’automobile. Le unità abitative sono raggruppate in poche, assai voluminose entità architettoniche. Esse, peraltro, vengono a costituire un insieme in quanto reciprocamente prossime.
Probabilmente preoccupati di determinare un “grumo” cementizio troppo consistente dovettero convincersi che sarebbe stato opportuno articolare la grossa quantità volumetrica frazionandola in più tronconi, i singoli residence, intermezzandoli con minime strisce di verde. Essi sono collegati pedonalmente, almeno il gruppo centrale. Si cammina andando da una parte all’altra di questo nucleo che è al centro di Campitello formato dalle Verande, il Kandhar e il Montur sempre al chiuso; anda- ndo da sopra a sotto si passa lungo un corridoio vetrato che si sviluppa al piano basamentale de Le Verande cui si raccorda anche il camminamento che parte dal Kandhar per proseguire trasportati da un ascensore inclinato nell’ambulacro semicircolare del Montur su cui affacciano ingressi e vetrine di negozi e un esercizio di ristoro.
Quando si è obbligati a uscire allo scoperto allora iniziano i problemi, chi intende adoperare per spostarsi le proprie gambe sarà costretto a zigzagare tra le macchine in sosta, al Montur manca un garage per gli ospiti, e in movimento. Dal lato del piazzale che volge verso monte, non monte Miletto che è, incredibile ma vero verso valle, non vi è quella stessa continuità della percorrenza pedonale protetta, ovvero su marciapiede, che vi è in quello opposto. La persona semovente nell’attraversare la località secondo il suo asse maggiore, se non opta per il più sicuro percorso bordo-pianoro, si imbatte in due innesti di strade secondarie, ambedue a fondo cieco, l’una che risale l’altura in cui sorgono Le Verande e il Kandhar e l’altra che ridiscende il pezzo iniziale, l’imbocco, del vallone S. Nicola, costeggiato sui lati contrapposti dal S. Nicola 1 e dal S. Nicola 2.
Si tratta di vie laterali che conducono a complessi residenziali i quali aspirano a stare appartati, non hanno avuto interesse a prospettare sul piazzale, il luogo su cui si riversano i turisti, per così dire, giornalieri i quali inevitabilmente generano confusione e rumore con disturbo della quiete di chi è in vacanza a riposare; da notare, annotazione marginale, in riferimento al discorso che si è fatto prima sulla passeggiata, per chiudere in qualche modo il cerchio, che entrambe le stradine hanno una accentuata pendenza il che le rende oltre che per la sezione viaria ristretta inidonee per il passeggio.
Francesco Manfredi Selvaggi640 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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