Fine di un’illusione progressista e di una regione bruco che non diventa mai farfalla

Su tutti i giornali e telegiornali nazionali troverete analisi, commenti, radiografie e reazioni sul risultato e sulle conseguenze dell’attesissimo test elettorale molisano.

Visto però a caldo dalla parte di chi è nato e cresciuto in questa regione, l’impatto è traumatico. Ci si aspettava un’alternativa politica e generazionale e una vittoria quasi scontata grazie a una coalizione di destra responsabile di un rovinoso malgoverno che si ripresenta sfacciatamente identico. Altrove lo avrebbero fatto colare a picco.

Molti di noi speravano che il Molise scrivesse una “nuova pagina”. Ci siamo aggrappati alla sensibilità ambientalista dei nostri giovani, alla loro fame di prospettive, all’europeismo dei loro Erasmus. Ci siamo attaccati alla “possibile sorpresa” che il prof D’Alimonte non escludeva e invece ha avuto ragione un inviato di Repubblica per il quale “Roberti non ha un grandissimo appeal, ma la rete clientelare del centrodestra è molto più efficace e poi è impossibile fare sondaggi veritieri in Molise, perché qui aspettano fino all’ultimo di salire sul carro del vincitore”.

Ci aspettavamo che le difficoltà di curarsi, di campare su elemosine statali, di liti sul Mes, di Pnrr in bilico, di indagini sulla ministra Santanché e    difficoltà varie del Governo Meloni generassero un liberatorio gesto di protesta e di ghigliottina per i soliti gattopardi.Invece ancora una volta i nostri conterranei non riescono a compiere gesti rivoluzionari.

La diserzione al voto di giovani e di più della metà degli elettori è una bocciatura che peserà di nuovo su una legislatura priva di pieno consenso sociale. C’è poi la totale inesistenza di voti d’opinione è l’inestinguibile campanilismo che fa prevalere Roberti a Termoli e Gravina a Campobasso. Del resto, come ha spiegato Patriciello al Fatto Quotidiano, “il trucco è quello di far perdere ogni ideologia”.

Noi inveterati illuministi ci eravamo illusi che Il piccolo Molise potesse cambiare le sorti di un nuovo centrosinistra italiano e ci siamo cullati in un sogno da fiaba che divenisse realtà. Infatti è andata proprio così: solo che il principe della Cenerentola molisana non era giallo-rosso, ma azzurro, anzi celeste, colore perfetto per un partito dell’aldilà berlusconiano.

E che dire di “lord Gravina”, così definito dal Corriere della sera? Sempre impeccabile, mai fuori le righe, riflessivo, inclusivo e benvoluto. Ma, please, per I prossimi cinque anni, segua un corso accelerato di aggressivismo presso l’Università Meloni.

Insomma, come cantava Battiato, ci vuole un’altra vita.

Giuseppe Tabasso336 Posts

(Campobasso 1926) ha due figli, un nipotino e una moglie bojanese, sempre la stessa dal 1955. Da pianista dilettante formò una band con Fred Bongusto. A suo padre Lino, musicista, è dedicata una strada di Campobasso. Il Molise è la sua Heimat. “Abito a Roma - dice - ma vivo in Molise”. Laureato in lingua e letteratura inglese, è giornalista professionista dal 1964. Ha iniziato in vari quotidiani e periodici (Paese sera, La Repubblica d’Italia, Annabella, Gente, L’Europeo, Radiocorriere). Inviato di politica estera per il GR3 della RAI, ha lavorato a Strasburgo e Bruxelles, a New York presso la Rai Corporation e a Londra e Colonia per le sezioni italiane della BBC e della Deutschland Funk. Pubblicazioni: Il settimanale con Nello Ajello (Ediz. Accademia, Roma 1978); Facciamo un giornale (Edizioni Tuttoscuola, Roma 2001); Il Molise, che farne? (Ed. Cultura & Sport, Campobasso 1996); per le Edizioni Bene Comune; Post Scriptum, Prediche di un molisano inutile ( 2006); Gaetano Scardocchia, La vita e gli scritti di un grande giornalista (2008); Moliseskine (2016). In corso di pubblicazione Fare un giornale, diventare giornalisti, Manuale di giornalismo per studenti, insegnanti e apprendisti comunicatori.

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