Il paesaggio non è una torta, non si puó tagliare a fette

È opportuna una riforma della sub-delega delle competenze paesaggistiche dei Comuni della Regione. Ne evidenziamo alcuni aspetti come la dimensione del paesaggio.

Il paesaggio non coincide, di regola, con i contorni di un territorio comunale. È più probabile che ciò avvenga con altre entità territoriali quali i bacini idrografici (non solo i principali e cioè del Trigno, Biferno, ecc., ma anche alcuni minori ad esempio del Verrino, del Cigno, del Tappino), oppure i parchi (esistenti, il PNdA, e infine il Matese). Non è invece, sovrapponibile, la suddivisione dei quadri paesaggistici con la ripartizione provinciale presente in Molise. Gli attuali piani paesistici scandiscono circa il 60% della superficie regionale in 8 ambiti i quali potrebbero essere rivisti in sede di stesura della nuova pianificazione paesaggistica (per l’avvio della quale si è in attesa della sottoscrizione dell’Intesa tra il Presidente della Giunta e il Ministro Franceschini) che investirà l’intera regione. I singoli piani ora vigenti sono stati delimitati comprendendo dentro di essi Comuni nella loro interezza e c’è pure una logica in ciò, non solo per garantire a scala comunale un omogeneità di regole la quale è quella che in diversi casi i confini comunali rispettano le strutture ambientali: vedi i centri della fascia matesina i quali hanno una porzione di pianura, di collina e di montagna, in modo da sfruttare in maniera integrata la potenzialità delle varie zone.

Probabilmente i feudi da cui discendono i Comuni, venivano individuati sulla base della complementarietà delle risorse territoriali, per permettere la sopravvivenza della comunità locale, oltre che per assicurare una congrua rendita per il feudatario. Non bisogna pensare che vi sia una coerenza stringente nella scelta delle unità di pianificazione che è stata dettata anche dalla necessità di contenere il loro numero. Inoltre, tale decisione si è misurata con l’esigenza di avere dimensioni degli ambiti comparabile. Il ripartire il paesaggio è un’operazione complessa così come sono complessi i nostri sistemi paesaggistici, difficilmente riconducibili, con alcune eccezioni (Appennino e costa), alle tipologie usuali di paesaggio montano, di collina e pianeggiante. I criteri sono, in definitiva, numerosi, non esistendo un metodo univoco per stabilire le partizioni del paesaggio: nessuno convince del tutto per cui la determinazione che si andrà ad assumere rimarrà un atto arbitrario. Comunque, trattandosi i nostri insediamenti con i relativi territori di pertinenza in maggioranza piccolissimi è difficile ritenere che essi racchiudano un contesto paesaggistico compiuto; da Agnone, un paese a caso, si vede l’agro di Bagnoli sull’altra sponda del Verrino e pure Poggio Sannita che è proprio vicino a Castelverrino e via proseguendo. Appare, dunque, evidente che è opportuno che ad occuparsi della tutela del paesaggio sia un organismo di livello sopracomunale quale potrebbe essere un’associazione di Comuni, al limite semplicemente “di scopo”.

A tale scala, che in una prima fase potrebbe essere “minimale”, ci sarebbe, poi, la possibilità di costituire un autentico ufficio paesaggistico, impossibile da istituire presso il singolo Comune spesso dotato, a mala pena, di un geometra. A questo ufficio verrà affidato il compito del rilascio delle Autorizzazioni previste dall’art. 146 del Codice dei Beni Culturali il quale articolo peraltro stabilisce che siano distinte le strutture preposte al vincolo paesistico da quelle che si occupano di urbanistica in modo che il nulla osta ambientale e il permesso di costruire siano in pieno indipendenti fra loro, in capo come sono a figure distinte. Un simile ufficio avrà competenze generali che ricomprendono oltre che l’esercizio della sub-delega disposto dalla Regione pure le determinazioni relative agli episodi di abusivismo edilizio. Si consideri l’eventualità che ad essere stato demolito è il muretto a secco di un terrazzamento agrario (per agevolare la coltivazione di quel terreno) fatto che non produce modifiche dal punto di vista urbanistico, mentre paesaggisticamente rappresenta una grave alterazione. La medesima cosa vale per i sentieri, gli abbeveratoi, ecc., cioè i segni minori del paesaggio rurale. Se ne deduce che occorrono nell’organizzazione pubblica pure nel gradino, per così dire, più basso personale formato in materia di patrimonio paesaggistico perché questa ha una propria specificità, al di là dell’obbligo introdotto dal Codice, che la distingue da quella concernente l’urbanistica. Inoltre, ancora il predetto ufficio risulterebbe utile per le ricognizioni sui valori paesaggistici presenti nell’area di sua competenza potendosi rivelare un prezioso collaboratore dell’Osservatorio sul paesaggio oggetto di una delibera regionale; in aggiunta un simile lavoro sembra prezioso per l’elaborazione di progetti di valorizzazione del patrimonio culturale tanto più importanti in quanto il paesaggio è la principale risorsa nelle cosiddette aree interne.

La progettazione va estesa inevitabilmente ad ambiti piuttosto grandi come, per esemplificare, una fascia attigua ad un corso d’acqua da attrezzare quale parco fluviale, una rete sentieristica, un’oasi naturalistica, itinerari turistico-culturali: anche per questo motivo si è dell’opinione che ci sia bisogno sia di uffici paesaggistici e sia che tali uffici siano di natura intercomunale. A questo punto dell’esposizione va inserita l’osservazione che il quadro della vincolistica ambientale nella nostra regione è variegato: vi sono Comuni, oltre la metà del totale, che sono inclusi negli 8 piani paesistici, altri, quasi tutti concentrati nella media valle del Biferno, per i quali vi sono appositi decreti ministeriali di vincolo e, poi, una quota minimale, il 15% della superficie regionale, di Comuni il vincolo è ridotto a quei «beni» ch la legge impone di salvaguardare, dai boschi ai corsi d’acqua alle aree di interesse archeologico. Si collega all’annotazione precedente la riflessione che lì dove la zona rientra nella pianificazione paesistica è in qualche modo più facile la funzione della tutela. Infatti, le norme tecniche dei piani dettano regole e parametri per l’edificazione e la realizzazione di infrastrutture per cui l’esame dell’intervento proposto, una volta verificata l’ammissibilità nell’apposita tavola del piano paesistico, si concentra sulla valutazione dell’aspetto architettonico. Ad ogni modo si ricorda che quando verrà varata la nuova pianificazione paesistica scomparirà l’obbligo dell’autorizzazione, ma ciò varrà per i Comuni che adegueranno lo strumento urbanistico al piano paesistico, operazione non tanto facile e lo dimostra la lentezza dei Comuni a conformare i propri piani ai vigenti piani paesistici, molti dei quali non hanno adempiuto (sono passati 25 anni) a tale dovere.

Francesco Manfredi Selvaggi579 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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