Salvini: la tracotanza del potere

da sx: Enrico Ricci, Lino Gentile e Ermanno D’Andrea

a colloquio con Ermanno D’Andrea

La cronaca dell’incontro con Ermanno D’Andrea, domenica 26 gennaio al “Tartufo bianco”, il ristorante dell’albergo diffuso di Borgo Tufi a Castel del Giudice. Centro della riflessione dell’imprenditore titolare di una formidabile azienda di utensileria metalmeccanica a Lainate, in provincia di Milano (130 dipendenti), finanziatore (fra l’altro) del progetto di rigenerazione territoriale realizzato a Castel del Giudice con l’impegno capace e sagace del sindaco Lino Gentile, la situazione del nostro Paese e la figura di Matteo Salvini.
Proprio mentre erano in corso le elezioni regionali in Calabria e in Emilia Romagna.

Ermanno D’Andrea è uno degli imprenditori più importanti e apprezzati del nostro Paese; opera nella meccanica di precisione con due aziende: la casa madre a Lainate, in provincia di Milano, e la D’Andrea Molise nata nel 2002 a Castel del Giudice, un borgo di soli 300 abitanti in provincia d’Isernia, che produce semilavorati per l’impianto lombardo.

Negli anni si è segnalato per aver dato vita a un progetto imprenditoriale aperto e solidale, incardinato sulla responsabilità sociale dell’impresa, nel solco di una cultura che da Adriano Olivetti ha illuminato la strada della nostra modernità, ma che negli anni si è offuscata, passata al tritacarne di una crisi interminabile e complessa, che ormai minaccia l’esistenza del genere umano sul pianeta.

All’atto costitutivo della sua formidabile azienda, fatta crescere sul genio e sul talento imprenditoriale del padre Marino, ha voluto che nello statuto fosse compresa una clausola per la quale una percentuale degli utili dovesse essere devoluta in beneficenza.

“La sola cosa che non torna polvere in terra è la rettitudine di un uomo”, ama ripetere Ermanno D’Andrea citando Zarathusthra, e poi scandisce una massima del profeta iraniano vissuto misteriosamente ottocento anni prima di Cristo, che all’uomo che vuole essere signore del suo destino, impone “pensieri retti, parole corrette e soprattutto buone azioni”, gettando un ponte metatemporale fra epoche e religioni differenti.

Nel 2018 l’UCIMU, l’Associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione, lo ha insignito del premio “Maestro della meccanica” amato e ambito dagli imprenditori del settore di tutt’Italia.

Ermanno D’Andrea riceve il premio Maestro della meccanica 2018 dai dirigenti dellUCIMU

L’anno scorso il Comune di Lainate, dove D’andrea finanzia l’associazione La-Fra che opera a beneficio delle persone disabili e delle loro famiglie, gli ha attribuito il “Premio Galatea” “per la responsabilità sociale dell’impresa oltre che per la sua personale”; così si legge nella motivazione del prestigioso riconoscimento.

Ancora in Lombardia, a Tradate, dando corso alla sua passione per l’astronomia, collabora con l’Osservatorio astronomico per la divulgazione della cultura scientifica.

Ermanno D’Andrea ha scavato pozzi d’acqua e ha consentito la nascita di 13 scuole in Guinea Bissau, permettendo a circa 10.000 ragazzi africani di accedere all’istruzione di ogni ordine e grado.

Ha finanziato una casa di riposo nel suo comune d’origine, Capracotta (Is) e a Castel del Giudice, a pochi chilometri e al confine con l’Abruzzo dove, insieme al sindaco Lino Gentile, ha sostenuto un progetto di rigenerazione territoriale diventato punto di riferimento in Italia e in Europa.

Fra gli altri riconoscimenti, Castel del Giudice ha ottenuto il premio “Angelo Vassallo” dedicato al sindaco di Pollica ucciso dalla camorra, il “Cresco award” per la sostenibilità economica del micro modello di sviluppo al quale ha saputo dar vita; il piccolo comune molisano è sede degli Stati Generali delle popolazioni appenniniche organizzati da Slow Food ed è stato individuato dalla Società dei Territorialisti fondata da Alberto Magnaghi presso l’Università di Firenze, come buona pratica di rigenerazione territoriale e comunitaria.

Il fecondo sodalizio col sindaco di Castel del Giudice ha favorito la nascita di una public company partecipata dai cittadini del luogo che ha rilevato e rilanciato l’attività della società agricola Melise, che coltiva 35 ettari di frutteto biologico, producendo mele distribuite a gruppi di acquisto solidale di Roma e Napoli, succhi di frutta e marmellate.

Lo Sprar di Castel del Giudice ha accolto quattro famiglie africane che si sono integrate armoniosamente nella comunità locale corroborandone il fondamentale progetto di ripopolamento; è stata avviata la coltivazione della pregiata patata viola ed è in corso la selezione del luppolo per la produzione di birra agricola locale.

Inoltre, in collaborazione con l’Università del Molise e con Legambiente, è stato inaugurato un “apiario di comunità” al quale prendono parte attiva 50 cittadini che produrranno miele dopo aver frequentato un intenso corso di formazione.

L’incontro con Enrico Ricci, titolare di un’importante ditta di costruzioni di Castel di Sangro, per Ermanno D’Andrea e Lino Gentile è stato il viatico per realizzare il progetto di Borgo Tufi, un albergo diffuso con 100 posti letto, ristorante e centro benessere, nato sul recupero e la riqualificazione delle stalle e dei fienili abbandonati, al limitare del centro storico.

Castel del Giudice, in un ventennio approssimato per difetto, ha dato vita a una rivoluzione garbata, civilissima, democratica, solidale e progettuale, che ha saputo diventare esempio e laboratorio per un territorio assai più ampio del piccolo confine molisano.

Panorama di Castel Del Giudice – Ph Emanuele Scocchera

D’Andrea si è fatto costruire una casa nella pertinenza della sua azienda a Castel del Giudice, proprio di fronte alla Melise; vi si reca appena gli è possibile per riprendere fiato e tornare nel suo Molise e nella sua Capracotta.

L’ho incontrato domenica 26 gennaio a Borgo Tufi, nella sala di disimpegno del “Tartufo bianco”, il ristorante dell’albergo diffuso, mentre erano in corso le votazioni per il rinnovo dei Consigli regionali della Calabria e dell’Emilia Romagna.

Un occhio alla televisione che trasmetteva in diretta la partita dell’Inter (è garbatamente interista) e poi un ragionamento fitto, appassionato, in bilico fra crisi della politica, corruzione del linguaggio, informazione di parte e senza coraggio, citofoni e sardine.

“Quest’anno compio 75 anni e 55 li ho dedicati al lavoro; a risolvere problemi, a realizzare progetti con l’aiuto degli straordinari collaboratori che ho incrociato sulla mia strada e dei miei figli Maria Pina, Marino ed Amedeo, col pensiero ad operare anche nel sociale, perché la vita non è un progetto solitario, ma la si realizza insieme agli altri” con umiltà e concretezza, come recita la massima cristiana fondamentale.

“Ho avuto la fortuna di nascere in un ambiente sano, di attingere all’insegnamento degli innumerevoli maestri che ho incontrato; alcuni con nomi di prima grandezza, altri sconosciuti che mi hanno colpito per la loro perizia, per la loro quotidiana rettitudine”.

Non fa sfoggio dei suoi clamorosi successi Ermanno D’Andrea; si schermisce con ritegno umanissimo, rifuggendo dall’eclatanza assolutamente motivata che deriva dal suo impegno imprenditoriale, sociale e civile.

“Una cosa però non posso fare a meno di chiedertela…” gli dico quando già si preparava l’ora del ritorno a Campobasso dalla effervescente Castel del Giudice.

“Dimmi, dimmi pure…”, mi risponde con aria cortese e accondiscendente; “…di Salvini, del capitano leghista che ormai imperversa al sud e anche nel nostro Molise, che cosa ne pensi?”

Abbassa gli occhi in terra e corruga la fronte come per raccogliere e ordinare pensieri che covava da tempo: “Salvini è tracotante; fa strame delle regole e del buonsenso con un’improntitudine che imbarazza. La tracotanza infastidisce sempre, ma quando diventa il costume di un uomo di potere, allora è davvero insopportabile. Il precetto fondamentale di Zarathushtra imponeva pensieri retti, parole corrette e azioni buone; Salvini pervicacemente, con tracotanza ripeto, si comporta in modo avversario a questi fondamentali insegnamenti morali, e questo per un uomo politico rappresenta un vizio davvero irrisarcibile, denso di pericolose conseguenze”.

Lo saluto e mi riavvio verso casa accompagnato da un pensiero intenso e civilissimo; mite e fecondo nello stesso tempo.

Antonio Ruggieri75 Posts

Nato a Ferrazzano (CB) nel 1954. E’ giornalista professionista. Ha collaborato con la rete RAI del Molise. Ha coordinato la riedizione di “Viaggio in Molise” di Francesco Jovine, firmando la post—fazione dell’opera. Ha organizzato e diretto D.I.N.A. (digital is not analog), un festival internazionale dell’attivismo informatico che ha coinvolto le esperienze più interessanti dell’attivismo informatico internazionale (2002). Nel 2004, ha ideato e diretto un progetto che ha portato alla realizzazione della prima “radio on line” d’istituto; il progetto si è aggiudicato il primo premio del prestigioso concorso “centoscuole” indetto dalla Fondazione San Paolo di Torino. Ha ideato e diretto quattro edizioni dello SMOC (salone molisano della comunicazione), dal 2007 al 2011. Dal 2005 al 2009 ha diretto il quotidiano telematico Megachip.info fondato da Giulietto Chiesa. E’ stato Direttore responsabile di Cometa, trimestrale di critica della comunicazione (2009—2010). E’ Direttore responsabile del mensile culturale “il Bene Comune”, senza soluzione di continuità, dall’esordio della rivista (ottobre 2001) fino ad oggi. BIBLIOGRAFIA Il Male rosa, libro d’arte in serigrafia, (1980); Cafoni e galantuomini nel Molise fra brigantaggio e questione meridionale, edizioni Il Rinoceronte (1984); Molise contro Molise, Nocera editore (1997); I giovani e il capardozio, Nocera editore (2001).

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