Il Cardarelli che tipo, edilizio, è, a torre o in linea?

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Anche in quest’ultima ipotesi rimane significativa la dimensione verticale. Pure per quanto riguarda l’entrata la questione dell’altezza è importante perché essa è un segno distintivo dell’ingresso, il quale è risolto in maniera diversa nel nosocomio pubblico e in quello privato, la ex-Cattolica.

La prima cosa che colpisce nell’edificio ex Cattolica è l’ingresso e non solo perché è la prima cosa in cui ci si imbatte. Colpisce sia per la sua, per così dire, appariscenza, una grande parete vetrata, sia perché l’esperienza visiva acquisita dai campobassani è la scarsa importanza attribuita, di certo dal punto di vista formale, per edifici simili all’ingresso nella composizione della facciata.

Nel Cardarelli, almeno in precedenza, cioè precedentemente all’aggiunta del camminamento coperto che parte dal casotto della guardiania, l’entrata non aveva alcuna rilevanza visiva, era appena percepibile guardando il fronte di questa struttura ospedaliera; la sua altezza è contenuta, ben inferiore a quella della ex Cattolica la quale è a tutt’altezza, ovvero alta quanto l’intero fabbricato. Il senso comune vorrebbe che vi fosse un rapporto tra dimensione dell’entrata e dimensione del volume architettonico, regola che nel caso in questione o meglio nei due casi, Cardarelli e ex Cattolica, non viene rispettata: se l’ampiezza è analoga non lo è l’elevazione e ciò a favore dell’ex Cattolica nonostante che essa sia più piccola del nosocomio pubblico.

Al di là, stiamo parlando della ex Cattolica, della giustificazione funzionale, che vedremo esiste, ve ne può essere una di tipo psicologico, quella di voler enfatizzare il momento in cui si varca la soglia della struttura passando così dal mondo ordinario ad uno speciale, quello dell’assistenza sanitaria. La porta del Cardarelli, invece, lo si ribadisce, non è per nulla evidenziata in facciata, quasi non si coglie nella visione complessiva del manufatto ospedaliero; immaginificamente è un po’ come se gli utenti penetrassero attraverso qualche pertugio nascosto all’interno dell’ospedale, apertura della cui ubicazione ci si rende conto seguendo il flusso di persone dirette o provenienti da tale punto.

Non è solo la comparazione con la ex Cattolica a fare emergere tale singolarità, lo è infatti, allargando lo sguardo, il raffronto con l’interezza della produzione edilizia, pubblica e privata, storica e moderna. Nelle architetture auliche il portone è in bella mostra nel mezzo del fronte del fabbricato, ma anche nei supermercati con l’insegna sovrapposta all’ingresso, nei palazzi delle istituzioni con le bandiere posizionate nel piano superiore in asse con l’entrata, nelle case tradizionali in cui il balcone serve a proteggere chi entra dalle intemperie e così via.

Bisogna, però, essere giusti e ammettere, avevamo già, in qualche modo, messo in guardia su questo aspetto, che in una struttura architettonica tanto elevata (il “grattacielo” è l’unico comparabile nella nostra città) l’entrata comunque la si voglia fare grande non riesce mai ad imporsi nella veduta del prospetto. In precedenza avevamo pure accennato che per la ex Cattolica vi è una ragione legata alla funzione, e che, pertanto, non è unicamente una questione di disegno della parete, nel fatto che l’ingresso sia così “importante”: la vetrata che lo definisce coincide con il vuoto che si ha all’interno il quale è una specie di piazza coperta, non un semplice atrio come nel Cardarelli.

Ciò che si sta per dire ora potrebbe sembrare una smentita di quanto si è affermato fino ad adesso e cioè che l’accesso al Cardarelli sia fuori scala rispetto al fabbricato (non per la larghezza!). La verità vera, autentica, è che esso è sottodimensionato, in effetti, figurativamente nei confronti dello stabile preso per intero e, però, non della sua parte bassa che ne costituisce, sempre in senso figurativo, il basamento; si tratta di un corpo autonomo seppure integrato al resto dell’edificato, sporgente da esso, che in gergo si denomina “piastra” in cui sono alloggiati i servizi generali di questa poderosa “macchina” sanitaria.

Tra questi vi è proprio l’entrata con la reception. Oltre ad essere una precisazione doverosa la considerazione che si è espressa, introducendo il tema della piastra, ci permette di passare ad un’altra questione; non è semplicemente un escamotage retorico perché vi è una certa conseguenzialità tra quanto si sta per scrivere e quanto si è discusso innanzi. Il filo conduttore del discorso è il medesimo poiché pure in seguito discuteremo di altezze, non riferendoci più a quella del portale, bensì dell’immobile nel suo complesso.

Ci sarà ancora utile il paragone con la ex Cattolica. La piastra si protende al di fuori della pianta dell’opera come si configura nelle quote superiori nel lato frontale, mentre è collimata alla impronta a terra dei livelli successivi negli altri lati. Si ottiene, quindi, l’effetto di ripartizione in due fasce orizzontali del fronte principale, quello di monte, per via dell’avanzamento della piastra, una più corta e una più alta, molto maggiore della prima, peraltro con differenti materiali in facciata; ciò determina una riduzione, per le leggi della percezione, della mole del fabbricato.

Da valle esso appare, mancando la mediazione della piastra e a causa dell’emersione alla vista dei piani seminterrati i quali per via dell’inclinazione sostenuta del terreno sono plurimi, significativamente più elevato. L’impressione che si ha, costituita com’è la superficie verticale da pannelli prefabbricati in calcestruzzo con abbondante dosaggio di ghiaia, è quella di una grossa muraglia. In specie se la si vede da sotto che è, poi, un angolo di osservazione privilegiato passandovi la superstrada perché è reso più importante dalla sua ubicazione in cima alla collina di Tappino.

Tutto quanto ciò non accade per la ex-Cattolica che è adagiata lì dove Montevairano spiana sia perché ha un minor numero di piani sia per la sua superiore distanza dalla strada di grande comunicazione sia per l’essere immersa in un bosco che occulta alla vista da lontano la striscia di muro inferiore dell’edificio. La ex-Cattolica appartata com’è partecipa poco alla definizione dello skyline di quest’area periurbana sensibile perché precede l’arrivo in città provenendo da Roma o da Napoli, al contrario del Cardarelli che condiziona il paesaggio del rilievo alto collinare soprastante il capoluogo regionale.

Il Cardarelli rappresenta una autentica barriera fisica per il suo andamento allungato, una notevole volumetria disposta longitudinalmente a seguire le curve di livello sommitali del colle, nelle visioni panoramiche che si aprono e che, nel contempo, essa chiude prima di introdursi nella galleria di Lama Bianca, dalla principale arteria viaria che raggiunge la “capitale” del Molise.

Non doveva produrre il medesimo effetto nelle sue prime fasi di vita poiché il nostro nosocomio, da un nucleo iniziale caratterizzato da una tipologia architettonica, tutto sommato, “a torre”, con i lotti successivi, complessivamente, si è andato definendo quale stecca edificata con l’aggiunta progressiva di corpi edilizi in affiancamento, adottando il tipo dell’edificio in linea e trasformando, pertanto, totalmente il suo aspetto esteriore che è, alla fine, il biglietto da visita di Campobasso.

Francesco Manfredi Selvaggi585 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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