Altilia si fa in quattro, 4 porte, 4 strade, 4 settori urbani
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Tutto in questa città è divisibile per tale numero il quale costituisce la chiave di comprensione dell’organizzazione urbanistica. Il 4 ha quasi un valore simbolico e insieme rappresenta una volontà d’ordine, l’ordine imposto da Roma ai popoli che ha assoggettato. Sono 4 pure i lati della cintura muraria la quale non è un cerchio che sarebbe stata la forma più appropriata per le mura urbiche bensì un quadrato. Alla stessa maniera è quadrangolare anche il foro (Ph. F. Morgillo)
Per comprendere Altilia bisogna affidarsi alla geometria. Il perimetro della città tende al quadrato e lo spazio interno è suddiviso in quattro settori ognuno dei quali, idealmente, è quadrato, la rete viaria è formata da quattro segmenti che si incontrano nel foro il quale è quadrangolare. La scelta di una organizzazione urbanistica dominata da una precisa forma geometrica risponde sì ad esigenze funzionali, ma nello stesso tempo è rivelatrice di una certa visione del mondo. Scomodare una figura cartesiana per disegnare la pianta di un insediamento non lo si fa a cuor leggero di certo, ripartire una superficie in moduli-base che sono sottomultipli di un massimo comune denominatore dell’insieme potrebbe apparire un’operazione artificiosa, addirittura leziosa, se non si riconosce a questa modalità di pianificazione un valore simbolico.
L’entità insediativa deriva dalla somma di più unità minime tutte uguali fra loro, una città modulare dunque, e una scansione simile la ritroviamo anche nella parcellizzazione dell’ager attraverso la centuriazione. Non c’è bisogno di misurare l’intero, basta conoscere le dimensioni della particella minimale e poi procedere al conteggio del numero di questi fatti elementari: dalla moltiplicazione dei metri quasi quadri dell’area occupata da una di queste minuscole entità per il quantitativo totale delle stesse si giunge a stabilire la grandezza dell’abitato.
Una formula matematica analoga è valida anche per l’agro soggetto a centuriatio di cui nella campagna di Altilia vi è traccia. L’uomo mediante tale metodo con un colpo d’occhio può controllare il territorio, aspirazione di qualsiasi governante. Alle finalità pratiche vanno aggiunte quelle politiche perché il dominio si estende dalla sfera spaziale a quella culturale con l’Urbe che alla stregua di un Grande Fratello tiene sotto osservazione e di conseguenza sotto scacco i suoi possedimenti giungendo a permeare la coscienza delle persone con la sua regola formale d’ordine, geometrico, la teoria del Panottico di Foucault.
È tempo di passare dal preambolo di carattere generale alla descrizione puntuale della città. Iniziamo dalla cinta muraria, il segno più evidente di tale volontà regolarizzatrice. I suoi lati si incontrano ad angolo retto, sono cioè a “squadro” per richiamare la parola “quadro”, il confine della città non è una linea continua o meglio non è una linea curvilinea come ci sarebbe da attendersi per una murazione urbica. L’adozione di un poligono perfetto, il quadrato, quale pianta della città fa il paio con la ricerca di una sorta di “regola aurea”, di tipo lineare e non areale, quella leonardesca, nella disposizione delle torri lungo la cortina appunto turrita le quali sono numerose, oltre 20, e equidistanti fra loro.
Che siano utili o meno così tante torri, una serie così fitta, non si è in grado di dirlo in termini di tecnica militare, un problema quello della coerenza con le necessità guerresche che riguarda pure la forma a quadrilatero delle mura perché non c’è dubbio che un tracciato curvo sarebbe preferibile, basta dire che gli spigoli ad arco di cerchio sono più resistenti di quelli con angoli a 90 gradi agli urti delle palle di pietra scagliate dalle macchine da guerra degli assalitori. Può darsi che il posizionare le torri ad identica distanza sia dipeso da una questione estetica più che da finalità belliche, il frontone, l’estradosso delle mura è un po’ questo, si vuole che sia bello, che si offra a chi guarda il centro abitato dall’esterno una immagine architettonica compiuta, non lo sarebbe se la loro sequenza fosse irregolare.
Se c’è una motivazione connessa alla funzione e non alla bellezza di questa lunga teoria di torri è piuttosto che quella militaresca una di tipo statico fungendo tali cilindri quali elementi verticali rompitratta utili per stabilizzare ovvero tenere fermo il muro. È da aggiungere a favore della tesi che si sta sostenendo che la cerchia, però non è un cerchio, muraria sia un’opera, per certi versi, di abbellimento oltre che di protezione è la circostanza che essa venne realizzata quasi in coincidenza dell’età imperiale, all’avvento della quale scattò la Pax Augustea che garantirà un periodo protrattosi a lungo di assenza di conflitti, Rimane, comunque, il fatto che il fronte murato rappresentava il connotato distintivo di Saepinum il cui nome sembra derivare proprio dal verbo saepio, recingere attribuito a questo luogo forse dalla presenza di una palizzata in legno, delimitazione a mo’ di stazzo di ovile dove si raccoglievano le pecore transumanti che vi sostavano in attesa dello svolgimento del mercato.
A favore del riconoscimento della natura di opera di difesa all’origine vi è che la murazione è una delle componenti costitutive del castrum qual era al momento della sua fondazione Altilia che ha la planimetria classica di un accampamento di soldati. Sentirsi al sicuro fra quattro muri, i muri, è evidente sono, le porzioni delle mura sepinesi, ambedue plurali, è una curiosità, del termine muro, è un obiettivo primario che la cittadinanza si pone fin dall’atto fondativo dell’insediamento castrense, Proseguendo con l’andamento altalenante della discussione in corso torniamo alla lettura della cintura muraria quale sorta di cornice che inquadra il nucleo abitativo: ogni porzione della cortina muraria, sono quattro, ha i caratteri di una facciata di rappresentanza dell’abitato, non vi sono differenze fra loro, non vi è un fronte principale e gli altri secondari.
In comune con i palazzi, comunque, le mura hanno qualcosa che sono le porte, i “pezzi” di maggior prestigio in genere per entrambi. Per la loro fattura ad Altilia le porte assomigliano ad archi di trionfo ad unico fornice, uguali all’Arco di Tito sulla Via Sacra del Foro Imperiale della capitale dell’Impero e non a triplice archeggiatura, l’esempio è l’Arco di Costantino che sta lì vicino, dunque un portone solo proprio come nei palazzi. Le porte urbiche con le iscrizioni commemorative sovrapposte, hanno le sembianze di arcate d’onore erette per celebrare la gloria di Roma.
Nello stesso tempo esse rappresentano un monito diretto alle popolazioni sannite che avevano osato ribellarsi alla dominazione romana. Le porte per via delle loro fattezze monumentali conferiscono un’aura speciale all’ingresso nell’area urbana ed esse quasi preannunziano la ricchezza di monumenti che si incontrano inoltrandovisi; esse, ovviamente per coppie, fanno il paio con l’Arco dei Neratii che si erge nel foro. Da segnalare in uno stipite della Porta Boiano la lapide denominata De Grege Oviarico che indica il pedaggio che i pastori devono pagare per entrare in città disturbando la tranquillità e sporcandola.
Francesco Manfredi Selvaggi628 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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