Elezioni a Isernia, lo scenario

Abbiamo chiesto ad Antonio Sorbo, scrittore e giornalista di lungo corso con un’importante esperienza amministrativa (è stato sindaco di Venafro dal 2013 al 2018) di descrivere il quadro politico di Isernia in vista delle elezioni che si svolgeranno il 3 e 4 ottobre prossimo

di Antonio Sorbo

Il grande favorito è lui ma non è la prima volta. Gabriele Melogli, avvocato, 75 anni molti dei quali dedicati alla politica, per quattro volte, a partire dal 1993, è già stato candidato a sindaco di Isernia e sempre da favorito. Ma il bilancio finale è in perfetta parità: due volte sconfitto, due volte vincente. Nel 1993, quando ancora non era in vigore la legge sull’elezione diretta del sindaco, al primo cittadino “in pectore” l’investitura arrivava con la collocazione al primo posto della lista del partito. Melogli, all’epoca, fu scelto come capolista della DC che in tutta la provincia pentra e in particolare ad Isernia da decenni vantava percentuali bulgare. In caso di vittoria, che tutti ritenevano scontata, sarebbe stato lui il sindaco di Isernia.

La “balena bianca” in quel periodo difficilmente scendeva sotto il 60 per cento. Ma quell’anno ad Isernia ci fu una piccola grande “rivoluzione”: il centrosinistra, che aveva puntato su Marcello Veneziale, a sorpresa sbaragliò il campo e Melogli masticò amaro tanto da dimettersi da consigliere senza attendere la fine della legislatura. La seconda e la terza volta invece gli è andata bene: nel 2002, già transitato dalla defunta DC a Forza Italia, vinse al secondo turno battendo l’altro candidato di centrodestra Alfredo D’Ambrosio arrivato al ballottaggio sbeffeggiando una sinistra debole e inconsistente. Nel 2007 le cose andarono ancora meglio: Melogli, sempre alla guida del centrodestra all’epoca a trazione “ioriana”, si impose al primo turno con oltre il 69 per cento prendendosi dopo quasi tre lustri una clamorosa rivincita su Marcello Veneziale, “ripescato” da un centrosinistra in crisi di uomini e di idee che racimolò poco più del 18 per cento dei consensi. La quarta volta a Melogli è andata male. Era il 2016 e quella che doveva essere una cavalcata vittoriosa si trasformò in un’inattesa debacle. Con il centrosinistra ancora ridotto ai minimi termini, furono ancora una volta – come nel 2002 – due candidati di centrodestra a sfidarsi al ballottaggio e a vincere fu Giacomo D’Apollonio. Le sconfitte non piacciono a Melogli che ben presto abbandonò il seggio di consigliere.

Le elezioni comunali 2021 di Isernia somigliano molto a quelle del 2016. Anche allora il centrodestra si presentò diviso e gli schieramenti e gli attori erano più o meno gli stessi di oggi. Non c’è più D’Apollonio, scaricato senza troppi rimpianti dai suoi compagni di viaggio. All’ex generale nessuno dei leader delle principali forze politiche di centrodestra ha mai seriamente prospettato una ricandidatura. E solo quando i giochi erano ormai fatti, con il centrodestra irrimediabilmente spaccato, e il suo nome era già finito nel cestino, l’ex generale ha fatto sapere che lui sarebbe stato pure disponibile a ricandidarsi ma soltanto a condizione che il centrodestra si fosse presentato unito. Gli studiosi della sintassi lo definirebbero un periodo ipotetico dell’irrealtà. Al posto di D’Apollonio c’è Cosmo Tedeschi, 57 anni, imprenditore, che ci riprova dopo aver clamorosamente fallito cinque anni fa. Dopo aver passato circa un decennio nell’Italia dei Valori e nel centrosinistra come consigliere regionale e provinciale, cinque anni fa Tedeschi aveva abbandonato il campo progressista perché a lui i partiti della coalizione avevano preferito la candidatura di Rita Paola Formichelli. Presentò ben sei liste a sostegno della sua candidatura a sindaco da indipendente dicendosi certo che sarebbe arrivato almeno al ballottaggio: invece si piazzò quarto raccogliendo un misero 13 per cento che però fu sufficiente a sbarrare la strada alla Formichelli che per 140 voti non riuscì ad arrivare seconda.

Gabry Melogli invece c’è sempre. Da tempo ormai si è affrancato dalla “tutela” politica di Michele Iorio, almeno dal 2012, quando ha lasciato Palazzo San Francesco assistendo da spettatore al declino politico del suo mentore. E infatti nel 2016 Michele Iorio insieme a Filoteo Di Sandro era schierato con D’Apollonio contro il vecchio amico Gabry. Dall’altra parte, oggi come allora, il resto del centrodestra con in testa Forza Italia e la Lega. Il copione a distanza di cinque anni sembrerebbe ripetersi. Il fronte di Iorio e Di Sandro per questa nuova tornata elettorale ha arruolato anche l’ex assessore regionale Massimiliano Scarabeo oltre a Tedeschi e nella squadra è arrivato anche l’avvocato Oreste Scurti, ex esponente di spicco dei grillini (primo non eletto dei pentastellati alle ultime regionali) che a lungo ha coltivato il sogno di correre come sindaco e che ora punta ad un seggio da consigliere.

Eppure vi è, rispetto al 2016, una grande differenza che potrebbe essere decisiva. C’è infatti uno degli attori principali che questa volta ha deciso di recitare una parte più importante rispetto a cinque anni fa. Anzi, oltre al ruolo di attore, ha voluto prendersi anche quello di regista. Si tratta del politico considerato attualmente il più potente non solo del centrodestra ma dell’intero panorama regionale, l’eurodeputato Aldo Patriciello. Il quale cinque anni fa formalmente stava con Melogli che, oggi come allora, era il candidato del suo partito, Forza Italia. In realtà giocava le sue carte su due tavoli. Mentre si faceva vedere in giro sotto braccio a Melogli, distribuiva equamente i suoi candidati nei due schieramenti e “piazzava” il suo uomo più forte, Cesare Pietrangelo, nella lista civica di D’Apollonio dando un contributo decisivo all’elezione del suo fedelissimo e, di conseguenza, dell’ex generale che, una volta diventato sindaco ha poi ricompensato Pietrangelo assegnandogli l’incarico di vicesindaco.

Questa volta Patriciello ha deciso di schierarsi fortemente e seriamente al fianco di Melogli abbandonando le ambiguità che non mancano mai quando si vota per le amministrative. In questa tornata elettorale i suoi uomini e le sue donne sono candidati nelle liste dell’ex sindaco. Lui e la coordinatrice regionale di Forza Italia, la deputata isernina Anna Elsa Tartaglione, sono riusciti a convincere anche un recalcitrante Raimondo Fabrizio, esponente storico dei forzisti isernini, a rientrare nei ranghi. Fabrizio, che è stato all’opposizione in questi cinque anni, sperava che finalmente fosse giunto il suo turno. Sperava che il suo partito gli riconoscesse una candidatura che riteneva di aver guadagnato sul campo. Tuttavia, dopo aver fatto un po’ di resistenza, si è lasciato convincere. Si dice che in caso di vittoria sarà lui il nuovo vicesindaco. Carica a cui, per la verità, aspirano anche altri come lo stesso Cesare Pietrangelo, questa volta candidato con Forza Italia, e Giovancarmine Mancini, esponente di Fratelli d’Italia ma già vicesindaco di Melogli, che ha deciso di dividere il suo percorso da quello di Di Sandro e di Iorio.

L’attivismo di Patriciello, dell’on. Tartaglione, del presidente della Regione Toma e di tutta la giunta regionale in carica a sostegno di Melogli (capolista dell’Udc è l’assessora regionale Filomena Calenda e anche il sottosegretario Roberto Di Baggio ha schierato le sue truppe) va ben oltre la volontà di far vincere Melogli. Il vero obiettivo è Michele Iorio, bersaglio da tempo ormai di un vero e proprio regolamento di conti all’interno del centrodestra. L’ex presidente, sempre più isolato, ha trovato riparo sotto il tetto di Fratelli d’Italia ma si sente ormai braccato. Il resto del centrodestra vuole dargli una sonora lezione a casa sua. Cinque anni fa Iorio ne uscì a testa alta: fu determinante per la vittoria di D’Apollonio e la “sua” lista civica, “Insieme per il Molise”, fu la più votata ottenendo da sola oltre il 14 per cento staccando nettamente tutte le altre liste, compresa quella di Forza Italia.

L’ex governatore spera di ripetere il “colpaccio”, ma questa volta sarà più dura. Iorio in questi anni in cui è stato praticamente ridotto all’impotenza politica, fuori dalla stanza dei bottoni alla Regione, ha perso consenso e potere. E ora si gioca le sue ultime carte in vista della battaglia vera, quella per le regionali del 2023. Proverà sicuramente una strana sensazione nel leggere nelle liste che oggi ad Isernia si contrappongono a lui per decretarne la fine politica i nomi di decine di persone che in tante occasioni e a vari livelli sono stati da lui aiutate, beneficate, valorizzate, sostenute negli anni d’oro del suo governo regionale e che quando era l’uomo più potente del Molise facevano la fila davanti alla porta della sua casa per essere ricevuti. Iorio conosce l’importanza di questa battaglia campale e venderà cara la pelle. Il suo obiettivo è arrivare al ballottaggio sperando che i consensi che questa “strana alleanza” con Cosmo Tedeschi riuscirà a racimolare siano sufficienti. Guai a darlo già per sconfitto! Molti osservatori ritengono che Melogli, se non dovesse vincere al primo turno, rischierebbe grosso al ballottaggio dove le “convergenze parallele” dei suoi avversari potrebbero rendere incerto l’esito finale dell’eventuale secondo round della sfida.

Le elezioni di quest’anno somigliano molto, come si diceva, a quelle del 2016. Anche questa volta, almeno all’atto della presentazione delle liste, molti hanno rivisto il copione di cinque anni fa, con due candidati di centrodestra in lotta tra di loro e con gli altri – e in questo caso il candidato di centrosinistra – destinati a fare da spettatori. Tuttavia le quotazioni del candidato progressista, Piero Castrataro, 46 anni, ingegnere nucleare, imprenditore, con il passare dei giorni sono salite. Tanto che nel suo entourage molti si sono spinti a dichiarare pubblicamente che l’aria ad Isernia sta cambiando e c’è chi è pronto a scommettere che andrà al ballottaggio. Il centrosinistra che si presenta a questo appuntamento elettorale è abbastanza “giovane”, soprattutto nei nomi e nei volti delle liste civiche che, insieme al Pd e al Movimento 5 Stelle, compongono la coalizione che ha deciso di puntare su Castrataro. Il candidato sindaco da tempo si è trasferito fuori regione per motivi di lavoro, per seguire le sue società e i suoi impegni professionali. Ma non è di certo estraneo alla politica isernina. Quando nel 2012 Ugo De Vivo fu eletto sindaco riportando il centrosinistra al vertice di Palazzo San Francesco dopo il decennio di Melogli, chiamò in giunta Piero Castrataro come assessore esterno. Un’esperienza che durò pochi mesi. Il centrosinistra prova con Castrataro a rilanciarsi per uscire da un lungo periodo di crisi.

La caduta dell’ultimo sindaco “progressista”, Luigi Brasiello, avvenne anche per mano di alcuni esponenti del PD e della coalizione. Da allora è iniziata una inesorabile discesa che ha toccato il fondo con le elezioni regionali del 2018. Il Pd avrebbe voluto esprimere il candidato sindaco e i nomi già circolavano: la solita immancabile Maria Teresa D’Achille, il giovane Ovidio Bontempo e qualche altro. Ma questa volta, con la coalizione allargata anche al Movimento 5 Stelle e a liste civiche fatte soprattutto di giovani e di tanti volti nuovi, anche il PD ha capito che bisognava andare oltre. E dal cilindro è sbucato il nome di Castrataro. Recuperare il terreno perduto è complicato. Basti pensare che praticamente tutti i consiglieri eletti all’opposizione dal centrosinistra nel 2016, ad eccezione di Rita Paola Formichelli, sono passati uno dopo l’altro in maggioranza e alcuni di loro sono anche diventati assessori e si ricandidano con Melogli. La coalizione progressista punta sui volti nuovi, su tanti giovani come quelli della lista Volt o di “Isernia futura” e per alcuni questo potrebbe essere un punto di forza. Per altri invece l’assenza di “vecchi marpioni” portatori di voti, di persone che hanno alle spalle una lunga esperienza amministrativa e la presenza di tanti candidati sconosciuti insieme al fatto che il candidato sindaco da anni non risiede ad Isernia e – secondo gli avversari – non “vive la città”, rappresentano punti di debolezza della coalizione di centrosinistra.

Ma anche per il grande favorito, per Melogli, alcuni apparenti punti di forza potrebbero trasformarsi in punti di debolezza. Per esempio il sostegno del presidente Donato Toma, che dovrebbe essere un elemento a favore di Melogli, secondo molti potrebbe trasformarsi invece in un punto debole tanto che Gabry nella prima parte della campagna elettorale si è tenuto a debita distanza dal governatore, quasi come se non lo conoscesse. Perché Toma rappresenta effettivamente un’insidia sul cammino di Melogli su un tema sul quale si gioca gran parte di questa campagna elettorale. Al presidente della Regione si addebita la volontà di smantellare l’ospedale di Isernia. Gli ultimi provvedimenti che ha assunto da commissario alla sanità hanno suscitato reazioni durissime perché vi si legge l’intenzione di privare il “Veneziale” di altri servizi oltre a quelli già tagliati negli ultimi anni. E’ facile prevedere che, se non vi sarà un’inversione di tendenza, l’ospedale di Isernia è destinato nel giro di un paio di anni a fare la fine dei nosocomi di Venafro e Larino. Si rischia insomma la chiusura anche perché sembra chiaro che la Regione e il commissario (che di fatto coincidono nella persona del presidente) vogliono “subappaltare” i servizi e le cure alle strutture private, quelle – tanto per intenderci – che in Molise fanno capo soprattutto ad Aldo Patriciello, principale sostenitore di Toma e di Melogli. Su questo tema è in corso uno scontro senza esclusione di colpi tra i vari candidati a sindaco. Tedeschi e Castrataro, carte alla mano, puntano il dito contro Toma e di conseguenza contro Melogli. Quest’ultimo parla invece di disinformazione e prova a gettare acqua sul fuoco dando una sua “interpretazione” alla volontà di Toma e del governo regionale.

E’ un tema sensibile che tuttavia rischia di far passare in secondo piano la situazione generale in cui oggi versa Isernia e che dovrà essere valutata dagli elettori. Al netto della realizzazione del parco comunale costruito nell’area della stazione ferroviaria, il centrodestra può presentare un bilancio assai misero degli ultimi cinque anni di governo. Colpa sicuramente anche della pandemia, ma la città ha conosciuto un pericoloso declino che ha trovato l’amministrazione comunale impreparata e inerte. Non a caso proprio in questi giorni è stata pubblicata dal Corriere della Sera la classifica dei capoluoghi di provincia in relazione alla capacità di amministrare che pone Isernia al quart’ultimo posto su oltre cento città. La classifica, stilata dalla Fondazione Etica, tiene conto di sei parametri: bilancio, governance, personale, servizi, appalti e ambiente. C’è stata una strage di attività commerciali. Una volta il corso principale di Isernia era tutto un fiorire di negozi, si faceva la corsa ad affittare i locali. Oggi su decine di vetrine, ormai sgombre e vuote, campeggia il cartello “vendesi” o “fittasi”. Il centro storico, dopo il trasferimento dell’Università a Pesche, vive una crisi grave e non riesce a decollare il turismo, di cui tutti parlano ma per il quale poco o nulla è stato fatto in questi anni. Le attività culturali languono, toccate pesantemente dal covid. Da anni la piscina comunale è chiusa e solo in questi giorni, dopo cinque anni, come in un sussulto finale, una sorta di colpo di coda, il sindaco uscente ha annunciato che è stato pubblicato il bando per la costruzione di un nuovo impianto. In generale lo stato di manutenzione della città è ritenuto insoddisfacente, poco curato.

L’amministrazione si è poi fatta incalzare e mettere all’angolo su questioni che toccano la quotidianità dei cittadini, come la gestione dei parcheggi e delle famigerate “strisce blu” tanto contestate, o come la gestione dello spazio dell’ex lavatoio, con il braccio di ferro intrapreso con numerose associazioni che utilizzano quei locali per attività culturali.

Insomma l’impressione è che pochi rimpiangeranno l’amministrazione uscente. E il dubbio di molti elettori, che sono ancora indecisi, è se per i prossimi cinque anni è meglio affidarsi al pragmatismo dell’ “usato sicuro”, come i suoi sostenitori definiscono Gabriele Melogli, o ad un volto seminuovo (non solo per la sua pregressa esperienza politica ma anche per la storia e il ruolo dei suoi principali sponsor) come Tedeschi che promette di replicare nell’amministrazione pubblica il modello gestionale delle sue aziende o addirittura se voltare completamente pagina affidandosi a chi per la prima volta si propone per guidare una città così complessa e difficile da amministrare potendo contare su un gruppo di giovani volenterosi, con tante idee e con poca esperienza.

Senza contare che il centrosinistra si porta appresso il marchio di non essere in grado di garantire la stabilità e la governabilità. Gli ultimi due sindaci progressisti, De Vivo e Brasiello, seppure per ragioni diverse, sono durati in carica poco tempo: un anno il primo, due il secondo. Dice un vecchio adagio che non c’è due senza tre. Sembra fatto apposta per Melogli e per i suoi avversari. E’ una questione di punti di vista. Il primo spera di ottenere, dopo quelle del 2002 e del 2007, la terza vittoria, i suoi antagonisti invece auspicano che per lui, dopo quelle del 1993 e del 2016, arrivi la terza sconfitta.

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