Tratturo, percorso o pascolo?

di Francesco Manfredi-Selvaggi

La risposta è entrambe le cose, almeno durante la transumanza. Più appropriate delle pietre miliari appaiono i cippi che ne segnano i confini.

Nel tratturo, il quale è concettualmente a metà tra una via e una superficie pascoliva di tipo lineare, troviamo ai suoi bordi, di tanto in tanto, più frequentemente a Pescolanciano, all’estremo e dentro l’area urbana, dei cippi lapidei che potrebbero essere scambiati per pietre miliari e che, invece, sono dei “termini” posti a segnare il confine del suolo demaniale. Ciò lo si deduce dal fatto che in essi non è indicata la distanza del percorso da compiere, bensì l’anno in cui è stata effettuata la Reintegra (le Reintegre sono state 3, la prima all’inizio dell’’800 subito dopo l’abolizione della transumanza, la seconda a metà del secolo e la terza nel periodo post-unitario), mentre sul retro vi è la sigla RT, Regio Tratturo.

In effetti, oggi non avremmo alcuna utilità da un’iscrizione che riportasse le misure in scala napoletana perché per noi non più comprensibili, ma certo sarebbe comodo per gli escursionisti trovare lungo le aste tratturali una segnaletica con il chilometraggio e, magari con i tempi di percorrenza (possibilmente non in giornate di cammino come riportato negli atti della Dogana di Foggia, ma in ore perché gli itinerari lungo i tratturi sono già di per sé frequentemente giornalieri, essendo rari i trekking, quindi camminate di più giorni, come quello effettuato quest’estate dal Club Alpino Italiano sezione di Campobasso).

Nella tabellonistica sarebbe poi opportuno che venisse segnalato quanto dista la prossima fontana e, magari, la presenza, proseguendo nel tragitto, di strutture ristorative e ricettive. In ispecie sul Celano-Foggia che corre lontano dai paesi e meno male che come sperimentato nella settimana “itinerante” del CAI dello scorso agosto vi è, seguendolo, una attività agrituristica in località Piana S. Mauro. Le cose vanno diversamente, almeno nel tratto interessato dalla vacanza, per così dire, deambulante del Club Alpino Italiano, per quanto riguarda il Castel di Sangro-Lucera che è tangente ad alcuni centri abitati (Pescolanciano, Civitanova, Duronia e Torella, altrettante tappe del cammino agostano di questa associazione).

Se è vero, di qui la necessità di cartelli indicatori, che in certi pezzi la pista tratturale non è distinguibile in quanto invasa dalla vegetazione è pur vero che una volta imboccato il tratturo non ti depista, non potendosi confondere per l’ampiezza della sua sezione trasversale quando conservata nella sua integrità con le carrerecce che incrocia e, a maggior ragione, con i sentieri campestri.

Le tabelle con le notizie riguardanti il camminamento vanno posizionate al centro del tratturo, anche perché la fascia centrale era quella deputata al passaggio delle persone, una sottile striscia mentre tutta la restante parte del demanio tratturale era lasciato al pascolamento delle greggi transumanti; dunque i segnali da apporre hanno una funzione ben diversa da quella, che è di natura patrimoniale, non a servizio dei viandanti, dei limiti in pietra di cui si è detto.

Una guida per riconoscere il sedime tratturale sarebbero state le siepi e i filari di alberi al contorno i quali oggi, però, non sono distinguibili poiché, di frequente, inglobati nella massa arborea cresciuta spontaneamente lì dove non viene praticato il pascolo da tempo e non è stato ricondotto a coltura per via dell’affidamento, con le concessioni triennali, agli agricoltori. Le “rive” del tratturo proprio come quelle dei fiumi, elementi del paesaggio entrambi che si sviluppano linearmente, sono qualcosa dotata di un certo spessore, non potendosi ridurre ad un tratto sottile che ne fissa il perimetro, per quello che succede fuori allo stesso: lungo i bordi dei tratturi, attaccati ad essi, si installano manufatti edilizi non si capisce per quale ragione, accettando la penalizzazione in base alla normativa odierna di non poter aprire finestre sui fondi altrui e che probabilmente vigeva pure all’epoca della Dogana considerato il tratturo alla stregua di una proprietà privata seppure appartenente alla mano pubblica.

Una spiegazione plausibile è che accostandosi al suolo tratturale si poteva usufruire, per raggiungere la costruzione, della Via Regia, l’unico tratto del tratturo destinato alla circolazione, oltre che dei pastori, di chiunque. Le esigenze adesso sono cambiate in materia di trasporti e questo tracciato viario non è funzionale al traffico automobilistico per cui ognuno di questi fabbricati si è dovuto dotare di un proprio stradello collegato con la viabilità comunale il quale si conclude proprio al limitare del tratturo, quasi tanti rivoli, per rimanere all’immagine del corso d’acqua, che si immettono nel demanio tratturale, e, in sostanza, sono altrettante “strade senza uscita”.

Case così ne troviamo a Salcito, Pietrabbondante e Civitanova, alla Scalzavacca non distante dal ponte di Sprondasino, l’areale del viaggio a piedi compiuto dai soci CAI. Riprendendo il filo del discorso, dopo questo approfondimento sui segni fisici che consentono di avere la certezza di trovarsi sul tratturo, che è quello della segnalazione con appositi pannelli della progressione del percorso tratturale si deve dire che allorché la Via Regia risulta asfaltata l’amante dell’escursionismo preferisce cercare delle alternative e ciò ha fatto il CAI nella sua “settimana verde” per evitare la strada carrabile con sottofondo in asfalto che segue il Celano-Foggia tra il bivio per località Fratte di Pietrabbondante fino all’innesto sull’Istonia e ciò pone problemi alla pianificazione della segnaletica escursionistica.

Il camminare è un gesto eversivo non solo perché si oppone agli stili di vita dominanti, ma pure perché più concretamente richiede l’infrazione di norme del Codice della Strada come nel caso dell’attraversamento della Statale Istonia (non ci si è accorti dello scavalcamento della linea ferroviaria in quanto in galleria a Fonte Curelli a Carovilli) per passare, a volte, come da Torniello per raggiungere Coperchiata, ambedue in agro di Pietrabbondante, è necessario scavalcare delle recinzioni con filo spinato (in verità è stato facile per via di una chiudenda) non si sa quanto collocate legittimamente.

L’atto più dirompente è stato però quello di bypassare la Diga di Chiauci al di sotto della quota di “massimo invaso”. Forse, però, è lo stesso camminare sui tratturi a risultare una trasgressione, snobbati come sono stati in precedenza dagli stessi escursionisti perché un cammino troppo facile, accorgendosi da poco dei motivi di interesse che rendono attraente la loro frequentazione.

Francesco Manfredi Selvaggi580 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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