Non sono i villici a villeggiare nelle ville

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Bensì lo sono i signori, nel caso in ispecie i duchi D’Alessandro. Prima erano solo i nobili a possedere le ville, ora sono alla portata di più persone. In ossequio alla moda della villa il ceto borghese si è costruito villette nelle periferie dei centri urbani dove risiedere stabilmente, è questa la differenza più che la dimensione con la villa (Ph. F. Morgillo)

È difficile immaginare Cola di Monforte o Giacomo Caldora a villeggiare in tenute agricole in qualche loro feudo. Troppo rudi questi condottieri per poterli pensare capaci di apprezzare i piaceri di una vacanza agreste, gli agi di comode dimore immerse nell’ambiente naturale nelle quali oziare nel periodo di ferie tra una battaglia e l’altra. La villa della famiglia plurifeudale di Pescolanciano, Pietrabbondante, Carovilli, Civitanova sita nel territorio di quest’ultimo comune ci rivela una diversa faccia della classe nobiliare molisana, differenti valori esistenziali, modi di sentire il mondo che emergono all’indomani della fine del feudalesimo che è quella di una componente della società denominata Alta Società amante della, per così dire, bella vita assimilando i costumi della borghesia ormai divenuta la categoria sociale di riferimento portatrice di nuovi orientamenti ovvero concezioni dal campo della cultura e della politica a quello della moda, fino, giù giù, a quello dell’abitare e dell’impiego del tempo libero.

Un segno del processo di imborghesimento della vecchia nobiltà è proprio il gusto per l’evasione dalla città verso la Villa che condivide con il ceto borghese. Anche il proprietario di una bottega bene avviata, il professionista, il funzionario di un certo rango nutrono il mito dell’abitazione indipendente isolata dalle altre costruzioni, dotata di giardino, meglio se circondata interamente da una superficie a verde, distaccata dalle strade per cui nelle periferie urbane si sviluppano viali lungo i quali si attestano, al di là del filare di alberi che è a corredo di tale particolare tipo di viabilità, edifici unifamiliari che non nascondono, per le loro fattezze, pretese da villa.

Viale Elena nel capoluogo regionale ne è un classico esempio con la sua teoria di villette in stile liberty che si conclude con Villa, di nome e di fatto, Maria. Una prima distinzione tra villa e villetta non è tanto di tipo dimensionale quanto di collocazione, la villa sta in aperta campagna, la villetta nel suburbio. Forse, però, è ancora più significativa la differenza sotto l’aspetto funzionale, mentre la villetta accoglie una residenza stabile, la villa invece è destinata ad una permanenza saltuaria, in cui si dimora prevalentemente nella stagione estiva.

Da qui ne discende che la villa è evidentemente complementare ad una situazione alloggiativa in città, al contrario della villetta che è essa stessa un alloggio cittadino. Proseguendo con la comparazione tra villa e villetta la quale è finalizzata, lo si sarà capito, a far venir fuori la singolarità della villa e soffermandoci ora su una discriminante decisiva tra le due categorie architettoniche che è quella dell’ubicazione nell’agro della villa vediamo che tale scelta localizzativa è legata non solo alla voglia di stare in contatto con la natura, ma pure al desiderio di godimento dei panorami, non c’è niente da fare, dalle finestre di una villetta si traguardano inevitabilmente stabili che bloccano, nonostante si sia in ambiti periferici siamo pur sempre in area urbanizzata, che bloccano o quantomeno riducono le visuali verso l’esterno dell’abitato; se non succede adesso succederà in un prossimo futuro per il fenomeno dell’espansione costante degli agglomerati abitativi.

Dalla villa, invece, si può spaziare con la vista fino a fondali percettivi più o meno distanti in dipendenza della morfologia del suolo, cioè della sussistenza di rilievi orografici che limitano la visione o di distese boscose che si approssimano alla fabbrica tanto da fungere da schermo alle aperture finestrate. Nel caso della villa dei D’Alessandro non vi sono barriere, né vegetali né morfologiche, che riducono la visibilità. La scelta localizzativa per quanto riguarda la panoramicità del sito è perfetta, esso è ad una curva di livello intermedia tra il fondovalle solcato dal fiume Trigno e il crinale montagnoso che incornicia la vallata.

È in una posizione estremamente favorevole, non troppo in alto altrimenti sarebbe stato difficile scorgerla, né troppo in basso, cioè non infossata, stando in un fosso non si riesce a guardare, e ovviamente ad esse guardati, oltre l’orlo superiore ovvero il bordo della concavità. È alla medesima quota degli insediamenti umani del comprensorio dai quali, come dalla rete viaria dell’intorno, la villa è visibilissima e per il principio della reciprocità degli sguardi dalla villa se ne riesce a contare tantissimi essendo vastissimo il bacino di intervisibilità.

Per i borghi alto-molisani essa viene a costituire un autentico punto focale nella percezione del paesaggio. Che la villa sia stata pensata anche per ammirare il contesto paesaggistico, peraltro assai pregevole, è presto dimostrato: nel fabbricato in questione il tetto inteso quale sistema di falde la cui inclinazione serve ad allontanare la neve che vi si deposita, abbondante nell’alto Molise, non copre interamente l’ultimo livello della costruzione, al centro è sormontato da un terrazzino scoperto. In altri termini un pezzo del tetto viene sacrificato per far posto ad un belvedere, si antepone all’esigenza di avere una copertura integrale con spioventi quella di avere un osservatorio il che testimonia la passione per gli scorci panoramici.

Il terrazzo, piccolo, in sostituzione di un loggiato più o meno grande, come ci sarebbe stato da aspettarsi, ma, tutto sommato, la copertura piana, parziale, presenta il vantaggio, oltre che di abbracciare l’orizzonte a 360 gradi, di rimirare la volta celeste, cosa che in una loggia non è ammesso in quanto affaccio coperto. Il lastrico che conclude la porzione centrale del volume architettonico ha quale appellativo, di norma, solarium forse perché vi si può prendere il sole e, quindi, è sfruttabile sia di giorno, per abbronzarsi o per gustare il panorama, sia di notte, per contemplare il firmamento.

Torniamo per un attimo al confronto con le villette suburbane da cui non si riescono a inquadrare scorci dell’agro e neppure a intravvedere le stelle per colpa dell’inquinamento luminoso che è costantemente in crescita negli ambiti urbanizzati e riscontriamo la profonda diversità. La geometricità della villa la quale è a pianta quadrata con i lati della medesima misura dell’altezza, una sagoma, in definitiva, iscritta in un cubo ideale, la rende oltremodo riconoscibile anche da lunga distanza risaltando in qualsiasi canale ottico che si apra verso di essa perché in contrasto con le forme regolari che caratterizzano il luogo. Detto diversamente la razionalità cartesiana di questo parallelepipedo regolare, un solido platonico, si sono scomodati 2 filosofi per descrivere la struttura, se lo merita, è in contrapposizione con l’irrazionalità della natura.

Francesco Manfredi Selvaggi580 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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