S. Massimo: l’ubiquità di una festa mariana

di Francesco Manfredi-Selvaggi

 

Le festività nelle quali si venera S. Maria delle Fratte sono molteplici, all’inizio erano 3, poi sono diventate 2 e adesso 1 sola. Ciò, comunque, non significa che il culto di tale Madonna sia meno sentito dalla comunità locale. La Madre di Dio non è solitaria, richiede compagnia e perciò è affiancata da S. Giovanni e S. Lucia (Ph. Giovanna De Gregorio-Un momento della processione) 

La festa si celebrava originariamente in due domeniche, non in una sola come da qualche decennio in qua. Le due domeniche erano la prima e la seconda domenica di settembre, oggi è unicamente la prima domenica. Secondo una antica tradizione nella prima i festeggiamenti si svolgevano interamente in paese, mentre nella seconda ci si spostava in campagna, nella località dove sorge la chiesa di S. Maria delle Fratte; attualmente la festa che abbiamo detto si tiene la prima domenica del mese ha luogo nel luogo, una ripetizione obbligata, in cui è ubicata la Cappella. Due feste in una poiché l’organizzazione della giornata prevede tanto la processione nel centro urbano quanto il corteo processionale che raggiunge la collina che ospita sulla sua sommità l’edificio di culto dedicato a questa Madonna.

In verità in antico le festività erano tre, non due, una in più perché era una festività anche il giorno del trasporto delle statue che avevano stazionato nelle stagioni fredde, cioè per gran parte dell’anno, nella Cappella, verso la chiesa-madre per trascorrere l’estate. La data del trasloco è il 24 giugno in cui si venera S. Giovanni, una delle statue di santi, l’altra è S. Lucia, che insieme a quella della Madonna, è chiaro la protagonista principale, sono oggetto di tale andirivieni; dall’abitato alla Cappella e all’incontrario. I due traslochi coincidono con l’inizio e la fine dell’alpeggio durante il quale gli uomini permangono in montagna con le greggi al pascolo negli altopiani matesini, c’è qualche relazione tra le cose.

Era un’usanza quella di scambiarsi l’invito a pranzo tra famiglie della borgata Canonica e altrettante famiglie residenti nel capoluogo comunale, le seconde ospitavano le prime quando le celebrazioni avvenivano nel borgo e viceversa. C’era pure chi al termine della manifestazione religiosa si fermava in loco, cioè nelle vicinanze della Cappella, approfittando del giorno festivo per fare una scampagnata. Il racconto finisce qui e ora si inizia a fare alcune considerazioni. La prima richiede un preambolo: in epoca recente si sono attrezzati, all’identica maniera delle località meta delle gite fuoriporta, alcuni stand gastronomici dove si propongono panini di vario tipo alla stregua di street food.

Il profano e il sacro, in prossimità della chiesa che è chiusa per problemi statici, non lontano dalle bancarelle viene impiantato un tendone in cui si tiene la messa. Ciò e nessun altro sforzo organizzativo è richiesto per lo svolgimento della festa, il tutto si esaurisce con un breve percorso processionale intorno all’edificio di culto e, in conclusione, con gli immancabili fuochi pirotecnici. Perciò in poco tempo il sito ritorna alla sua condizione ordinaria, alla quiete che lo caratterizza, non c’è alcuna struttura stabile come succede nei santuari. La seconda considerazione, la prima, lo si sarà inteso, è quella appena esposta, è che questa festa è un momento in cui si ha il rinsaldamento dei rapporti comunitari favorendo il mantenimento dei contatti tra chi continua a vivere a S. Massimo e coloro che originari di questo comune si sono stabiliti altrove, fuoriusciti per ragioni di lavoro, e che fanno rientro al paese natio in occasione di questa ricorrenza.

I legami si riannodano non solo tra le persone del nostro tempo, ma pure con le generazioni passate. Nei santuari di recente istituzione, si prenda, ad esempio, quello di S. Giuseppe Moscati a Forli del Sannio non si avverte, poiché nati da poco, l’afflato stimolato dall’entrare in contatto con i propri antenati, di avvertire il sentimento di condivisione della fede nell’entità divina, qui la Madonna lì il santo medico, con quanti ci hanno preceduto; questo fatto è fonte di ispirazione specie se li consideriamo, gli avi, modelli di vita. Una terza considerazione è che la devozione a S. Maria delle Fratte non è solo dei sanmassimesi ma coinvolge da sempre, in precedenza più che adesso, anche tanti cittadini di Castellone di Boiano e di Cantalupo i quali vollero contribuire negli anni 60 del secolo scorso, inviando soldi dalle “americhe” dove erano emigrati, al rifacimento del pavimento della Cappella (ad esclusione del presbiterio, la cui pavimentazione attuale è stata donata da donna Marianna Piccirilli) come attesta una tabella apposta all’ingresso della stessa.

È presumibile che i devoti residenti in questi comuni confinanti con S. Massimo si rechino al Suo cospetto per pregare quando la Madre di Dio staziona in questa chiesa di campagna non mentre sta esposta nella chiesa parrocchiale. Una Madonna di più comunità, distinte anche se non separate, non di un’unica grande comunità. La Cappella è al centro di un triangolo ideale con i lati uguali fra loro, ovvero equivalenti per lunghezza, in mezzo tra Castellone, Cantalupo e S. Massimo il quale ultimo perciò non può rivendicare l’esclusiva della venerazione, qualcosa di simile al campanilismo religioso. Con l’avvento della motorizzazione di massa peraltro le distanze si sono annullate e così non conta se un nucleo abitativo sia più o meno lontano dalla nostra chiesa per sentirla nel proprio cuore. Essa vigila anche il tratturo Pescasseroli-Candela che corre in basso, in linea d’aria assai prossimo.

Francesco Manfredi Selvaggi659 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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