Si potrebbe (dovrebbe) ricominciare dalla cultura

Editoriale del numero di Giugno/Luglio 2018

di Antonio Ruggieri

 

Il refrain si rinnova a ogni tornata elettorale: si potrebbe e si dovrebbe ricominciare dalla cultura; e per la nostra comunità, piccola, tenera, marginale, senile e poco comunicativa, davvero, non c’è altra possibilità.

La prima rivoluzione molisana, quella di cui abbiamo necessità impellente al declino del “sottosviluppo assistito” che ha retto la nostra modernizzazione (di media incidenza), dovrà naturalmente avere a che fare col potere e con la sua amministrazione dissimulata, ma di rimbalzo, per estensione; dovrà essere una rivoluzione culturale pacifica e gentile, dialettica e sorridente, giovanile e femminista, affezionata alla condizione e al destino di ogni essere vivente; soprattutto dei bambini e degli animali che non possono nemmeno votare.

La prima rivoluzione molisana sarà democratica e trasparente; nel corso del suo dispiegamento “si potrà fare solo ciò che si potrà anche dire”, a beneficio della partecipazione attiva della comunità che dovrà mettere a frutto la competenza che si dovrà conquistare.

Sarà una rivoluzione delle gerarchie e dei paradigmi: prima i deboli e chi ha bisogno.

Sarà una rivoluzione della conoscenza basata sulla ricerca e sull’innovazione, sull’inclusione e sul mutualismo, che dovrà essere incubata e poi irradiarsi dall’università, la quale rappresenta il catalizzatore più qualificato dell’intelligenza che abbiamo a disposizione.

Dovrà invertire il punto di vista per l’ingegneria della pianificazione territoriale: se fin qui le politiche sono state centrate sui poli urbani finendo per agevolare lo spopolamento e il degrado delle aree interne, adesso si dovrà ripartire da queste ultime, sostenendo l’azione delle comunità locali in sodalizio con i loro sindaci; esse dovranno mettersi in grado di saper leggere e interpretare la loro condizione, riconoscere le vocazioni territoriali e antropologiche maggiormente conclamate e costruire su di esse la fisionomia di un micro-modello di sviluppo localizzato, criticamente consapevole di quello che accade nel resto del pianeta.

La prima rivoluzione molisana ha bisogno di pensieri e di progetti, assai più che di bandiere; dev’essere stimolata, lievitata e indirizzata dall’arte e dagli artisti, fondata sulla passione e sull’entusiasmo.

Produrrà letteratura, musica, teatro e immagini che non avevamo mai visto e ci farà vedere quelle che avevamo già visto con occhi differenti; le storie che ci accompagneranno saranno di consiglio e lenimento, trasformandoci omeopaticamente, ad ogni attimo della nostra esistenza.

Sarà conviviale la prima rivoluzione molisana che dovremo fare; la compiremo insieme come un atto fondamentale e strategico della nostra vita: giovani e vecchi, uomini e donne, magistrati e rapinatori, baciapile e miscredenti, ci educheremo a vicenda alla percezione di un orizzonte del tutto nuovo e alla nostra portata.

Coltiveremo noi stessi nell’atto radicale di coltivare il mondo che ci ospita e ci appartiene.

Cureremo un orto come igiene quotidiana per il corpo e per la mente e lo faremo collettivamente, acquisendo competenze e gratificazioni; ci riapproprieremo del ciclo della vita abituandoci a risparmiare, a rigenerare e a redistribuire tutto ciò che è possibile, cose e pensieri.

Saremo frugali e solidali, spezzando l’accerchiamento consumistico e imbelle delle cose che ci assediano; i nostri mercati non saranno quelli subdoli e impersonali della finanza che ci ruba il futuro e la speranza, ma saranno colorati e fragranti di cibo buono, occasioni d’incontro e d’allegria, nel cuore dei quartieri che abitiamo, in case belle e sane.

La prima rivoluzione molisana bandirà la speculazione come sordida occasione di guadagno saprofitico e ne rideclinerà il significato come attitudine all’approfondimento e al confronto fra opinioni differenti.

Faremo tesoro di quello che ci ha lasciato detto Vittorio Arrigoni e “resteremo umani” nonostante tutto, per saggia e prospettica convenienza.
Ecco, anche, forse soprattutto perciò, in questa nostra terra dovremmo ricominciare dalla cultura.

Antonio Ruggieri75 Posts

Nato a Ferrazzano (CB) nel 1954. E’ giornalista professionista. Ha collaborato con la rete RAI del Molise. Ha coordinato la riedizione di “Viaggio in Molise” di Francesco Jovine, firmando la post—fazione dell’opera. Ha organizzato e diretto D.I.N.A. (digital is not analog), un festival internazionale dell’attivismo informatico che ha coinvolto le esperienze più interessanti dell’attivismo informatico internazionale (2002). Nel 2004, ha ideato e diretto un progetto che ha portato alla realizzazione della prima “radio on line” d’istituto; il progetto si è aggiudicato il primo premio del prestigioso concorso “centoscuole” indetto dalla Fondazione San Paolo di Torino. Ha ideato e diretto quattro edizioni dello SMOC (salone molisano della comunicazione), dal 2007 al 2011. Dal 2005 al 2009 ha diretto il quotidiano telematico Megachip.info fondato da Giulietto Chiesa. E’ stato Direttore responsabile di Cometa, trimestrale di critica della comunicazione (2009—2010). E’ Direttore responsabile del mensile culturale “il Bene Comune”, senza soluzione di continuità, dall’esordio della rivista (ottobre 2001) fino ad oggi. BIBLIOGRAFIA Il Male rosa, libro d’arte in serigrafia, (1980); Cafoni e galantuomini nel Molise fra brigantaggio e questione meridionale, edizioni Il Rinoceronte (1984); Molise contro Molise, Nocera editore (1997); I giovani e il capardozio, Nocera editore (2001).

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