Case a 1 euro

di Francesco Manfredi-Selvaggi

È un prezzo simbolico e, però, potrebbe produrre la svendita di un intero borgo molisano al costo di 1000 euro al massimo tante al massimo sono le case che lo compongono. Dietro tale annuncio da agenzia immobiliare si nasconde, e mica tanto, il proposito di denunciare la condizione di abbandono del paese, più che una strategia commerciale per il recupero del centro storico (Ph. F. Morgillo-Scorci di abitati tradizionali molisani)

Un solo euro per l’acquisto di una casa è certo un prezzo simbolico, ci saranno ragioni per aver stabilito questa cifra sulle quali non si vuole qui discutere, ma, di nuovo certo, viene da osservare che l’oggetto della compravendita non è un singolo immobile bensì un segmento, sia pur minuscolo, dell’abitato. Infatti l’edificio nei nostri centri storici non può essere scorporato dal suo intorno al quale risulta intimamente legato. Gli spazi esterni ad esso adiacenti, escludendo dal discorso i cortili e gli orti, hanno generalmente una duplicità di usi, uno di tipo pubblico in quanto aperti al passaggio di chiunque, uno di tipo privato, specie quando un percorso urbano si slabbra formando angoli morti, oppure in un crocevia, con i possessori delle abitazioni circostanti che lo occupano con panche, fisse, e sedili, mobili.

In effetti, bastano i gradini di una scala esterna fungenti da sedute che su tale larghetto prospetta per trasformare un non-luogo, termine che definisce i posti privi di identità, in un luogo di notevole pregnanza in quanto punto di incontro. Queste parcelle di superficie comunale informi, non ci stiamo riferendo alle vere e proprie piazzette, costituiscono un po’ l’estensione dell’alloggio, la naturale prosecuzione della residenza, utilizzate come sono per il soggiorno all’aperto. La fruizione di tali slarghi, i quali non hanno un nome proprio nella toponomastica cittadina, da parte di più famiglie confinanti favorisce poi la coesione sociale, lo spirito comunitario. È ciò che si è descritto il “vicinato”, l’unità minima che nelle teorie sulla pianificazione urbanistica precede il quartiere.

È quest’ultimo il livello in cui gli urbanisti con un apposito piano particolareggiato stabiliscono la localizzazione delle “aree di interesse collettivo” che sono o diventano di proprietà demaniale, non più, cioè, aree destinate a uso misto pubblico-privato come nel vicinato, aree destinate ad un unico scopo, volta per volta mercato ambulante, piazza, parco, giardino, e non ad una pluralità di utilizzazioni cosa che succede nel vicinato. Non ci sarebbe bisogno di specificarlo eppure, per maggiore precisione, lo si fa lo stesso, stiamo parlando di aree scoperte. Nelle zone, Zone poiché stiamo trattando di urbanistica, l’abitare è meno gratificante che nelle zone antiche per tale separazione tipica della Zonizzazione.

Nel vicinato le aree libere non sono un “vuoto” nel disegno di piano come succede per i PRG o i PDF, al contrario, almeno in passato, sono un “pieno”, pieno di gente che un tempo si riversava per strada, in particolare nella bella stagione. La compattezza degli abitati tradizionali, peraltro, avrebbe impedito di individuare particelle di terreno in cui ubicare le “attrezzature” per il gioco, per il riposo, ecc. all’aria aperta (ora sì per qualche demolizione di fabbricato a seguito di pericolo di crollo conseguenza dell’abbandono).

Nel borgo medioevale vi sono opportunità di svago per i bambini e per gli anziani offerte da “ritagli” di suolo presenti nella maglia viaria; qui le aree dedicate, si fa per dire, al tempo libero sono integrate al tessuto residenziale, non sono fatti a se stanti, non sono distanti dall’uscio di casa, mentre nei quartieri moderni intercorre una distanza, più o meno grande, tra la porta dell’abitazione e gli spazi per il relax e il divertimento essendo raro che ve ne siano all’interno dei condomini a meno che essi non siano dei grandi ensemble di lecorbusiana memoria. Certo, è un intercalare frequente lo si sarà visto, l’operazione di “dismissione” di stabili a 1 euro, stiamo passando ad un altro aspetto, produce la svalutazione, non dal punto di vista della rendita catastale bensì del valore di mercato, della quota restante del patrimonio edilizio di quel paese. Nel modo di sentire comune si è di fronte ad una svalutazione.

Ci sono complicazioni sentimentali in tale forte sottovalutazione del fabbricato perché è come se si disprezzassero i sacrifici compiuti dai nostri progenitori per realizzarli, la fatica che è in essi incorporata, sia che si tratti di autocostruzione sia non. Esaurito il precedente argomento andiamo al successivo che è connesso con la questione del vicinato; avvertendo che, comunque, è sempre la faccenda delle case a 1 euro ad essere al centro del nostro argomentare. L’argomentazione che si propone all’attenzione è la seguente: ha poco senso recuperare un immobile se poi quelli circostanti rimangono abbandonati perché non riescono a trovare un acquirente, neanche a 1 euro.

Forse sarebbe meglio vendere in blocco un certo numero di edifici raggruppati fra loro, un’intera isola urbana è la dimensione migliore, e non uno per uno stabilendo una premialità in termini di costo se li si compra tutti insieme. L’alloggio di cui un nucleo famigliare entra in possesso acquisterebbe maggior pregio economico in quanto si verrebbe a trovare inserito in un isolato “efficiente” poiché ristrutturato nel suo complesso. L’idea che qui si lancia non è finalizzata alla creazione di neocomunità formata da neomontanari, i nuovi arrivati che si insediano in questa parte del vecchio agglomerato, in sostituzione di quella preesistente, una tendenza che pure oggi esiste, vi sono molte esperienze in proposito, una rinascita dell’insediamento anche quale comunità di persone, ma che è estremamente pratica.

Infatti, ad un tempo, porta valore aggiunto alla singola unità abitativa il suo inserimento in un contesto urbano compiuto il quale si traduce in un ambiente di vita soddisfacente/piacevole e permette l’esecuzione di interventi di consolidamento sismico tanto più efficaci se estesi al totale dell’aggregato edilizio di cui il fabbricato è parte, lo stabilisce, peraltro, la normativa tecnica vigente. L’obiezione di fondo che, certo ennesima ripetizione di questo vocabolo, è lecito muovere a tale “via” commerciale alla rivitalizzazione del centro storico, la vendita di case a 1 euro, è che alla predetta iniziativa si dovrebbe accompagnare, così come si fa in ogni settore del commercio, una campagna di marketing, marketing territoriale, per la ricerca dei potenziali clienti anche mettendosi in competizione con gli altri Comuni che hanno deciso di vendere le case a 1 euro.

Francesco Manfredi Selvaggi606 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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