Lettera aperta/Caro Gravina, il buon governo non basta, è ora di pensare in grande

Carissimo Sindaco,
le formulo fervidi auguri per la scelta che il fronte progressista ha fatto cadere su di lei affinché il Molise sia finalmente liberato da una destra a dir poco fallimentare.

Si sa che lei preferiva portare a termine il suo mandato di primo cittadino, ma l’aver accettato di passare dalla pur difficile guida di un capoluogo di regione, allo sconvolgente impegno di mettersi al capezzale di un’intera disastrata regione, va a suo ulteriore merito.

Il suo schieramento politico ha riconosciuto in una nota congiunta la sua “giusta esperienza politica e amministrativa in grado di garantire il buon governo”. E’ un profilo al quale aggiungerei la forza tranquilla di una persona pacata, responsabile e benvoluta che, tra l’altro, esprime un lodevole esempio politico di “mutazione genetica” maturata all’interno del Movimento 5 Stelle.

Tuttavia, caro Sindaco, questa letterina di auguri e dita incrociate, sarebbe solo un inutile esercizio retorico se ignorassi i problemi che sono dinanzi al suo periglioso tragitto regionale e nazionale fatto di scelte e alleanze che, come ha detto Elly Schlein, “non si fanno a tavolino, ma su un progetto con spirito unitario”.

Vale a dire che non basta contare sul crollo di consensi della destra molisana, che il suo ruolo non è quello del curatore fallimentare e che non bastano nemmeno i propositi perseguiti dal suo partito in una nota che punta sui “servizi per i quali ci siamo battuti in questi anni: sanità, trasporto pubblico e infrastrutture”.

A mio sommesso giudizio infatti, il traguardo temporale della legislatura va allungato oltre il canonico recinto del quinquennio per gettare da subito le premesse per la riconversione strategica di una regione che entro un paio di decenni sarebbe in articulo mortis.

Parliamo di una strategia della sopravvivenza di un territorio reso claustrofobico, da riconvertire appunto con nuovi modelli, nuovi abitanti, nuovo turismo, nuovi lavori, nuove coltivazioni, (zafferano, luppolo, orzo, cicerchie), tutto nel quadro promozionale delle aree interne, quelle così care ai Dem e già realizzata in qell’isola promessa che è Castel del Giudice.

Parliamo di una sfida enorme, non più rimandabile e tuttavia attuabile a un patto: quello di pensare in grande.

Detto questo, caro Sindaco, si prepari a rifarsi un’immagine grintosa per fronteggiare l’imminente fuoco politico e mediatico di una destra che sente odore di sconfitta. Richiami alle urne i tanti delusi, anche se la loro diffidenza non le consentirà di parlare troppo “in grande”. Lei però non smetta mai di pensarci.

Giuseppe Tabasso360 Posts

(Campobasso 1926) ha due figli, un nipotino e una moglie bojanese, sempre la stessa dal 1955. Da pianista dilettante formò una band con Fred Bongusto. A suo padre Lino, musicista, è dedicata una strada di Campobasso. Il Molise è la sua Heimat. “Abito a Roma - dice - ma vivo in Molise”. Laureato in lingua e letteratura inglese, è giornalista professionista dal 1964. Ha iniziato in vari quotidiani e periodici (Paese sera, La Repubblica d’Italia, Annabella, Gente, L’Europeo, Radiocorriere). Inviato di politica estera per il GR3 della RAI, ha lavorato a Strasburgo e Bruxelles, a New York presso la Rai Corporation e a Londra e Colonia per le sezioni italiane della BBC e della Deutschland Funk. Pubblicazioni: Il settimanale con Nello Ajello (Ediz. Accademia, Roma 1978); Facciamo un giornale (Edizioni Tuttoscuola, Roma 2001); Il Molise, che farne? (Ed. Cultura & Sport, Campobasso 1996); per le Edizioni Bene Comune; Post Scriptum, Prediche di un molisano inutile ( 2006); Gaetano Scardocchia, La vita e gli scritti di un grande giornalista (2008); Moliseskine (2016). In corso di pubblicazione Fare un giornale, diventare giornalisti, Manuale di giornalismo per studenti, insegnanti e apprendisti comunicatori.

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