Borgo murattiano, da quartiere periferico a centro urbano

di Francesco Manfredi-Selvaggi

È questa, in effetti, l’evoluzione che ha avuto questa parte di città che in duecento anni di vita è stata capace di assurgere al ruolo di fulcro dell’agglomerato insediativo. Da quando Campobasso è diventata sede di Regione tale ambito ha incrementato, in qualche modo, la sua centralità, che ora non è più relativa solo a questa città, ma all’intero Molise.

L’atto fondativo di una città, di certo, era prerogativa di un Re, mentre sembra eccessivo che anche per l’ampliamento di un abitato si dovesse scomodare il capo di un regno. Eppure è così, tanto che per realizzare il Nuovo Borgo di Campobasso fu necessaria l’autorizzazione regia che venne concessa da Gioacchino Murat nel 1812. Il sovrano non decise solo sull’opportunità di estendere l’insediamento urbano, cosa del resto scontata perché nel 1806 Campobasso era diventata il capoluogo della provincia, ma pure sul piano urbanistico da adottarsi.

Essendo un ufficiale di Napoleone il quale lo aveva posto sul trono del regno di Napoli, egli optò per il progetto di Berardino Musenga invece che per quello del suo concorrente, l’olandese Wan Rescant, perché più aderente alla temperie illuministica che informava la cultura dell’epoca. Promosso dai pensatori e dai riformatori francesi si era andato affermando un modo di sentire dominato dalla “ragione”e la razionalità, di conseguenza, è la guida delle attività umane tra le quali vi è pure quella della progettazione degli insediamenti; il disegno antagonista, quello di Wan Rescant, segue, invece, ancora i dettami dell’architettura barocca e, perciò, viene scartato.

Ciò che non era oggetto di competizione era la scelta del sito, la quale era obbligata essendo disponibile, a seguito dell’abolizione, nei medesimi anni, della transumanza, il suolo del tratturo che passava ai margini del sobborgo sorto fuori le mura medioevali. Oltre alla disponibilità della superficie, la quale era ampia in quanto qui la pista tratturale si allargava per ospitare le fiere che si svolgevano in occasione del passaggio delle greggi, per edificare un quartiere (tale è, infatti, il Borgo Murattiano e non un’entità urbana a sé stante) era opportuno che il luogo fosse piano per minimizzare i costi di urbanizzazione i quali, inevitabilmente, si incrementano se per costruire occorre prima modellare il terreno.

Un semplice inciso: anche uno slargo per lo svolgimento del mercato deve essere pianeggiante. Non sarebbe stato possibile trovare un altro spazio nelle vicinanze del nostro centro con simili caratteristiche morfologiche (salvo smentirci in seguito!) essendo il territorio di questa parte della regione di tipo collinare; le uniche pianure sono quelle delle fondovalli dei maggiori fiumi. Non guasta il fatto che l’appezzamento di terra prescelto fosse privo di vegetazione arborea come si conviene ad un tracciato tratturale il quale è destinato, insieme alla percorrenza, al pascolamento.

Favorisce, poi, un’organizzazione regolare dell’aggregato edilizio la circostanza che l’area individuata abbia forma pressoché rettangolare. Conta, inoltre, il fatto che tale piano non sia attraversato da un corso d’acqua e neanche lambito, sia perché il corpo idrico qualora fosse al suo interno costituirebbe un elemento che ne interrompe la continuità sia per il pericolo di allagamento, e ciò avviene non di rado in un pianura che solitamente è di origine fluviale; il nostro caso è a parte in quanto qui la piana è più propriamente un altopiano con i suoi 700 metri di quota.

L’essere pianeggiante di tale zona è un vantaggio anche per un altro aspetto che è quello che la rete viaria che si andrà ad immaginare potrà essere costituita da aste lineari le quali vanno a favore di una ordinata disposizione delle case da realizzarsi. Per quanto riguarda la viabilità si ritiene utile una sottolineatura che è la seguente: si ammette, pur a costo di smentire quanto precedentemente affermato, che vi sarebbe stata una diversa zona dotata di suolo piano ed è Fontanavecchia che, però, pur non essendo troppo distante dal nucleo storico è separata da esso dal Monte S. Antonio, ma soprattutto è lontana dalla principale direttrice stradale, verso la capitale dello Stato, lungo la quale si posiziona, al contrario, il Nuovo Borgo.

Non dovrebbe essere così per un intervento pianificato qual è quest’ultimo, bensì un fenomeno limitato agli episodi edilizi (si rimarca la parola episodi) di iniziativa individuale i quali tendono ad attestarsi su una strada esistente, l’infrastrutturazione di cui si ha bisogno per costruire. Non per motivi pratici del tipo di quello che abbiamo visto si è spinti ad insediarsi lungo le più significative arterie di comunicazione innanzitutto per i flussi di persone, merci, informazioni che vi transitano e ciò non è stato, probabilmente, secondario nella individuazione del posto dove sviluppare Campobasso.

Fontanavecchia, peraltro, non va bene per il suo orientamento topografico, a nord-ovest, con la Colina Monforte che riduce il numero di ore di soleggiamento; il Piano delle Campere, si svela la denominazione della località che si è preferita, si presenta del tutto salubre con la luce solare tutto il giorno (va da ovest ad est) e la salubrità è un obiettivo che è stato tenuto ben presente dal Musenga nel disegnare questa specie di grande lottizzazione. I lotti sono comprensivi di giardino e se il privato è assicurato di una superficie a verde la quale tiene basso l’“indice” di fabbricabilità, il pubblico non è da meno in quanto a densità urbanistica per via dei due grandi “vuoti” situati nel centro l’uno destinato a piazza l’altro a parco.

Non si era mai visto fino ad allora in nessuna realtà insediativa molisana spazi comuni tanto ampi (forse, solo, piazza G. Pepe nella stessa Campobasso può reggere il confronto). È questa delle superfici non “coperte” l’eredità più consistente che ha lasciato la pianificazione ottocentesca voluta da Murat alla città attuale o, quantomeno, alla sua parte centrale la quale, comunque, è il cuore della struttura urbana. Un’immediata constatazione è che la maglia dei percorsi i quali hanno una sezione consistente risulta idonea tuttora, in piena età dell’automobile (va segnalato che, opportunamente, si è reso non carrabile, bensì solo pedonale, il Corso); anche quello del traffico, in quel tempo delle carrozze, deve essere stato un problema che Musenga intendeva risolvere.

Le erte pendenze dell’agglomerato antico superabili unicamente mediante gradinate contrapposte alla piattezza del Borgo Murattiano sono l’evidenziazione maggiormente efficace dal punto di vista percettivo dei cambiamenti messi in moto dal Murat due secoli fa. Guardando l’aspetto architettonico si nota una densificazione dell’area che non è stata riempita, come inizialmente stabilito, dai fabbricati unifamiliari al posto dei quali si sono eretti immobili plurifamiliari, con l’eccezione del palazzo destinato a sede del Tribunale Amministrativo; vi è stata una qualche rifusione dei lotti e, innanzitutto, una crescita in altezza dei volumi. Nonostante ciò l’impianto planimetrico progettato dal Musenga ha tenuto e nonostante il mutamento del significato della piazza per via del subentro del Municipio al Monastero della Libera con tutto ciò che, inevitabilmente, si porta dietro.

Francesco Manfredi Selvaggi641 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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