L’anima oltre lo spirito, Serenella Gregorio in mostra a Castel Di Sangro

di Giovanni Petta

Certo la biologia… la scienza… l’organizzazione della materia e degli eventi dell’Universo… ma soprattutto umanità, sentimenti, oggetti materiali e immateriali appartenenti al mondo degli esseri umani… emozioni…

Si chiude la mostra “Arte materica e oltre…”, l’esposizione delle opere di Serenella Gregorio alla Pinacoteca Patiniana di Castel di Sagro, con il patrocinio del Comune abruzzese.

Una delle opere, all’ingresso, sulla destra, “Pretesto” (70×70 Materico Acrilico – Rame) giustifica immediatamente la necessità dell’artista di denunciare la confusione dell’uomo contemporaneo, il grigio delle sue giornate, l’ordine imposto, subìto. Nelle stesso tempo e nella stessa opera, Serenella Gregorio mostra di aver trovato una via consapevole per organizzare e organizzarsi, per dirigere il mondo e se stessa verso il bene immaginato, dichiara di aver trovato una piccola oasi di benessere individuale.

I problemi del mondo non sono dimenticati ma l’artista sa che essi non sono risolvibili nell’immediato. È consapevole del fatto, inoltre, che non se ne può venire a capo senza fare i conti con le proprie energie che vanno quindi salvaguardate. Bisogna, inoltre, puntare sulla Natura… sulla natura privata della presenza umana; bisogna ricorrere alla immaterialità, a quei fenomeni che, pur essendo creazioni umane, non hanno peso, non hanno alcuna fisicità.

Invece, il mondo contemporaneo, nelle opere di Serenella Gregorio, è uno spazio fatto di presenze insignificanti nella loro specificità individuale ma che acquistano valore e importanza solo nel loro essere parte di un tutto comprensivo e complesso. Gli alberi delle foreste rappresentate, sia nella loro essenza “di fuoco” (materico acrilico 60×80) sia in quella imbiancata” (materico acrilico 80×80), sono fitti, uno addossato all’altro, e spaventosi. Ma tra i fusti si intravvedono passaggi possibili che lasciano immaginare eventuali proposte di comunicazione, ipotesi di salvezza.

Poi, le “Palette”… qui, gli spazi sono creati da curve irregolari e si riempiono di forme geometriche oppure rimangono vuoti. Le sfumature di colore, dal rosa chiaro a quello intriso di viola o d’arancio, rimandano a una ricerca “del segmento naturale  femminile” che è presente anche nelle opere in cui tale ricerca non è indicata nel titolo.

Attraverso la manipolazione della materia informe, l’artista si proietta verso una ricerca primordiale e metafisica. Le domande ontologiche vengono affrontate senza utilizzare la parola, nel tentativo di trovare una qualche verità approfondendo territori sconosciuti che sanno di nuclei e periferie, di sostanza e di intuizione. Serenella Gregorio sembra unire la scienza all’utopia, la razionalità della biologia al sentimento più romantico e poetico, nel tentativo di trovare una soluzione ai misteri dell’Universo.

La materia utilizzata si piega alla volontà dell’artista, sembra collaborare con lei nello spingersi verso territori nuovi, inesplorati, in cui emergono figure semantiche ancestrali che riportano al nucleo tutto femminile della Terra che tutto avvolge e protegge dopo averlo creato, che rimandano a una vertigine di sensualità che coinvolge necessariamente perché causa imprescindibile della continuazione della specie e di ogni specie.

L’«oltre» di Serenella Gregorio – ciò che la spinge al di là dei limiti della semplice creazione di oggetti che aspirano alla Bellezza – è un nucleo tutto filosofico e metafisico che non trova nel linguaggio delle parole la sua epifania migliore. Per assorbire la poetica delle opere esposte a Castel di Sangro è necessario percepire, intuire, sentire. Pur partendo dalla scienza e dalla materia, insomma, siamo invitati a utilizzare tutte le altre nostre qualità più specificamente umane, siamo stimolati ad essere sempre meno animali, sempre meno macchine.

Giovanni Petta76 Posts

È nato nel 1965 in Molise. Ha pubblicato le raccolte poetiche «Sguardi» (1987), «Millennio a venire» (1998) e «A» (2016); i romanzi «Acqua» (2017), «Cinque» (2017) e «Terra» (2021) ; il saggio giornalistico «L'Italia delle regioni, il Molise dei ricorsi» (2001) e, con lo pseudonimo di Rossano Turzo, «TurzoTen« (2011) e «TurzoTime» (2016). Allievo di Mogol, ha inciso «Non crescere mai» (1993), «Trema terra trema cuore» (single, 2003), «Il bivio di Sessano» (2012). Ha diretto le testate «Piazzaregione» e «L'interruttore». Ha coordinato l'inserto molisano de «Il Tempo».

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