Traffico di attraversamento più che di penetrazione nel Molise
di Francesco Manfredi-Selvaggi
La viabilità di livello nazionale corre ai margini della regione. Le due autostrade sono, l’una, l’Adriatica, dentro i suoi confini, l’altra, la Napoli-Roma, al di fuori. Lo stesso vale per le linee ferroviarie. Le vie che penetrano dentro il nostro territorio, nella sua fascia centrale, sono sempre le stesse; per i treni il discorso è uguale.
Nel Molise non si è andati avanti in numero di strade di attraversamento del territorio regionale in paragone al passato, anzi si è andati un po’ indietro. Infatti, l’unico canale di comunicazione di scala sovraregionale davvero importante rimane quello litoraneo con la ferrovia e la statale adriatica che vi corrono affiancate già da oltre un secolo, alla quale si è aggiunta qualche decennio fa l’autostrada, sempre lungo l’Adriatico. Si tratta di collegamenti di rilievo nazionale perché servono a tenere unito, da questo lato della Penisola, da nord a sud il Paese.
Ha perso d’importanza, in concomitanza con la perdita d’importanza delle “aree interne”, la strada statale n. 17 che congiunge il rietino con il Tavoliere solcando, evidentemente per intero secondo tale direttrice, il suolo molisano e con essa la linea ferroviaria Sulmona-Carpinone-Boiano e quindi il beneventano, diventata oggi, il primo tratto, addirittura un “ramo secco”. Si è detto all’inizio che la regione registra un arretramento in termini di viabilità che la attraversa e ciò è tanto più vero se si includono in quest’ultima anche i tratturi i quali, se è certo che non sono specificamente destinati al transito delle persone e delle merci, bensì alle greggi, venivano, comunque, utilizzati pure per gli spostamenti pedonali sulla “via regia” posizionata di norma al centro delle piste erbose che dalle montagne d’Abruzzo portano in Puglia.
Andando indietro nel tempo troviamo nel capo opposto del Molise rispetto alla costa la Via degli Abruzzi, detta così perché dalla capitale dello stato borbonico arriva alle province abruzzesi, altrimenti irraggiungibili da Napoli. Il punto di partenza è propriamente Venafro. A questo proposito c’è da sottolineare che tale cittadina è stata da sempre la porta d’ingresso non solo alla regione confinante, ma alla nostra stessa regione. Questo è l’unico varco che introduce al Molise, da qualsiasi direzione, sia nella striscia costiera sia nella sua zona mediana sia nella dorsale appenninica, contrassegnato dalla presenza di una città; del resto, in epoche lontane il litorale che si è visto essere una fascia preferenziale di passaggio attraverso il Molise, una delle direzioni di cui sopra, era acquitrinoso e malsano tale da non favorire la nascita di insediamenti urbani, salvo Termoli che, però, è distante da entrambi i termini della regione, a metà strada tra quello con la Puglia e quello con l’Abruzzo.
Vale la pena evidenziare ulteriormente che Venafro marca l’entrata, da un lato alla Via degli Abruzzi e dall’altro all’interno della regione la cui rete viaria primaria ha una struttura ad albero con il tronco rappresentato dalla statale Venafrana e i rami delle varie diramazioni, ad Isernia quella della Trignina, a Boiano la biforcazione tra la Bifernina che va verso Termoli e il tratto che serve Campobasso che è un capolinea. Torniamo ora a noi, alla casella iniziale del discorso, quello sulla viabilità di attraversamento per sottolineare che essa, seppure non in modo sincrono, ha interessato le due ali della regione, ad est le infrastrutture viarie e ferroviarie della costa e ad ovest, di nuovo, la Via degli Abruzzi (di attraversamento per il Molise e di penetrazione per l’Abruzzo).
L’ambito centrale, lo si è accennato, non ha nessuna strada che l’attraversa da regione a regione, dall’Abruzzo alla Puglia, cioè superegionale; non è mai andato in porto il progetto della Transcollinare della quale sono stati realizzati esclusivamente alcuni spezzoni. Non si è affrontato finora un tema significativo delle arterie di attraversamento ed è il momento di farlo, quello della intercettazione dei flussi, di uomini e di beni, che vi transitano. È una questione cruciale per il Molise quella di sfruttare la propria collocazione geografica mediana nello Stivale, la capacità di arrestare una quota dei traffici che la solcano.
Gli antichi sapevano farlo come dimostra l’ubicazione dell’abbazia di S. Vincenzo al Volturno ai margini della Via degli Abruzzi che dovette essere anche un luogo di scambi per cui la sua prosperità è legata ai commerci tra le floride terre degli Abruzzi Citeriore e Ulteriore, si pensi allo zafferano, una preziosa spezia, e il capoluogo del reame. Forse a contribuire alla fine del “potere temporale” di questo monastero di età carolingia fu la deviazione del collegamento con l’Abruzzo verso il più agevole, di quello delle Rampe di S. Francesco, passo di Rionero S. previa la costruzione del ponte dei 25 Archi sul Volturno; ciò avvenne sul finire del Regno delle Due Sicilie per cui non vi è stato il tempo per sperimentare tale innovazione di tracciato dato che di li a poco si ebbe l’Unificazione dell’Italia e il contestuale venir meno del rapporto centro-periferia fra la città partenopea e le Province Napoletane.
Si è tentato di drenare una porzione della ricchezza che si muove dal settentrione al meridione anche sulla costa con la previsione, in era contemporanea, dell’Interporto vicino a Termoli che, purtroppo, è il caso di dirlo, non è andato in porto. Se le traiettorie fondamentali di percorrenza sono tangenziali al perimetro regionale è scontato che chi le segue non riesce a distinguere a pieno le peculiarità del territorio, addirittura a percepirlo in maniera precisa: può essere questa una delle ragioni che stanno dietro lo slogan «Il Molise non esiste».
Con uno sguardo diacronico si rileva che per quanto riguarda il versante occidentale della regione la dotazione di una attrezzatura viaria adeguata inserita nel sistema stradale nazionale risale alla dominazione romana, la via Minucia, mentre, ad oriente, l’infrastrutturazione trasportistica adriatica che interessa pure il nostro litorale è moderna. In un’ottica sincronica il quadro dell’organizzazione territoriale che si delinea è quello di una più alta densità di popolamento dei contesti prospicienti la marina e di quelli pedemontani, i monti sono l’Appennino; è una immagine speculare con l’elevata concentrazione di abitanti del basso Molise che si ribalta nell’asse che tiene insieme Venafro, Isernia, Boiano e, un po’ più in là, Campobasso. Qualche legame ci deve pur essere tra tale sbilanciamento demografico a favore dei due estremi della regione con la faccenda descritta delle aste di comunicazione maggiori poste anch’esse lateralmente al suolo regionale.
Francesco Manfredi Selvaggi640 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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