Benicomunismo o barbarie

Editoriale del numero di aprile 2017

Il termine “benicomunismo” si è cominciato ad usare in un’accezione spregiativa, da parte dei media mainstream, a cavallo del referendum del 2011 sull’acqua pubblica; come per dire che quelli che si opponevano alla mercificazione dell’acqua lo facevano per un convincimento ormai ideologico e superato. Poi quel termine è stato adottato con orgoglio ed intenzione da un movimento vasto, orizzontale, trasversale, politicamente ancora spaesato, che fra mille difficoltà sta costruendo la nuova impalcatura di un sistema valoriale che la sinistra, in questo sfortunato paese, negli ultimi decenni ha gettato alle ortiche. La sua prospettiva affatto ideologica, critica radicalmente il liberalismo borghese col suo portato neoliberista privatizzante, ma anche lo statalismo fondamento di una sinistra novecentesca ormai al collasso.

Il benicomunismo è carsico, alligna e si coltiva in piazza, fra la moltitudine; si avvantaggia della pervasione virale della comunicazione di massa, ma ne pretende la titolarità, affinché essa sia utile all’interesse collettivo invece che al mercato. Il suo orizzonte immanente e concreto, si muove intorno alla tutela dei patrimoni intangibili: l’acqua, l’ambiente, la cultura, la salute, la scuola, l’informazione, sono i pilastri da tutelare per un manifesto che ha dichiarato guerra alla scatola nera del mondo triste e privatizzato in cui viviamo, soggiogati dall’idea farlocca e spoliatrice della crescita e dello sviluppo economico. Il benicomunismo non è un partito assimilabile a quelli che ha prodotto la storia lancinante del Novecento; non è top-down, per sua natura rifiuta il leaderismo; è viscerale, percettivo, rizomatico come la rete, della quale ripudia l’assetto proprietario e speculativo.

Nasce con la disintermediazione che avanza, e chiama in causa una quota di popolazione normalmente disinteressata alla politica e al suo chiacchiericcio avvilente; è un fronte sociale che si aggruma in maniera anarchica in difesa dell’acqua pubblica, del Teatro Valle a Roma e dell’integrità della Valle di Susa contro la Tav; che ha ispirato Occupy Wall Street a New York nel 2011, che ha dato vita agli Indignados nel 2014 in Spagna e che alla fine dell’anno scorso, ha condotto alla vittoria i Lakota Sioux di Standing Rock, discendenti diretti di Toro Seduto, che si sono opposti alla costruzione del DAPL (Dakota Access pipeline), un oleodotto che attraversando quattro Stati americani, sarebbe passato sulla loro terra, devastandone l’assetto archeologico, religioso ed ambientale; che orienta e anima la lotta sacrosanta del Forum in difesa della Sanità pubblica che nel Molise si oppone alla privatizzazione selvaggia e scriteriata messa in opera da Frattura e quella che ha raccolto la Cgil, molti sindaci e il tessuto associazionistico maggiormente reattivo della nostra realtà, in un fronte che si oppone alla privatizzazione della risorsa fondamentale della nostra regione: l’acqua.

Attraverso un sistema d’informazione che utilizza scientificamente la menzogna al servizio della logica del profitto, il capitalismo finanziario, lo stesso che aveva fatto saltare Wall Street nel 2008 ma che era “too big to fail” (troppo grande per fallire) e che governa l’Occidente attraverso la Troika (Fondo Monetario Internazionale, Commissione e Banca Centrale Europea), ha soggiogato l’opinione pubblica con la prospettiva annunciata e rinviata senza sosta della ripresa e della crescita economica; la verità è che questo modello di sviluppo basato sull’iniquità e la disuguaglianza, che ha devastato irrimediabilmente il pianeta nel quale viviamo, è arrivato al capolinea.

La crescita non ci sarà e i proprietari universali vogliono mettere le mani su quello che ci resta: sui nostri risparmi custoditi nelle loro banche e sul patrimonio pubblico che ancora deteniamo collettivamente; perciò l’alternativa, nel mondo corrusco e complicato che stiamo vivendo, è fra benicomunismo e barbarie, parafrasando lo slogan promosso da Rosa Luxemburg, non a caso, durante la prima guerra mondiale.

Antonio Ruggieri75 Posts

Nato a Ferrazzano (CB) nel 1954. E’ giornalista professionista. Ha collaborato con la rete RAI del Molise. Ha coordinato la riedizione di “Viaggio in Molise” di Francesco Jovine, firmando la post—fazione dell’opera. Ha organizzato e diretto D.I.N.A. (digital is not analog), un festival internazionale dell’attivismo informatico che ha coinvolto le esperienze più interessanti dell’attivismo informatico internazionale (2002). Nel 2004, ha ideato e diretto un progetto che ha portato alla realizzazione della prima “radio on line” d’istituto; il progetto si è aggiudicato il primo premio del prestigioso concorso “centoscuole” indetto dalla Fondazione San Paolo di Torino. Ha ideato e diretto quattro edizioni dello SMOC (salone molisano della comunicazione), dal 2007 al 2011. Dal 2005 al 2009 ha diretto il quotidiano telematico Megachip.info fondato da Giulietto Chiesa. E’ stato Direttore responsabile di Cometa, trimestrale di critica della comunicazione (2009—2010). E’ Direttore responsabile del mensile culturale “il Bene Comune”, senza soluzione di continuità, dall’esordio della rivista (ottobre 2001) fino ad oggi. BIBLIOGRAFIA Il Male rosa, libro d’arte in serigrafia, (1980); Cafoni e galantuomini nel Molise fra brigantaggio e questione meridionale, edizioni Il Rinoceronte (1984); Molise contro Molise, Nocera editore (1997); I giovani e il capardozio, Nocera editore (2001).

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