Il lavoro è dignità per l’essere umano

Si è tenuta a Cagliari da giovedì 26 a domenica 29 ottobre 2017 la 48ª settimana sociale dei cattolici italiani sul tema: “il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo, solidale.” Purtroppo quattro giorni di lavoro sinodale di mille delegati delle diocesi italiane su una questione tra le più dibattute in questo momento non hanno avuto alcuno spazio tra i fatti posti all’attenzione dell’opinione pubblica dai mass-media. I documenti del meeting sicuramente pongono agli italiani questioni importanti su cui riflettere.

Intanto, al di là di un neoliberismo tutto incentrato sulla crescita, i consumi ed il profitto, mettere il lavoro al centro dell’attenzione significa indirizzare l’impegno comune verso la costruzione di una società che, come ha scritto papa Francesco, sappia capire come “La dignità del lavoro è la condizione per creare lavoro buono: bisogna perciò difenderla e promuoverla”.

La settimana sociale ha colto intanto talune criticità odierne della disoccupazione crescente in una finanziarizzazione irresponsabile dell’economia, nel debito pubblico giunto in Italia già al 120% del PIL, negli investimenti privi di progettualità, nel tenore di vita senza sobrietà, nelle rendite egoistiche senza redistribuzione sociale, in una politica incapace di governance e perciò scollegata dalla società, nella distruzione e destrutturazione del lavoro umano da parte delle nuove tecnologie che nel giro di venti anni bruceranno ancora più di un miliardo di posti di lavoro ed abbasseranno sempre più la quota dei salari nelle attività robotizzabili.

Sostanzialmente la speculazione crea nicchie di agiatezza, riduce gli investimenti in attività produttive, impedisce la creazione di imprese virtuose in grado di creare benessere condiviso, produce le diseguaglianze determinate da una ricchezza spaventosamente concentrata e precarizza un lavoro sempre più sottopagato. In un’Italia ripiegata, come tutto il mondo occidentale, sul binomio prospettico della rendita e del consumo la Settimana Sociale di Cagliari indica nuovi orizzonti a partire dal messaggio di papa Francesco di cui citiamo di seguito un passaggio che davvero mette in crisi molte concezioni del cosiddetto pensiero unico.

«Senza lavoro non c’è dignità, – scrive il papa – ma non tutti i lavori sono “lavori degni”. Ci sono lavori che umiliano la dignità delle persone, quelli che nutrono le guerre con la costruzione di armi, che svendono il valore del corpo con il traffico della prostituzione e che sfruttano i minori. Offendono la dignità del lavoratore anche il lavoro in nero, quello gestito dal caporalato, i lavori che discriminano la donna e non includono chi porta una disabilità. Anche il lavoro precario è una ferita aperta per molti lavoratori, che vivono nel timore di perdere la propria occupazione.

Io ho sentito tante volte questa angoscia: l’angoscia di poter perdere la propria occupazione; l’angoscia di quella persona che ha un lavoro da settembre a giugno e non sa se lo avrà nel prossimo settembre. Precarietà totale. Questo è immorale. Questo uccide: uccide la dignità, uccide la salute, uccide la famiglia, uccide la società. Il lavoro in nero e il lavoro precario uccidono. Rimane poi la preoccupazione per i lavori pericolosi e malsani, che ogni anno causano in Italia centinaia di morti e di invalidi. La Chiesa deve operare per un’economia al servizio della persona, che riduce le disuguaglianze e ha come fine il lavoro per tutti.”

Per raggiungere una tale finalità, tra l’altro scritta in modo inequivocabile nell’art. 4 della Costituzione Italiana, a Cagliari sono state elaborate delle proposte che ci auguriamo possano costituire un elemento di riflessione e di confronto in tutto il Paese. Alle istituzioni europee i cattolici italiani riuniti a Cagliari chiedono un’armonizzazione del sistema di tassazione e l’eliminazione dei paradisi fiscali, una crescita degli investimenti infrastrutturali e produttivi e scelte di politica economica non orientate solo a bloccare l’inflazione, ma soprattutto a creare occupazione.

Al Parlamento ed al Governo italiano si chiede di rinunciare a progetti emergenziali per costruire un patto sociale fondato sui seguenti punti: all’interno di un’istruzione integrale della persona rafforzare la formazione professionale in modo qualificato; creare un patto intergenerazionale canalizzando i piani individuali di risparmio degli adulti per sostenere piccole e medie imprese; migliorare le regole degli appalti evitando intoppi eccessivi di natura burocratica; rimodulare le aliquote IVA per premiare le filiere sostenibili e combattere il dumping; eliminare con metodi adeguati il lavoro nero e l’evasione fiscale; ridurre la spesa pubblica improduttiva.

Si tratta sicuramente di proposte sensate che ora ci auguriamo siano declinate in maniera concreta ed articolata attraverso un lavoro continuativo all’interno degli uffici pastorali del lavoro nelle diverse diocesi con suggerimenti e progetti di natura economica in grado di dare risposte concrete alle tante persone inattive perché inoccupate o disoccupate. D’altra parte fare solo proclami servirebbe a poco se non si riuscisse poi a penetrare con le proprie idee nelle decisioni politiche.

Non è facile allargare il numero degli occupati nel sistema lavorativo, ma occorre lavorarci con convinzione per dare dignità a tutti i cittadini, riducendo il fenomeno migratorio ed eliminando le forme di economia illegale contigue alla criminalità mafiosa che rischia di scardinare in tanti soggetti le regole fondamentali dell’etica e della democrazia. Prima di ogni discorso di redistribuzione della ricchezza e del lavoro esistenti occorre in ogni Stato e dunque anche in Italia dare una forma legislativa a politiche sul reddito di cittadinanza impedendo che diventi una forma vuota ed umiliante di assistenzialismo e legandolo in ogni caso ad attività di partecipazione e di impegno sul piano sociale.

In tal modo chi riceve un reddito minimo garantito, oltre a sentirsi realizzato e gratificato, ne riconosce l’alto valore di utilità per il bene comune. Le risorse disponibili vanno indirizzate verso obiettivi praticabili senza sperperarle in progetti di natura assistenziale o indirizzarle verso logiche di sostegno di feudi elettorali. Intanto è nostra convinzione profonda che occorra ridare forza e dignità economica al lavoro autonomo e dipendente nel settore primario e soprattutto in quello che noi amiamo definire agricoltura contadina di qualità.

È necessario ancora orientare gli investimenti nella tutela dell’ambiente e del territorio come nei settori produttivi in espansione capaci di garantire nuova occupazione. Nella redistribuzione del lavoro esistente troviamo molto condivisibili le idee di Aldo Eduardo Carra, autore tra l’altro del volume “Più uguaglianza, più benessere: percorsi possibili in tempi di crisi” per Ediesse editore. In direzione esattamente inversa alle politiche attuali del governo si indicano delle proposte di grande buon senso: abbassare l’età pensionabile; sviluppare contratti di lavoro ad orario ridotto per scelta volontaria; attuare il principio costituzionale della progressività nell’imposizione fiscale sui redditi da lavoro e sui patrimoni; ridefinire le aliquote fiscali abbassandole per l’orario ridotto, alzandole sul lavoro straordinario e detassando i contratti di solidarietà.

Su altre ipotesi di cui ci siamo già occupati hanno lavorato l’economista Stefano Zamagni ed il sociologo Domenico De Masi. La 48ª settimana sociale dei cattolici italiani si è appena chiusa. Ciò che ora occorre fare è raccoglierne i fermenti e continuare in maniera articolata la riflessione. Per rendere credibili e rivoluzionarie le proposte elaborate a Cagliari la Chiesa italiana ha sicuramente bisogno di eliminare al suo interno le contraddizioni esistenti nella sua struttura economica, ma anche nei comportamenti di tanti che si definiscono cristiani ma che, come evidenzia l’inchiesta giornalistica “Paradise Papers”, sembrano decisamente all’interno dei meccanismi finanziari del sistema economico neoliberista che i cattolici dicono di voler cambiare.

Fonte: Umberto Berardo

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