A Ivrea prove tecniche di Governo, Casaleggio punta al piatto

Un normale week end di cambiamento. In poche ore fra sabato e domenica si è intrecciato un unico flusso di immagini e ragionamenti che ha dato un senso al nostro prossimo futuro.

Accostando le dirette di Sky, che ormai si avvia, come capitò a Radio Radicale negli anni ’90, a soppiantare il servizio pubblico con la cronaca in diretta degli eventi politici e culturali, ai diversi streaming che si inseguivano sulla rete, abbiamo potuto seguire, in una sorta di tutta la politica minuto per minuto, un unico racconto visivo di quanto accadeva.

Dal salone del mobile di Milano, dove almeno 400 mila creativi e design di tutto il mondo si sono riuniti nel capoluogo lombardo per scambiarsi i nuovi stilemi della bellezza e ridisegnare il nostro immaginario, al Festival del Giornalismo di Perugia, dove i grandi monopoli della rete sono di forza entrati nel mondo dell’informazione accogliendo sotto i loro ospitali mantelli centinaia e centinaia di giornalisti che cercano una bussola per sopravvivere, fino al meeting di Ivrea in memoria di Giandomenico Casaleggio, dove i 5S sono diventati forza di governo.

La notizia mi pare indiscutibilmente quest’ultima. Ma le premesse sono annidate negli altri due eventi.

Creativi e giornalisti testimoniano di una crisi del paese, meglio della politica del paese, che non governa più il proprio sistema comunicativo e i processi di formazione dell’opinione pubblica che vengono invasi da nuovi poteri esterni.

I design, ormai una potenza, crescono autonomamente e non hanno nulla da chiedere alla politica. I giornalisti cercano identità e sicurezze, sapendo che gli editori non sono più i padroni delle testate. In entrambi i casi un paese come il nostro che vive di racconti e comunicazione si vede spossessato di saperi e competenze proprio nei due settori strategici.

Come ci spiega Luciano Floridi, il filoso digitale che insegna a Oxford, la politica in Italia, ma anche i saperi più solenni, hanno completamente appaltato la formazione degli spazi pubblici agli automatismi tecnologici che si sono messi in proprio.

I 5S sono il partito di questa supplenza della tecnologia sulla governance pubblica. Davide Casaleggio in una lettera al Corriere della sera di lunedì 3 aprile. Nella lettera spiegava che la mission dei grillini è proprio quella di fare largo in Italia a quanto accade nella rete, senza interferire minimamente nella distribuzione dei poteri e dei diritti.

A Ivrea, con una grande regia e soprattutto mandando in scena la tradizionale corsa sul carro dei vincitori, sport per cui gli intellettuali italiani sono stars internazionali, i pentastellati hanno inferto una grossa torsione al dibattito nazionale. Si è chiusa la fase dei dilettanti allo sbaraglio, e si è aperta una lunga campagna elettorale in cui si affaccerà sulla scena uno strano e inedito partito che pretenderà il governo del paese.

Sul palco, sotto gli occhi di un paterno Grillo accortamente in platea, si è succeduta una variegata e aggressiva classe di aspiranti ministri e soprattutto di sicuri dirigenti dei futuri apparati decisionali, che nei loro interventi ratificavano il riconoscimento dei grillini come i rappresentanti di questo nuovo popolo di decisori.

Un popolo, che come aveva già teorizzato il padre di Davide Casaleggio, deve interpretare ma non turbare i meccanismi della rete: un popolo di esecutori intelligenti, ma subalterni, diciamo funzionari, non dirigenti. La chiave sta proprio nella bussola strategica: fare quello che fanno i monopoli digitali. Questo il mantra dei grillini, che non a caso ha avuto eco anche a Perugia, dove si ritrovava un’avanguardia di questo popolo di esecutori in cerca di autore.

I vari panel che si sono inanellati a Ivrea, dai sociologismi di De Masi sul lavoro, ai complottismi dell’informazione di Travaglio e Freccero, fino a figure di improbabili imprenditori di energie rinnovabili, arrivando agli immancabili consulenti di fondi finanziari esteri, per concludere con i rappresentanti degli imperi digitali di Google e Facebook, presenti in forze, hanno avuto come filo conduttore proprio il tema di estendere, di importare, meccanicamente in Italia, quanto accade sui mercati più tecnologizzati.

Facciamo in Italia come fanno in Russia, si cantava un secolo fa nelle risaie padane, nel canavese, a pochi metri dal mausoleo di Adriano Olivetti evocato ma non citato, lo slogan è: lasciamo fare alla Silicon valley.

Diamo a loro la sanità, la scuola, i trasporti, i dati degli italiani e ottimizziamo, razionalizziamo, perfezioniamo, ma per carità, non interferiamo, non contestiamo, non negoziamo. È un’operazione forte, che allestisce un nucleo di interessi non friabile ne occasionale, che colloca il paese in una scia globale.

Il buco nero riguarda proprio la tipologia dello sviluppo. Alcuni di questi nuovi Makers, come Giampiero Lotito, il leader di una straordinaria start up di Pavia che ha riscosso grande successo all’estero con un progetto di un motore di ricerca innovativo, Facilitylife, hanno adombrato qualche dubbio sulla linea di “facciamo quello che fanno loro” spiegando che i prodotti che ci vendono Google e Facebook non sono come quelli che smerciavano le reti di Berlusconi 30 anni fa, consumi materiali, questa volta ci vendono modi di vivere e di pensare, culture e meccanismi psico comportamentali, se accettiamo passivamente i loro algoritmi non possiamo certo competere con i loro brand.

Ma la linea Casaleggio è invece la scorciatoia operativa: se i grandi monopoli dell’algoritmo ci danno una cassetta degli attrezzi, e magari un po’ di fatturato, noi gli vendiamo quello che chiedono: l’autonomia e la sovranità del paese. Per questo non ci vuole un partito ma un permanente plebiscito. Per questo la democrazia diretta per Casaleggio è la madre di tutte le battaglie: più sono in tanti a partecipare, meno sono quelli che decidono. Una regola che verrà sperimentata al comune di Roma.

I 5S aprono così la vera campagna finale: consultazioni permanenti, istituzioni occasionali, poteri ai consulenti, e supplenza della rete. È una strategia politica forte, coerente con il clima liquido del momento, e soprattutto senza avversari. La Leopolda al confronto di Ivrea diventa un raduno di filatelici in pensione. Il Pd è una congrega locale, che non ha radici ne legami con il paese che corre. Salvini e Berlusconi nella loro marginalità seguiranno, come l’intendenza di Napoleone.

Non è tutto scontato, ma il take over sul paese è sicuramente possibile. Diciamo che questa volta non si gioca con il morto. Al tavolo si è seduto un giocatore con una forte dote, che gli è stata affidata da chi non può perdere, ed ha detto “piatto”. Chi dà le carte?

di Michele Mezza da L’Uffngton Post

0 Comments

Lascia un commento

Login

Welcome! Login in to your account

Remember me Lost your password?

Lost Password