Fort, Haramein e la realtà olografica 2

di William Mussini

“Direi che la nostra esistenza è come un ponte – eccetto che questo paragone è espresso in termini statici – ma simile al ponte di Brooklyn, su cui una moltitudine di insetti cercano un fondamento – arrivando ad una trave che sembra solida e definitiva, mentre essa è posata su altri sostegni. Un supporto che sembra ultimo, ma che è costruito su strutture sottostanti. In tutto il ponte non si può trovare nulla di finale, perché il ponte stesso non è un oggetto finale in se, ma una relazione fra Manhattan e Brooklyn. Se la nostra esistenza è una relazione fra l’assoluto positivo e l’assoluto negativo, la ricerca della finalità in essa è senza speranza: tutto in essa deve essere relativo, se l’intero non è un intero, ma è, esso stesso, una relazione.” Charles Fort

Debbo dire grazie alle menti relativiste come quella di Fort e di Haramein, leggere teorie che travalicano le consuetudini scientifiche, nonché i luoghi comuni, mi hanno reso più forte, consapevole di seguire la strada battuta da personaggi decisamente anticonvenzionali, forse non volendo anche ribelli, rivoluzionali.

Fort sostenne anche quanto segue: “Che Pathos, che perseveranza ottusa e senza fantasia ma coraggiosa da parte degli scienziati: tutto ciò che è apparentemente scoperto è destinato a venire sovvertito da microscopi e da telescopi più potenti; da metodi e mezzi di ricerca più raffinati e precisi… Le nuove enunciazioni salgono irresistibilmente in superficie e vengono accolte come la verità assoluta; c’è sempre l’illusione della parola decisiva; e ben poco dello spirito relativista. Il nuovo che ha scalzato il vecchio verrà anch’esso un giorno scalzato; e anche questo verrà considerato come qualcosa di mitico. Ma se i fantasmi salgono, per essi sono sufficienti delle scalette fantasma!” .

Lo scienziato è volutamente vittima e schiavo delle proprie leggi e convinzioni, esso non è affatto un uomo libero se blindato in questa condizione ma, bensì, è un uomo disposto a continuare ad idolatrare un gigantesco errore, una ferrea menzogna, un’equazione con una soluzione inevitabilmente matematica. “Tutte le cose non sono cose  ma solo relazioni; o espressioni di relazioni, ma tutte le relazioni si stanno sforzando di essere ciò che non è collegato, oppure si sono arrese e subordinate a tentativi più alti. Così c’è un aspetto positivista a questa relazione che è essa stessa solo una relazione e che rappresenta il tentativo di assimilare tutti i fenomeni sotto la spiegazione materialista o di formulare un sistema finale onninclusivo su base materialista. Se questo tentativo potesse venire realizzato, questo vorrebbe dire raggiungere la realtà; ma questo tentativo può essere fatto solo trascurando i fenomeni psichici. Ovvero se la scienza si arrenderà alla fine alla psichica, non sarà più legittimo spiegare l’immateriale in termini di immateriale. La mia personale convinzione è che l’immateriale ed il materiale sono di una unicità che si fonde, ad esempio, in un pensiero che è continuo all’azione fisica: e che l’unicità non può venire spiegata, perché il processo di spiegazione è l’interpretazione di qualcosa in termini di qual cos’altro che è stato preso a fondamento: ma nella continuità non c’è nulla che sia fondamentale di qual cos’altro A meno che pensiamo che l’illusione edificata sull’illusione sia meno reale del suo pseudo fondamento! “.

Ed a proposito di giustizia, dogma scientifico e paradigma olografico: “E’ mia convinzione che non ci  possa essere la giustizia in una esistenza intermedia, in cui ci può essere solo un’approssimazione alla giustizia o all’ingiustizia, e che essere giusti significhi non avere opinione alcuna, e che essere onesti significhi essere non interessati; e che investigare significhi ammettere un pregiudizio; che nessuno abbia mai veramente indagato su qualcosa, ma che abbia sempre cercato positivamente di dimostrare o negare qualcosa che era stato concepito o sospettato in precedenza..”.

La presunta obiettività delle sentenze dogmatiche o più semplicemente dei pareri scientifici razionali, affonda le proprie fondamenta nelle paludose terre dell’approssimazione sensoriale, e in questo stato di precario equilibrio tra positivo e negativo, fra astratto e reale, fra tutto e niente, ci sembrerà chiaro che mentre un positivista dalla mente matematica opera con la sua illusione che in uno stato intermediario due per due fa quattro, noi che accettiamo la continuità, non possiamo accettare che ci siano da qualche parte due cose con cui cominciare, ed è così ovvio che la matematica o il regolare è paradossalmente un attributo dell’universale.

“Così quindi, è mia convinzione che la scienza non sia più connessa al vero sapere di quanto possa esserlo la crescita di una pianta, o l’organizzazione di un grande magazzino, o lo sviluppo d’una Nazione: che tutti sono processi assimilativi, organizzativi o dispositivi che rappresentano differenti tentativi di raggiungere lo stato positivo. Quello stato che è comunemente chiamato Paradiso… Immagino?!” .

William Mussini76 Posts

Creativo, autore, regista cinematografico e teatrale. Libertario responsabile e attivista del pensiero critico. Ha all'attivo un lungometraggio, numerosi cortometraggi premiati in festival Internazionali, diversi documentari inerenti problematiche storiche, sociali e di promozione culturale. Da sempre appassionato di filosofia, cinema e letteratura. Attualmente impegnato come regista nella società cinematografica e teatrale INCAS produzioni di Campobasso.

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