Cappella isolata quanto basta

di Francesco Manfredi-Selvaggi
Si parlerà della proliferazione dei luoghi di culto in età cristiana contro il numero limitato di santuari sanniti. Tante chiese nel territorio rurale non legate quindi ad insediamenti abitativi e però legate ad altre chiese anch’esse rurali poste a distanza, la leggenda delle 7 sorelle. Il caso di S. Massimo (ph. Le 3 statue che vanno in processione dalla chiesa-madre alla Cappella di S. Maria delle Fratte)
La società è in trasformazione, il calo demografico fa il paio con il cambiamento del sistema economico ormai non più imperniato sul settore primario, ma i riferimenti religiosi rimangono gli stessi che nel passato. Si è aggiunto, in verità, un altro luogo di culto, la Basilica Minore di Castelpetroso ultimata agli inizi degli anni 70 del secolo scorso e da allora diventata l’episodio primario della cristianità in quest’area. Essa è situata poco distante dalla nostra chiesa, appena 3 comuni più in là, sempre alle pendici del Matese. S. Maria delle Fratte, così si chiama la struttura chiesastica in questione, nonostante da diversi anni ne sia interdetto l’accesso causa il pericolo di crollo, rimane un’architettura religiosa assai sentita dalla popolazione locale.
Mentre altri edifici ecclesiastici a S. Massimo hanno cambiato utilizzo, si tratta di 2 chiesette ai margini dell’abitato, l’una comunale, S. Rocco, l’altra privata, S. Filomena, la Cappella come la chiamano i sanmassimesi rivela un forte spirito di permanenza in barba alle difficili condizioni statiche che ne impediscono l’accessibilità; i riti in occasione della festività si svolgono, si spera momentaneamente, all’esterno. Alla stessa maniera resiste la tradizione della processione/pellegrinaggio che compiono i fedeli nella ricorrenza della festa della divinità, a dispetto di coloro che ritengono che, specie il pellegrinaggio, sia una manifestazione devozionale arcaica; qualche decennio fa vi fu un parroco che non ne condivideva lo svolgimento.
Non è da poco, è bene rimarcarlo, questa faccenda della continuità del culto in un certo posto perché non è stato così in ogni momento storico, in particolare, è evidente, nel passaggio dall’era pagana a quella cristiana quando si è registrata la scomparsa dei siti sacri del paganesimo; le eccezioni, che comunque confermano la regola, sono quelle di S. Pietro in Cantoni a Sepino e Piana dell’Angelo a Vastogirardi dove sul podio dei vecchi templi si sono sovrapposte nuove chiese. Visto che siamo nell’argomento sottolineiamo pure che tale prosecuzione della destinazione religiosa di quel punto avrebbe potuto in linea teorica interessare solo limitati così, i 2 citati e nulla più, in quanto il numero dei fabbricati ad uso cultuale legati alla fede cattolica è molto superiore a quello delle opere templari sannite.
Infatti furono costruite con l’avvento del cristianesimo tante chiese, oltre che nei centri urbani anche in campagna, è campagnola S. Maria delle Fratte. L’impianto della maggioranza di queste sedi di preghiera deve essere avvenuto in età paleocristiana; in seguito piuttosto che procedere alle ulteriori realizzazioni si è avuto l’ “aggiornamento” di quelle esistenti, specialmente all’interno con l’applicazione di stilemi barocchi, una sorta di addobbo, lasciando spesso invariato l’esterno come dimostra proprio la Cappella in oggetto con la facciata che conserva il portale gotico. Nell’ambito agreste compaiono, in ordine sparso, svariate cappelle e cappelline quasi fosse in atto un processo di cristianizzazione del territorio.
Non è da ritenersi che la loro ubicazione sia legata alla necessità di fornire un servizio, per soddisfare al fabbisogno religioso, alla comunità insediata nell’agro e lo attesta, in modo sicuro, la posizione isolata di S. Maria delle Fratte che è lontana dalla popolosa borgata Canonica. La Cappella manca peraltro di un campanile a torre, ha una semplice veletta sostenente la campana, il quale avrebbe permesso di richiamare coloro che abitano nelle campagne prossime in occasione delle celebrazioni rituali. S. Maria delle Fratte sta lì in alto per garantirsi, torre campanaria o meno, una forte visibilità permettendo a chi vive vicino o lontano di scorgere la “Dimora” della Madonna.
La sua vista è un invito all’amore verso Maria non solo alla scala locale, ma ad una molto più ampia in quanto quella delle Fratte appartiene alla catena delle Sette Sorelle, 7 Marie che in una versione si traguardano visivamente tutte insieme, una reciprocità di sguardi tra le Madonne componenti la serie predetta, e in un’altra versione si traguardano con gli occhi a due a due, la prima che è giustappunto S. Maria delle Fratte, dunque fa la capofila, con la seconda che è S. Maria delle Macchie (da sottolineare che macchia e fratta significano la stessa cosa) e quest’ultima con la Cappella della omonima località di Baranello e così via. È più realistica la seconda versione. In definitiva, deve essere qualcuno che proprio non la vuole vedere a non notarla.
Per quanto riguarda la localizzazione, la sua ubicazione in un luogo a sé stante, appartato si esprimono le considerazioni che seguono. L’unica costruzione vicina, ad ogni modo a debita distanza, è il casino Selvaggi il quale è baricentrico di una vasta tenuta signorile; per tale ragione, l’appartenenza ad un’unica proprietà, ci troviamo in una sezione dell’agro sanmassimese che non è stata investita dal fenomeno dell’appoderamento con conseguente diffusione delle case contadine. È una condizione ideale per una chiesa che ha l’ “ambizione” di assurgere al ruolo di santuario. Il santuario deve, per statuto, rifuggire dagli ambienti troppo antropizzati per consentire ai suoi frequentatori un’esperienza spirituale profonda permettendo alle persone di isolarsi dai problemi quotidiani, dalle preoccupazioni che si nutrono nel “tempo ordinario” capaci di disturbare la contemplazione del divino, di distaccarsi dalle ambasce di ogni giorno.

Francesco Manfredi Selvaggi661 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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