Il campanile di re Bove
di Francesco Manfredi-Selvaggi
In verità è il cinquantesimo e ultimo campanile quello di Matrice realizzato dal mitico Re Bove, torre campanaria dalla quale il diavolo lo scaraventò giù prima che lo completasse definitivamente in modo da impedirgli di vincere la sfida in corso fra loro due. Ci soffermeremo sui caratteri stilistici di questo prezioso elemento architettonico che si affianca alla chiesa di S. Maria della Strada (Ph. F. Morgillo-Veduta di insieme chiesa campanile)
Non è l’unico caso, ma il caso più rilevante nel Molise, perché la distanza è maggiore di campanile staccato dalla chiesa di cui è servizio. Un campanile a sé stante, dunque con ingresso autonomo, che qui è stranamente più in alto del piano di campagna. Esso non è attaccato alla chiesa cui seppure non fisicamente legato lo è, però, funzionalmente. Il campanile di S. Maria della Strada sta in campagna e anche questa sua caratteristica è una singolarità. In genere associamo il campanile al borgo tanto da parlare di campanilismo quando ci si riferisce a rivendicazioni in favore del proprio paese da parte della comunità che lì vive oppure tanto da usare l’espressione “Italia terra dei mille campanili” per sottolineare la presenza nella nostra nazione di una miriade di Comuni.
Sono rari i campanili ubicati nell’agro, generalmente le chiesette agresti sono dotate di semplici velette, “campanile a vela”, strutture elementari sovrapposte ad una delle pareti dell’edificio di culto per sostenere le campane, qui poco più che campanelle e pertanto poco pesanti poiché il loro suono si deve diffondere in un intorno limitato, spesso si tratta di semplici cappelle. Solo nelle chiese annesse ai conventi benedettini, costantemente in ambito rurale, vi sono le torri campanarie le cui campane hanno il compito di scandire con i loro rintocchi il tempo del lavoro e quello della preghiera, ora et labora, oltre che per i monaci anche per i coloni disseminati sui campi degli ampi possedimenti monastici.
Se non è un’unicità italiana quella dei campanili in zona agricola perché l’ordine di S. Benedetto si è diffuso in tutto il continente, non per niente è Patrono dell’Europa, lo è invece quella della separazione della torre campanaria dall’edificio di culto, altrove non è così. Prima di proseguire sulla trattazione di tale peculiarità occorre comunque evidenziare che S. Maria della Strada, oggi se ne è persa la memoria, sorge in un sito un tempo conventuale. Lo si afferma con una certa certezza, ovvero non una certezza assoluta, deducendo ciò dal fatto che in prossimità della nostra chiesa sono stati rinvenuti i resti di una villa rustica romana sulla quale, come è successo a Canneto, a Casalpiano, a S. Vincenzo al V. si deve essere sovrapposto dopo la caduta dell’Impero un cenobio dei seguaci del santo di Norcia.
Siamo pronti adesso per continuare il discorso della tipicità esclusivamente nazionale del campanile non integrato alla chiesa. Nel resto dell’ambito continentale le torri campanarie fanno un tutt’uno con il fabbricato religioso. Gli schemi architettonici usuali sono l’affiancamento alla facciata di due campanili, uno per lato, e il collocamento del campanile al di sopra dell’ingresso all’edificio ecclesiastico; esempi di questi modi di posizionare le torri campanarie ci sono, pochi, anche da noi. Per quanto riguarda la prima tipologia abbiamo i due campanili agli spigoli del fronte della parrocchiale di S. Giuliano del S. e del santuario mariano di Castelpetroso e proprio quest’ultimo che è in stile gotico e il gotico è una corrente architettonica nata in nord Europa ci fa capire che è un’esterofilia.
Per quanto concerne la seconda tipologia quale semplificazione si prendano la chiesa madre di Torella, la cappella di S. Maria ad Nives in località appunto Cappella a Baranello. Il fatto, lo si ammette, che il campanile sia indipendente dalla chiesa di S. Maria della Strada potrebbe far pensare che esso sia sorto successivamente all’edificio di culto come è successo alla chiesa di S. Nicola a Vastogirardi dove la non contemporaneità è evidente perché il campanile, sopraggiunto, penetra nello spazio sacro violentandolo per certi versi. Potrebbe essere un’ipotesi plausibile quella che campanile e chiesa a Matrice non siano coevi se non fosse il modo di sentire tutto italiano della distinzione fra chiesa e campanile.
Non conta tanto lo iato che intercorre fra essi quanto la necessità di avere manufatti non collegati strutturalmente al fine di evitare la trasmissione delle sollecitazioni indotte dalle campane sulla muratura dal campanile alla chiesa. Che i campanili qui da noi abbiano difficoltà a combinarsi con la fabbrica religiosa è perché in Italia è sempre stata forte l’influenza dell’architettura classica in cui non sono mai presenti componenti verticali, i templi si sviluppano esclusivamente in orizzontale, non era possibile conciliare il rispetto della tradizione architettonica tutta in piano con l’innovazione costituita da un’opera che ha quale dimensione prevalente l’altezza, solo il gotico punta in alto.
Passiamo ora ad un nuovo punto, quello della forma del campanile. Innanzitutto è da dire che generalmente sono a pianta quadrata (circolare è solo quello di Campodipietra, semicircolare solo quello di S. Polo) e quello di S. Maria della Strada lo è. Per Matrice bisogna evidenziare che il campanile sta staccato dalla chiesa per conservarne integra l’immagine, non sta sul retro.
Generalmente hanno pareti compatte con poche forature e così succede qui, le più grandi sono quelle della cella campanaria per favorire la propagazione del suono, il tetto può essere a bulbo, cuspidato su base esagonale o ottagonale, piramidale come a Matrice in cui il colmo è molto ribassato, a terrazza, ma forse è inutile proseguire con l’elencazione delle caratteristiche che può avere un campanile, il campionario è troppo variegato, esso è stato per secoli un campo di sperimentazione architettonica e lo sarà anche in futuro poiché irriducibile a un modello prefissato. Alla stessa maniera è inutile cercare una regola fissa di affiancamento di campanile e chiesa, le soluzioni sono tantissime tra cui quella singolare di Matrice.
Francesco Manfredi Selvaggi643 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
0 Comments