Non siamo mica tutti “gretini!”

di William Mussini

Solitamente, quando si parla di ambiente, di clima ed ecologia sui canali d’informazione ufficiali, quelli per intenderci asserviti alle varie e variegate lobby finanziarie e confraternite massoniche assortite, la narrazione univoca, colma di retorica e stereotipi globalisti, è quasi sempre la medesima che offre, come stendardo propagandistico la stra famosa icona e paladina ecologista Greta Thunberg, super amata dai grandi e dai piccini.

Tutti gli estimatori dell’attivista Greta, i seguaci dell’informazione mainstream, si sentono dalla parte dei buoni, di quelli cioè che, convinti di essere i giusti, indignati e conformi contro i cattivi inquinatori e deturpatori della natura indifesa, si uniscono agli slogan allarmistici e inquisitori partoriti dalla geniale mente dell’ex adolescente svedese o, forse, dai neo persuasori occulti come piaceva definirli allo scrittore Vance Packard già nel lontano 1957.

Chiunque osi attaccare la buona fede della paladina Thunberg, oppure manifesti dubbi sulla veridicità delle teorie allarmistiche sul cambiamento climatico e sulle reali cause dell’inquinamento globale, viene automaticamente tacciato di essere un complottista, un bufalaro, un destroide sovranista, insensibile agli interessi della collettività.

Tutte le variabili dello story telling ufficiale, agli occhi dei fan e dei seguaci della Thumberg, assumono i connotati di interpretazioni capziose, falsificate ed ideologiche, di tendenziosa mistificazione del reale in continuità con le tesi più improbabili partorite da solitari dietrologi da tastiera. È diventato così facilissimo ed immediato, etichettare con il timbro secolare della “bufala” ogni idea o teoria alternativa al political correct, semplicemente adeguandosi e conformandosi alla narrazione modaiola del momento.

Vittima recente dell’attacco sbeffeggiante degli intelligenti, buoni e giusti difensori della newage ecologista, lo è stato il giornalista canadese Cory Morningstar, autore di un articolo diviso in 6 atti e pubblicato tra gennaio e febbraio del 2019 dal titolo “La fabbricazione di Greta Thunberg”.

Nel suo articolo Morningstar sostiene fondamentalmente che: “la figura di Greta Thunberg è stata pianificata a tavolino e costruita mediaticamente per favorire la quarta rivoluzione industriale dell’economia verde ed è il frutto di un esperimento di ingegneria sociale per manipolare, condizionare e spingere le masse ad agire su scala globale”.

In alcuni passaggi del suo articolo, il complottista  Morningstar evidenzia le relazioni di Greta con la start-up tecnologica “We Do Not Have Time” palesando rapporti d’interesse tra questa start-up, il “Climate Reality Project” di Al Gore, la Banca mondiale e il World Economic Forum.  Tutte queste organizzazioni, secondo l’autore, alimentano i movimenti giovanili, fabbricando un’emergenza climatica per poter veicolare fondi e finanziamenti a società e organizzazioni che si occupano di servizi del settore ecologico e di quello energetico.

La marionetta svedese, secondo  Morningstar, è in sostanza lo strumento preferenziale di marketing in mano a corporazioni, banchieri e multinazionali, cioè a quei soggetti interessati al decollo definitivo ed irreversibile della agognata quanto temuta quarta rivoluzione industriale. Sin dalle sue origini, il mito Thumberg sarebbe stato inventato improvvisamente e secondo un piano ben articolato.

Il suo esordio la vide protagonista in un tweet nel 2018 che raccontava così: “Una ragazza di 15 anni davanti al Parlamento svedese fa sciopero a scuola per 3 settimane fino al giorno delle elezioni. Immaginate solo come deve sentirsi sola in questa foto. La gente non si ferma. Ognuno continua le proprie faccende come al solito. Ma è la verità. Non possiamo, e lei lo sa!”. Il tweet, sostiene il giornalista, è stato pubblicato dal profilo della società “We Do Not Have Time”, fondata dall’esperto di marketing Ingmar Rentzhog.

I tag presenti nel tweet si riferirono a Greta Thunberg, ad un movimento giovanile chiamato Zero Hour ed al suo fondatore Jaime Margolin, al Climate Project Reality di Al Gore ed al People’s Climate Strike. Tutti questi soggetti, secondo quanto sostenuto dal giornalista, sarebbero protagonisti della costruzione “emergenza clima” finalizzata a dettare l’agenda politica globale presente e futura.

Per avvalorare la sua tesi aggiunge che: “ Rentzhog, il fondatore di “We Do Not Have Time”, è anche fondatore di Laika (un’importante società svedese di consulenza che fornisce servizi all’industria finanziaria, acquisita successivamente da FundByMe), è parte del board di FundedByMe ed è membro della Climate Reality Organization Leaders di Al Gore, dove fa parte della Climate Policy Task Force europea”.

Nelle sue conclusioni Morningstar sostiene che: “Il complesso industriale non-profit può essere considerato l’esercito più potente del mondo. Impiegando miliardi di dipendenti tutti interconnessi, le campagne odierne, finanziate dalla oligarchia dominante, possono diventare virali nel giro di poche ore, instillando pensieri e opinioni uniformi, che gradualmente creano l’ideologia desiderata. Questa è l’arte dell’ingegneria sociale”.

Non posso che considerare le riflessioni di Cory Morningstar, come delle lungimiranti deduzioni, scaturite da ricerche approfondite e da un esame attento della realtà dei fatti, ben poco conforme alla versione mitragliata incessantemente, sempre uguale a se stessa, presentata dai media internazionali.

La scelta di non essere allineati al gretinismo fintamente ecologista dei nuovi presunti salvatori dell’umana condizione, scaturisce dalla millenaria vocazione allo scetticismo di chi come me, da sempre, al cretinismo conformista dei benpensanti, preferisce lo spigoloso criticismo dei dubbiosi, perennemente impegnati nell’analisi di ogni evento o situazione, nel tentativo di essere scevri da qualsiasi condizionamento.

William Mussini76 Posts

Creativo, autore, regista cinematografico e teatrale. Libertario responsabile e attivista del pensiero critico. Ha all'attivo un lungometraggio, numerosi cortometraggi premiati in festival Internazionali, diversi documentari inerenti problematiche storiche, sociali e di promozione culturale. Da sempre appassionato di filosofia, cinema e letteratura. Attualmente impegnato come regista nella società cinematografica e teatrale INCAS produzioni di Campobasso.

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