Flora e fauna, per lo più sconosciute
di Francesco Manfredi-Selvaggi
È quanto succede nella nostra regione, terra ricchissima di specie vegetali ed animali, anche insetti, ma povera di aree protette (Ph. M. Martusciello-Flora del Matese: Giglio Martacone e Bombo)
Nel Molise vi è la più grande Oasi del WWF esistente in Italia con i suoi 3.000 ettari di superficie compresi nei comuni di Guardiaregia e Campochiaro. Il simbolo di questa oasi che qualche anno fa è stata inclusa tra le Riserve regionali è la salamandrina con gli occhiali, una specie endemica italiana che si incontra presso i corsi d’acqua. Nella nostra nazione vi sono 43 specie tra rane, tritoni e salamandre delle quali il 60% soffre un decremento di esemplari e anche la salamandrina con gli occhiali è in declino; è questo il motivo per cui è stata scelta come emblema di quest’area protetta.
Sul Matese, massiccio nel quale è compresa l’oasi WWF, vi è pure, tra gli anfibi, un’altra specie rara, un tipo di rana, l’Ululone appenninico Bombina pachypus, riconoscibile per la sua schiena marrone ed il ventre giallo, la quale predilige quale habitat gli intorni degli abbeveratoi, mimetizzandosi nel fango delle pozzanghere che si formano presso le fontane. La montagna matesina, della quale abbiamo parlato trattando degli anfibi è ricca di fauna tra cui il lupo è l’animale più rappresentativo, diventando il logo della Sagra del Matese del 1929, disegnato da Raffaele Musa.
Questa catena montuosa è importante non solo per gli anfibi e i mammiferi come il lupo, ma pure gli uccelli: in passato era segnalata, tra gli altri da Fulco Pratesi, la presenza dell’aquila. Quest’ultima per vivere ha bisogno di spazi ampissimi; quindi se si vuole reintrodurre una popolazione di aquile, che ha qui un areale ideale, è necessaria evidentemente l’istituzione del parco del Matese. Un’ulteriore specie potenziale di questi monti è l’orso bruno marsicano che ha bisogno di territori molto grandi, non essendo sufficiente per la sua sopravvivenza l’ambito del Parco Nazionale d’Abruzzo.
È sempre un mammifero la lontra della quale si trovano frequenti tracce lungo il Biferno che oggi non ha adeguate misure di protezione. In questo fiume si è avuta negli anni la sostituzione della trota fario che è autoctona (nelle prime guide turistiche era indicata come il piatto tipico di Boiano) con un pesce non indigeno, la trota iridea perché desiderata dai pescatori. Negli ambienti acquatici molisani, questa volta la riva marina, saltuariamente si avvista la tartaruga caretta-caretta. Finora si è detto dei mammiferi, uccelli, anfibi, pesci che, insieme ai rettili, fanno parte dei vertebrati: essi rappresentano appena il 2% di tutta la fauna.
Il resto è costituito dagli insetti. Questi ultimi hanno assunto importanza nella consapevolezza collettiva da quando sono divenuti strumenti della lotta integrata introdotta qui da noi dal Coredimo, un organismo regionale che promuove l’agricoltura biologica. Il mondo degli insetti così vasto è ancora poco conosciuto per cui si stanno facendo continue scoperte di nuove specie. Tra queste si cita l’Itama Sparsaria, una folena endemica dell’Appennino, riconosciuta da Angela Damiano e da Carlo Meo durante un censimento delle farfalle notturne nell’Oasi Lipu di Casacalenda.
A tale proposito vale la pena di sottolineare che in un’area protetta (l’Oasi del Bosco Difesa poiché di dimensioni troppo piccole non è Riserva regionale) ogni esemplare faunistico risulta maggiormente conservato che in altre zone, nonostante che la mission di quell’area protetta sia di natura diversa, nel caso dell’oasi LIPU quella di salvaguardare l’avifauna. A proposito della vegetazione si rileva che essa è abbastanza conosciuta specie quella cosiddetta superiore per merito innanzitutto dell’Università di Campobasso che ha un corso di laurea in Scienze Ambientali e Forestali la quale ha incrementato in modo notevole gli studi già presenti, tra cui c’è la ricognizione sulla flora del Matese da parte di ricercatori del Museo di Storia Naturale di Verona.
Tra gli elementi vegetali più interessanti c’è l’abete bianco arrivato da noi durante l’ultima glaciazione e rimasto in piccole aree dell’alto Molise. È una specie relitta così come sono un relitto le dune che ormai, per via dell’avanzamento della linea costiera, si trovano distanti dal mare; tali lembi di dune fossili sono oramai dei biotopi in via di dissoluzione. Nei vivai forestali dell’Assessorato regionale dell’Agricoltura si allevano specie autoctone per poter potenziare il patrimonio vegetale tipico.
Purtroppo negli interventi di ingegneria naturalistica, in prevalenza finanziati con fondi pubblici, si fa impiego di piante aliene perché suggerite dalla manualistica di settore e ciò potrebbe divenire una minaccia per la biodiversità a scala locale. La tutela che oggi si persegue non è limitata a singole specie di flora e fauna, c’è una legge regionale finalizzata alla protezione di quelle minori, né è sufficiente per alcuni animali la regolamentazione della caccia fissata nei piani provinciali, ma tende alla conservazione degli ambienti nei quali le piante e le componenti faunistiche vivono.
Nella nostra regione si riconoscono varie categorie di habitat, da quelli rocciosi, ad esempio le morge per le quali è stato pensato un parco naturale, che comprendono pure i ghiaioni, come quello nell’« anfiteatro » alla base della cima di monte Miletto, le formazioni erbose naturali e seminaturali, cioè i pascoli, le acque dolci, i fiumi, e quelle stagnanti (non vi è, però, nessuna area umida rientrante nella Convenzione di Romsar, neanche il lago stagionale di Civitanova) e financo una torbiera, il Pantano di Montenero Valcocchiara.
Vi è una ricchezza di situazioni ambientali differenti dovuta al fatto che nel Molise passa il confine tra due dei tre mondi biogeografici in cui si suddivide l’Europa: quello mediterraneo sul versante tirrenico, cioè parte della provincia di Isernia, e quello continentale. Un bilancio dello stato di conservazione nella nostra regione presenta sfaccettature complesse che vanno di pari passo con la spinta differenziazione, nonostante la ridotta estensione del territorio molisano, delle condizioni naturali e delle pressioni antropiche.
La costa è la zona più minacciata, mentre versano in buone condizioni le faggete montane e i grandi pascoli appenninici. Non vi sono ambiti veramente selvaggi, ma ad una certa altitudine vi è sempre stata una accettabile convivenza tra uomo e natura. In pianura la quale si presta ad una utilizzazione agricola intensiva vi è stata la scomparsa di molti habitat; nelle campagne, un po’ ovunque, vi è stata negli ultimi decenni una perdita degli ecosistemi determinati anche dalle coltivazioni tradizionali; con essi è diminuita anche la biodiversità e a tal proposito si pensi alla variegazione dei tuberi di un tempo che attualmente si cerca di recuperare come dimostra la ricerca, ingiustamente criticata, sulla patata turchesca.
Francesco Manfredi Selvaggi626 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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