La teoria delle medaglie e delle facce di bronzo

di Giovanni Petta

È di questi giorni la notizia dei danneggiamenti della fontana di Villa Musenga, a Campobasso, appena restaurata. Poche settimana fa, a Isernia, ci si lamentava degli atti di vandalismo contro le strutture del parco ferroviario appena inaugurato. Andando a ritroso, di episodi di questo genere se ne trovano numerosi nella cronaca delle testate di informazione regionale. Basta cercare in Internet.

Onde evitare fraintendimenti, condanniamo subito gli atti compiuti da ignoti. Tuttavia, non è giusto fermarsi alla condanna, come stanno facendo politici e amministratori. Bisogna assolutamente approfondire le cause. E per farlo bisogna passare in rassegna alcuni episodi che, solo apparentemente, sembrano distanti e scollegati tra loro.

Maria Centracchio, intervistata pochi minuti dopo aver vinto la medaglia di bronzo alle Olimpiadi, ha emozionato tutti per aver pensato immediatamente alla gente molisana. Voleva che tutti noi ci sentissimo orgogliosi della sua vittoria, pur non avendo partecipato, se non davanti alla tv, a ciò che lei aveva realizzato, neanche con i nostri rappresentati politici, quelli che votiamo proprio per consentire ai giovani di trovare supporti, aiuti e servizi utili e spesso indispensabili per la loro realizzazione.

Abbiamo subito dimenticato che quella medaglia non è nostra ma di Maria. E lo hanno immediatamente dimenticato i nostri rappresentanti, quelli che votiamo per fare in modo che i nostri giovani si sentano orgogliosi di essere molisani e perché possano avere le stesse possibilità di realizzazione dei ragazzi lombardi o piemontesi. Erano già pronti per la passerella accanto alla campionessa di Judo se non fosse stato per il papà, Bernardo, che, in una intervista di Pasquale Bartolomeo, ha fissato i confini tra vergogna e dignità, ricordando che nessuno ha mai dato una mano a Maria e che gli assessori allo sport e i dirigenti del Coni che operano in Molise “non sanno cosa sia e come si gestisca lo sport”.

Dai giovani, dunque, non riceviamo soltanto danneggiamenti alle opere pubbliche ma anche esempi di tenacia e dedizione, di passione e, come nel caso di Maria, di consapevolezza delle proprie radici e della propria identità e appartenenza.

Nella maggior parte dei casi, gli adulti hanno ironizzato e preso in giro Greta Thunberg che, a sedici anni, ha preso in carico una protesta che doveva essere delle persone mature e ci ha segnalato con urgenza i cambiamenti che stanno sconvolgendo le nostre vite. Dopo quanto accaduto in Germania poche settimana fa, le “inondazioni inspiegabili”, persino la Merkel ha pronunciato frasi non molto diverse da quelle che Greta pronunciava almeno tre anni fa. Senza citarla, naturalmente.

Ciò che sta accadendo in Sardegna e persino alla pineta di Campomarino è sotto gli occhi di tutti. Ma, con la nostra solita ipocrisia, andiamo alla ricerca del criminale che ha appiccato il fuoco invece di ammettere onestamente che ciò che Greta ci diceva era una verità inoppugnabile.

Gli esempi sarebbero infiniti ma, per farla breve, citiamo solo quanto venuto fuori, nell’ultimo periodo: il caso Palamara, per quanto riguarda la giustizia, il concorso per presidi, nel campo della scuola, le vicende molisane, nel campo della sanità, le verità riproposte nell’anniversario del G8 di Genova. A proposito: quei ragazzi che manifestarono a Genova non anticipavano forse qualcuno dei temi che poi Greta ha fatto circolare diversamente? E come può sentirsi una persona picchiata perché esprimeva una sua visione del mondo nel constatare che quelle sue idee saranno ora nei programmi dei governi occidentali, forzatamente, nei prossimi dieci anni?

E mentre i giovani osservano lo schifo che realizziamo nei settori in cui maggiormente dovrebbero dispiegarsi quei Valori che vorremmo meccanicamente inoculare nei ragazzi, con la stessa modalità con cui abbiamo inoculato il vaccino anti-Covid, mentre i 15-20enni osservano il degrado della società creata da noi adulti, gli stessi si vedono costretti a fare progetti e progettini, curriculari ed extracurriculari, sulla “legalità”: un video su Falcone e Borsellino, un poster colorato su Impastato, un rap sul 23 maggio, un articolo di giornale sulle discariche abusive del proprio territorio.

Non potrebbe essere questo nostro atteggiamento bipolare, questa dicotomia disarmonica degli adulti, una delle ragioni della rabbia, della voglia di sfasciare tutto che registriamo in questo periodo? Onde evitare fraintendimenti, ribadiamo la nostra condanna degli atti di vandalismo di cui si parla in cronaca. Ma non è forse il caso di approfondire ancora un po’?

La maggior parte dei nostri figli non ha ancora trovato una passione che possa riempire l’esistenza. Non hanno lo sport, come Maria Centracchio. Hanno un computer, un telefonino e spesso un’abitazione in un quartiere reso brutto da noi adulti, nella progettazione e nella manutenzione. Non hanno servizi. A Isernia, da anni, nemmeno una piscina. Dove pensate che possa essere indirizzata l’energia tipica di quegli anni? Nell’aiutare le vecchiette ad attraversare la strada?

L’argomento andrebbe approfondito ulteriormente ma bisogna fermarsi per non tediare. Però, proprio per concludere, dobbiamo fare uno sforzo di consapevolezza e ammettere, noi adulti, che il bronzo della medaglia di Maria non ha niente a che vedere con quello delle nostre facce. È una cosa diversa, bella e sincera, pura, come tutte le cose che i giovani continuano a proporci e che noi, per pigrizia e malafede, facciamo finta di non vedere.

Giovanni Petta76 Posts

È nato nel 1965 in Molise. Ha pubblicato le raccolte poetiche «Sguardi» (1987), «Millennio a venire» (1998) e «A» (2016); i romanzi «Acqua» (2017), «Cinque» (2017) e «Terra» (2021) ; il saggio giornalistico «L'Italia delle regioni, il Molise dei ricorsi» (2001) e, con lo pseudonimo di Rossano Turzo, «TurzoTen« (2011) e «TurzoTime» (2016). Allievo di Mogol, ha inciso «Non crescere mai» (1993), «Trema terra trema cuore» (single, 2003), «Il bivio di Sessano» (2012). Ha diretto le testate «Piazzaregione» e «L'interruttore». Ha coordinato l'inserto molisano de «Il Tempo».

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