Pensiline a bordo strada per salire a bordo

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Quelle esistenti sono tutte prefabbricate, ma sarebbe auspicabile che esse divenissero oggetto di progettazione site-specific, al fine di assicurarne un corretto inserimento nel contesto paesaggistico. (ph F. Morgillo)

La pensilina è un oggetto che non è oggetto di progettazione architettonica, bensì preformato come lo sono una vasta categoria di cose: dai lampioni per l’illuminazione alle pale eoliche, dalle cabine spogliatoio negli stabilimenti balneari ai bagni autopulenti installati, ad esempio, nella fiera del Corpus Domini a Campobasso fino ai recenti cassoni per la raccolta differenziata.

Nell’elenco non si è inserita la cabina di trasformazione “secondaria” dell’Enel perché vi sono stati casi qui da noi, vedi quella in mattoni a Baranello, paese con una tradizione importante nel campo dei laterizi, la quale ha sul fronte una lunetta tripartita, in cui essa risulta frutto di un progetto specifico, non è cioè standardizzata. Le Corbusier diceva che l’ideazione di qualsivoglia prodotto, appunto dal cucchiaio al grattacielo, richiede l’apporto dell’architetto.

Per le entità ripetibili, soggette a produzione industriale, il progettista, o meglio il designer, interviene nella definizione della matrice dello stampo, oggi stampa in 3D, ed esse sono generalmente da collocarsi al chiuso, per altre, quelle da posizionarsi all’aperto, il tecnico deve confrontarsi con le caratteristiche del sito, adattando ad esso, volta per volta, la forma della realizzazione. Sinteticamente il design è per l’interno e l’architettura è per l’esterno.

Il territorio molisano è ovunque di elevato interesse paesaggistico per cui un tema di grande rilievo è l’inserimento ambientale dei manufatti. Occorre, dunque, garantire la coerenza con il paesaggio circostante delle pensiline. Dalla tradizione costruttiva non si possono trarre esempi ispiratori. Di certo, non vi erano corpi di fabbrica chiamati ad assolvere a compiti analoghi a quelli delle pensiline. È cambiato totalmente, oltre che assai accresciuto, il sistema di mobilità ed è aumentata la quota del trasporto collettivo.

Quest’ultimo prevede, se guardiamo a quello su gomma e ai piccoli centri i quali sono privi di terminal bus, la raccolta su strada dei viaggiatori: di qui il fabbisogno inedito di pensiline a protezione degli utenti in attesa. Una via per perseguire la conformità di un fabbricato con l’ambiente è l’utilizzo dei materiali del posto o, perlomeno, impiegati nel patrimonio edilizio storicizzato.

Essi sono la pietra e il mattone, ma li si scarta a priori poiché essi sono deputati a costruzioni durature, non ad artefatti che devono essere potenzialmente spostabili, movibili per assecondare i mutamenti delle linee delle autolinee. Quelle relativamente stabili sono le pensiline che a mo’ di gazebo compaiono nei parchi pubblici per l’ombreggiamento delle persone sedute a riposare sulle panchine, sempre che l’area non sia alberata, le quali sono pensate unitariamente allo spazio verde di cui sono a servizio.

Solo il legname tra le materie in uso nel passato fa eccezione e sarebbe raccomandabile per le pensiline lungo le arterie che corrono nei boschi, mimetizzandole con le piante se non fosse che il legno che è opaco cozza con un imprescindibile requisito prestazionale che le pensiline devono possedere, quello della trasparenza.

È fuor di dubbio che l’essere trasparente riduce l’incidenza visiva della struttura nei quadri panoramici e ciò compensa l’estraneità alle tecniche edificatorie di un tempo e nello stesso tempo l’essere l’involucro della pensilina trapassabile visivamente, dall’interno all’esterno, consente il pronto avvistamento dell’arrivo del pullman da chi sta nella pensilina, e, dall’esterno verso l’interno, permette un controllo sociale attraverso la vista di ciò che accade nella pensilina, una garanzia contro le molestie, evitando che si ingeneri uno stato d’ansia in chi vi staziona.

Il contorno della pensilina è, pertanto, fatto da lastre in plexiglass o in vetro satinato il che, si aggiunge, conferisce leggerezza al manufatto che non significa, comunque, scarsa resistenza agli agenti atmosferici. Le pensiline hanno bisogno oltre che della scontata copertura pure di pareti laterali per la protezione dal freddo, è un semiguscio, dalla neve e dalla pioggia, ambedue ventati, dal sole e dal vento quale fattore climatico a sé stante.

Le pensiline possono essere formate da un’unica scocca oppure da un telaio, in genere di esile profilo, in stile, per così dire, minimalista architettonicamente parlando. Sono presenti diverse varianti della pensilina, in base al numero di individui che sono in grado di ospitare, alla dotazione o meno di sedili, di angoli per il deposito dei bagagli “a mano”, di posti, questi indispensabili, per accogliere passeggini e sedie a rotelle, per i quali occorre l’altrettanto indispensabile adeguamento alle norme sull’accessibilità del parco autovetture.

Affiancata o inserita nel volume della pensilina vi è la tabella con gli orari di partenza e di arrivo delle corse, così come sull’estradosso trovano posto, evitando comunque di provocare oscuramento dell’abitacolo, cartelloni pubblicitari. Il tettuccio, se non deve fungere da piano di appoggio di pannelli fotovoltaici nel qual caso è inclinato, è curvo, curvilineità ammessa per la copertura e, però, mai nella sezione orizzontale, le pensiline in planimetria sono costantemente rettangolari.

Eppure una pensilina planimetricamente curvilinea, magari solo leggermente incurvata, costituirebbe un “segno” non banale, se non attraente. Per poter immaginare soluzioni innovative come quella della curvatura in pianta, esercitare la creatività anche in questo settore occorre optare per la lavorazione su misura al posto della prefabbricazione. Quale margine di libertà di scelta l’industria lascia solamente la facoltà di incremento dei moduli base consentendo l’accrescimento della dimensione delle pensiline in lunghezza (l’estensione in larghezza della pensilina porterebbe ad una sua configurazione quale tettoia ed è ciò che avviene nei termina bus di Termoli e Campobasso).

Francesco Manfredi Selvaggi606 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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