Bentornati a Jonestown

di William Mussini

Distanziamento, mascherine, green pass ed altre amenità

In Italia, ad oggi, la paura è il mezzo di governo per eccellenza! L’instrumentum regni del nuovo apparato governativo, con a capo l’ennesimo personaggio non eletto da nessuno: il sig. Mario Draghi, ha accantonato il ruolo istituzionale del Parlamento e, approfittando della reiterata emergenza sanitaria divenuta nuova normalità, impone la propria azione autoritaria, utilizzando una valanga di decreti amministrativi dai contenuti decisamente discutibili. Azzardando un paragone iperbolico, nell’Italia covidiana si governa facendo paura un po’ come avveniva nella comunità religiosa chiamata Jonestown, fondata dal pastore carismatico James Warren Jones, negli anni Settanta.

Prima di illustrare quali potrebbero essere i parallelismi e le similitudini fra l’Italia odierna e la comunità religiosa nella giungla della Guyana, potrebbe essere interessante un’analisi sul come si è formato il tessuto sociale attuale, terreno umano sul quale attecchisce da decenni e senza grossi impedimenti, qualsivoglia erbaccia infestante, parassitaria e immiserente.

Dopo la caduta del muro di Berlino, secondo il parere dell’Economist: “abbiamo avuto un rafforzamento del crony capitalism, un sistema che porta all’arricchimento visibile di chi opera in settori molto regolamentati e a vantaggio (non sempre visibile) per chi prende decisioni politiche”. Nel neoliberismo, il principio e la fine di tutto è l’impresa, cioè la competizione senza regole e senza limiti. Il nostro villaggio globale è la risultanza di decenni di competizione autolesionista, di rincorsa sfrenata al profitto, di depauperamento valoriale dell’individuo.

La grande comunità umana che popola l’odierno mondo globalizzato, potremmo descriverla come fosse un ameno super villaggio, suddiviso ancora in Stati e Nazioni, ma socialmente ed economicamente uniformato di fatto sotto le effigi di brands imposti e riconosciuti universalmente come i nuovi Dei da venerare. La stragrande maggioranza delle Nazioni del super villaggio globale si è livellata al modello socioeconomico che il capitalismo neoliberista, o capitalismo clientelare, impone da decenni, presentandolo come l’esclusivo modello possibile di sviluppo e di progresso per le società tecno-dipendenti.

L’inesorabile stillicidio delle idee e delle visioni alternative al nuovo paradigma globalista è imposto da quegli apparati più o meno occulti dell’alta finanza, posti al vertice decisionale; esso si concretizza grazie anche all’azione dei cosiddetti think tank (serbatoi di pensiero posizionati a vari livelli della struttura gerarchica piramidale) i quali hanno il compito di ideare, programmare e indicare le nuove politiche industriali, commerciali, inerenti all’istruzione scolastica, nonché, in alcuni casi, anche le strategie militari.

Appartengono alla nuova categoria dei think tank (sulla carta, analisti pseudo indipendenti), anche i comitati tecnico scientifici che, in questi ultimi anni, abbiamo imparato a conoscere nostro malgrado. Questi Guru incravattati della nuova era tecnocratica, unitamente ai geniacci della Silicon Valley, ai multimilionari nerds che vorrebbero insegnare alle nuove generazioni come arrivare al successo, sono i novelli consilium prìncipis del potere, sono i servi interessati dei nuovi apparati burocratici globalisti.

È grazie alle loro intuizioni acutissime e illusoriamente estranee a qualsiasi condizionamento governativo o politico, che ci ritroviamo a dover fronteggiare, ad esempio, in piena pseudo pandemia covid19, problematiche derivanti da imposizioni di regole liberticide, illogiche e anticostituzionali come il distanziamento sociale, protocolli sanitari ridicoli, l’imposizione della mascherina all’aperto e, non ultimo, il controverso quanto ricattatorio documento digitale chiamato green pass.

In Italia, fra gli Stati occidentali in cui si sperimentano le nuove strategie iper tecnologiche di controllo sociale Made in China, l’azione dei CTS si compie grazie anche e soprattutto al servile aiuto dei divulgatori della verità che, dai media mainstream, martellano da mezzo secolo la popolazione italica con notizie emergenziali, terroristiche e catastrofiche, spaventandola, nel caso specifico dell’emergenza pandemica, da oltre due anni, con bollettini di morti, contagi e possibili futuri disastri assortiti.

Questa azione di potere ben coordinata è stata egregiamente smascherata e spiegata dallo studioso e linguista Noam Chomsky che ha elaborato la lista delle 10 strategie della manipolazione attraverso i mass media:
“1) La strategia della distrazione. L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione, che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico da problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazione di continue distrazioni e informazioni insignificanti. La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico di interessarsi alle conoscenze essenziali nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica.

2) Creare problemi e poi offrire le soluzioni. Questo metodo è anche chiamato: Problema > Reazione > Soluzione. Si crea un problema, una situazione prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi una violenza urbana, organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che sia il pubblico a richiedere le leggi di sicurezza e le politiche a discapito della libertà.

3) La strategia della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile basta applicarla gradualmente, al contagocce, per anni consecutivi. È in questo modo che condizioni socio-economiche radicalmente nuove, come il neo-liberalismo, furono imposte durante il decennio degli anni ’80 e ’90.

4) La strategia del differire. Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come dolorosa e necessaria, ottenendo l’approvazione pubblica immediata, per un’applicazione futura della decisione. È più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato: primo, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente, secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza di sperare ingenuamente che tutto domani andrà meglio e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato.

5) Rivolgersi al pubblico come ai bambini. La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e un’intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, più si tenta di usare un tono infantile. Perché? Se qualcuno si rivolge a una persona come se avesse dodici anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, lei tenderà con una certa probabilità ad una risposta o reazione come quella di una persona di dodici anni o meno.

6) Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione. Sfruttare l’emozione è una tecnica classica per provocare un corto circuito su un’analisi razionale. Inoltre, l’uso del registro emotivo, permette di aprire la porta di accesso all’inconscio, per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori.

7) Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità. Far si che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile.

8) Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità. Spingere il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti.

9) Rafforzare l’auto-colpevolezza. Far credere all’individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto-svaluta e s’incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti è l’inibizione della sua azione. E senza azione non c’è rivoluzione.

10) Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscano. Negli anni ’50 i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élites dominanti. Grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il sistema ha goduto di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia della sua forma fisica che psichica. Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo maggiore ed un gran potere sugli individui, maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su sé stesso”.

Torniamo adesso alla vicenda della sfortunata comunità religiosa chiamata Jonestown: il suo fondatore James Warren Jones, era un giovane pastore di San Francisco capace di un’oratoria che rapisce credenti e non credenti. I sermoni pacifisti, antigovernativi e antirazzisti, richiamavano alle sue messe migliaia di persone, soprattutto di origine afroamericana. Era un forte sostenitore dell’integrazione razziale e della fine della segregazione. Jones era uno dei tanti figli della “White America”, di quella che scese in strada contro la guerra in Vietnam e che si fece portavoce di istanze libertarie di cambiamento.

Jones riuscì, nell’arco di pochi anni, a realizzare il suo sogno di costruire un villaggio indipendente e lontano dalla coercizione del sistema capitalistico americano. Fedele al cosiddetto “socialismo apostolico”, religione sincretica da lui stesso ideata, convinse centinaia di suoi seguaci a seguirlo sino in Guyana, per vivere in comunità, lavorando per l’auto-sostentamento e purificando così lo spirito da tutte le corruttele di un sistema a loro dire demoniaco. Jones, sfruttando sino all’estremo il suo carisma e la sua capacità oratoria, circondato e protetto da pretoriani armati e violenti, in preda al delirio di onnipotenza, si sentì minacciato a seguito di ingerenze da parte del governo americano e pose fine alla sua esperienza di pseudo salvatore dell’umanità. Il 18 ottobre del 1978 dunque, spinse alla morte per avvelenamento oltre 900 seguaci, attraverso il rito purificatore del così designato “suicidio rivoluzionario”.

La follia di un uomo coinvolse centinaia di persone a comportarsi come animali in un allevamento. Potremmo ben dire che gli stratagemmi manipolatori a cui il pastore Jones ricorreva attraverso i suoi sermoni, rispondevano a tutte le regole descritte nel decalogo di Noam Chomsky e li ritroviamo anche oggi nell’Italia in perenne emergenza. Jones instillava la paura nei suoi seguaci, dominava con lo stratagemma del bastone e la carota, prometteva soluzioni dopo aver creato problemi fittizi, imponeva regole illogiche alle quali tutti dovevano obbedire per fede e per ossequio alla sua figura autoritaria.

Lo psicologo ed etnologo francese Gustave Le Bon, fondatore della psicologia delle masse (La psychologie des foules, 1895; trad. it. 1946) descrisse così l’agire umano, quando è parte passiva di una comunità, di un popolo, di un apparato sociale: “non è più consapevole dei suoi atti. Allo stesso tempo in cui certe facoltà vengono distrutte, altre possono essere portate ad un alto grado di esaltazione. Non è più sé stesso, ma è diventato un automa che ha smesso di essere guidato dalla sua volontà. Nella folla è barbaro. Possiede la spontaneità, la violenza, la ferocia e anche l’entusiasmo e l’eroismo degli esseri primitivi”.

Le opere di Le Bon evidenziavano e proponevano le tecniche adatte per guidare e controllare le folle, per questo motivo furono lette e studiate dai più grandi dittatori del Novecento. Uomini come Stalin, Hitler o Mussolini basarono tutto il loro successo e potere sulla capacità di controllare e manipolare le masse. Iperbole e parallelismi a parte, un invito alla riflessione riguardo a quanto sta succedendo al nostro Paese in questi anni di emergenze infinite, di green pass e discriminazioni e regole anticostituzionali, ci pare doveroso.
A quando la rivoluzione?

William Mussini76 Posts

Creativo, autore, regista cinematografico e teatrale. Libertario responsabile e attivista del pensiero critico. Ha all'attivo un lungometraggio, numerosi cortometraggi premiati in festival Internazionali, diversi documentari inerenti problematiche storiche, sociali e di promozione culturale. Da sempre appassionato di filosofia, cinema e letteratura. Attualmente impegnato come regista nella società cinematografica e teatrale INCAS produzioni di Campobasso.

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