Lettera di commiato per la scomparsa di P. Riccardo Tobanelli

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera di P. Antonio Germano, missionario in Bangladesh, dedicata alla scomparsa di un suo confratello con il quale ha condiviso 40 anni di impegno a fianco dei Dalit (gli “scartati”), le persone più povere ed emarginate di quella terra.

Caro Riccardo,
Sono qui accanto al tuo feretro e dinanzi ad una folla straripante, in cui predominano i giovani: Musulmani, Hindu e Cristiani. Piangono per la tua improvvisa ed inattesa partenza. La loro commossa presenza qui nel cortile della nostra casa regionale è una chiara testimonianza di quanto la tua azione missionaria sia penetrata nella loro vita. Durante tutta la mattinata si sono alternati dinanzi a te rivestito nei tuoi paramenti di ministro di Cristo e steso sul pavimento della nostra cappella di Boyra, dove nei nostri numerosi anni di missione ci siamo ritrovati tante volte insieme a pregare. Essi hanno pregato e pianto come si prega e piange dinanzi alla salma del papà o della mamma.

Il nostro superiore P. Pierluigi Lupi mi ha chiesto di evocare i tratti salienti della tua vita missionaria prima che il Vescovo Romen inizi la celebrazione esequiale. Non avrei mai immaginato che l’alunno se ne sarebbe andato prima del maestro ed invece è accaduto proprio così. Noi ci incontrammo la prima volta a Cremona in quella che era allora la gremita Scuola Apostolica di Via Bonomelli 81. Era il lontano 1969. Tu avevi 14 anni ed io ne avevo 30. Voi eravate un bello squadrone, 29 in tutto tra voi che provenivate dalla Scuola Apostolica di Brescia e quelli che provenivano da Alzano Lombardo. Io provenivo dalla Scuola Apostolica di Vicenza, dove avevo trascorso i miei primi 4 anni di sacerdozio. Ero perciò anch’io nuovo a Cremona col compito di insegnare Italiano e Latino in prima magistrale. E così per 4 anni camminammo insieme sul sentiero della vita.

Erano gli anni favolosi successivi al Concilio e si respirava un’aria di risveglio un po’ a tutti i livelli. Nella comunità di Cremona si era creata un’atmosfera stupenda tra padri e studenti. I padri, sotto la spinta illuminata del rettore P. Giovanni Ferrari, avevano dato vita a quella che poi chiamammo poi “comunità educativa”. Si programmava e si operava insieme nell’interesse formativo degli studenti. Tutti gli aspetti della vita erano tenuti in considerazione: l’educazione era vista in prospettiva di quello che sarebbe stato il coinvolgimento del futuro missionario nella vita della gente. Ci si trovava assieme a scuola e nei tempi di preghiera, sui campi di gioco e su quelli di lavoro.

Era tutto un fervore di iniziative in quegli anni. Si organizzavano raccolte di carta e materriale di scarto in città e nei paesi. Si vendeva il bel tutto ed il ricavato era destinato a quello che allora era chiamato “Terzo Mondo”, dove operavano i nostri missionari. E tu, Riccardo, eri sempre in prima fila in questo tipo di iniziative. Un episodio in particolare era rimasto impresso nelle nostre menti. In una di quelle raccolte organizzate nel comune di Vescovato, tu ti trovavi sul furgone ed io ti porgevo il materiale da caricare. Mi era capitato fra le mani un bidone di plastica, che conteneva residui di olio di macchina. Caricandolo un po’ sbadatamente, tu mi hai rovesciato addosso il contenuto e così mi son ritrovato nero nella faccia e nei capelli. Sul momento non fu certo un complimento, ma, in seguito, ricordando l’episodio, ci abbiamo riso sopra, anche qui in Bangladesh.

Hanno poi un sapore epocale le marce organizzate a livello nazionale per la pace ed in favore del Terzo Mondo. Memorabile quella di Firenze del 1972 con la partecipazione del Card. Helder Camara e dell’Abbé Pièrre. C’eravamo anche noi con i 18 mila che sfilarono per le vie di Firenze! Poi tu, Riccardo, insieme ai tuoi compagni sei andato a Parma per il percorso teologico, che ti avrebbe portato al sacerdozio nel dicembre del 1979. Nel frattempo io svolgevo già la mia missione a Borodol, in Bangladesh, dove tu mi raggiungesti nel 1982.

1982-2021: quasi 40 anni di missione! Raccontare questa tua lunga storia diventa impresa ardua per me ormai al traguardo degli 82! Qualcuno dei confratelli più vicino a te negli anni saprà farlo meglio di me. Mi fermo perciò qui, senza però aver prima sottolineato gli aspetti salienti, che hanno caratterizzato la tua missione. L’amore per gli ultimi, i Dalit, gli “scartati”, come tu li chiamavi, i ragazzi di strada (i tuoi “Tokai”) ti ha portato a donare e a consumare la tua vita per loro. Avevi già fatto il biglietto di rientro in Italia per dare una sistematina alla tua salute ed in questi primi giorni di maggio di tremendo caldo tropicale con la tua jeep avevi percorso dal nord al sud il Bangladesh, dove erano presenti le tue opere e la tua gente per sistemare ogni cosa prima della tua partenza. Penso sia stato proprio questo tuo strapazzo, un po’ fuori regola, a provocare il tracollo. Ma tutto questo penso rientri negli imperscrutabili disegni di Dio, dinanzi al quale non ci resta che piegare la fronte.

Il tuo amore per i poveri si coniugava con quel senso profondo di giustizia proclamato e difeso. Per la realizzazione delle tue opere a sfondo sociale le regole della comunità saveriana ti stavano troppo strette e tu spesso ne sei saltato fuori convinto che l’amore per il prossimo non può subire restrizioni. Il Signore della vita, in cui hai creduto e per il quale ti sei donato senza riserve, ti accolga nel suo Regno. Aspettaci e intanto prega per noi e per i tuoi TOKAI.

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