La costruzione delle città passa per gli edifici “in linea”
È una tipologia affermatasi nei nostri centri maggiori a partire dagli anni ’70, utilizzata nelle zone di espansione urbana.
La tipologia degli edifici residenziali “in linea”, cioè i palazzi multipiano lunghi, di forma rettangolare con due facciate, sui lati contrapposti, molto prevalenti rispetto alle due pareti ad esse ortogonali che fungono da fronti di chiusura, nella nostra regione sono cominciati ad apparire negli anni ’70. In effetti già prima, contemporaneamente all’introduzione del cemento armato che permette una elevazione maggiore, erano stati costruiti fabbricati alti allineati alla strada, di una consistente estensione, ma privi di caratteri distributivi definiti, miranti com’erano a saturare dei “vuoti” nell’agglomerato urbano, adottando le scelte architettoniche al lotto disponibile.
Il tipo in linea si afferma in conseguenza dell’adozione nei centri principali dei piani di lottizzazione delle Zone di Espansione degli strumenti urbanistici dei quali i comuni molisani si dotano dopo la «legge ponte» che è del 1967, obbligati da questa. Con l’eccezione della «nave» di Pacanoski a Campobasso, chiamata così perché ai coevi era sembrata un transatlantico per la sua configurazione allungata che è quella dovuta alla disposizione degli alloggi in linea, tutti i manufatti abitativi che tipologicamente vengono definiti in linea sono collocati nelle aree in cui il piano regolatore stabilisce l’estensione dell’abitato. La pianificazione particolareggiata di tali ambiti infatti, forse per minimizzare la rete viaria, scandisce i suoli edificativi in maglie larghe; essi vengono disposti parallelamente fra loro al fine di quella regolarità che favorisce il funzionamento della griglia delle infrastrutture tecnologiche.
Tale modello urbanistico viene applicato ovunque. Nonostante esso sia stato pensato per i terreni piani, viene adottato pure per le superfici in pendio. Diventa quasi un assioma, con percorsi lungo la direttrice di maggior dislivello risolti spesso attraverso gradinate. Così come è standard l’impianto planimetrico alla stessa maniera è dominate la tipologia in linea la quale magari si adatta alla conformazione territoriale di versante, aprendo balconate nella parete che volge verso valle. Sono scarsi gli esempi di manufatti architettonici gradonati, cioè scalettati seguendo l’andamento del pendio, e i più conosciuti sono il residence «S. Nicola» a Campitello e il grande fabbricato di via Leopardi a Campobasso progettato dall’arch. Benevento.
In generale, la ricerca tipologica è limitata e qualche accenno lo si coglie nell’intervento immobiliare dell’impresa Vacca in via Pansini ad Isernia, un edificio in linea, dove al primo livello sono previsti alloggi per famiglie mononucleari. Appartiene al medesimo complesso un grande scheletro in cemento armato in attesa di essere completato da anni: è una testimonianza assai evidente del fatto che qui da noi le dimensioni delle unità residenziali devono essere rapportate a quelle dell’azienda che le realizza, sempre di taglia contenuta inadatta a investimenti a lungo termine, altrimenti l’intervento porta ad un’esposizione finanziaria eccessiva del promotore. Di qui la “palazzina”, simbolo dell’imprenditorialità edile degli anni ’50 e ’60, nome, peraltro, associato generalmente alla specializzazione edilizia; è un modo di costruire per così dire stereotipato che produce fabbricati «a blocco», caratterizzato dalla pianta quadrangolare, non aggregabili per moduli come, invece, avviene nell’edilizia in linea. Insieme alla palazzina ha larga applicazione l’istituto del condominio che nelle estese «stecche» in linea si articola per scale.
Una struttura in linea per identiche ragioni è, di norma, di grandezza contenuta solo che quando ricade nella Zona Peep delle più consistenti realtà cittadine regionali nelle quali i piani attuativi ripartiscono il comprensorio in ampi lotti edificabili che, pertanto, hanno bisogno di una progettazione unitaria e, di conseguenza, di un operatore unico, sia esso un costruttore sia la cooperativa dei futuri proprietari. Si è detto prima che la tipologia in linea e l’organizzazione urbanistica dello spazio vanno a braccetto, ma tale regola può dar luogo a realizzazioni del tutto differenti, non come si è fatto nella nostra regione dove vi è stata una sola maniera di interpretazione. Essa è stata quella dell’abbinamento strade, in genere rettilinee, e stecche edilizie; per dirla in breve si è rinunciato all'”isolato” per cui ci troviamo palazzi i cui ingressi e le attività commerciali poste alla quota basamentale si fronteggiano con quelli situati nel lato opposto della strada dove, al contrario, vi sono i garage e i locali secondari.
L’arteria stradale non ha così una connotazione precisa e vi è un disturbo reciproco tra le funzioni, rispettivamente di relazione e di servizio, dei livelli terranei dei fabbricati contrapposti. Ritornando alla questione delle zone con terreno inclinato, la situazione si complica e non basta l’isolato per risolvere il problema della convivenza tra la sosta all’aperto delle persone, un po’ il cortile di Adriano Celentano, e l’accesso delle macchine nell’autorimessa: gli edifici quando corpi in linea hanno necessariamente (se si sceglie la forma parallela alle isoipse) un piano seminterrato nel lato che dà sulla vallata oppure vi è un muro di sostegno che sorregge il terrazzamento su cui poggia il fabbricato. Ciò è visibile nel quartiere S. Lazzaro, ma anche nell’iniziativa costruttiva della ditta Vacca cui si è già fatto cenno.
Si è parlato dei quartieri di “edilizia economica e popolare” specificando che sono stati i luoghi della sperimentazione delle entità edilizie in linea maggiormente significative e adesso sottolineano che si tratta di veri e propri quartieri; pur se le case in linea sono conseguenti ad un piano di lottizzazione non è detto che sia riferito ad un intero nuovo quartiere, bensì è consentito che possa riguardare appezzamenti minimi i quali, ad ogni modo, sono basati sull’obbligo dell’edificazione in linea, implicito nelle normative dei PRG. In questi ultimi casi, specie quando sono frutto solamente di un’impresa (li contraddistingue la presenza di strade private), si denominano propriamente parchi. In via Pansini, che è poi un parco, i manufatti hanno rivestimento in mattoni, tipico dell’architettura razionalista, linguaggio al quale rimandano pure il tetto piano e l’assenza di sporgenze, i balconi essendo incassati riconducendo la composizione a un gioco di volumi (una eventuale serra non sembra contraddire questi caratteri linguistici); manca del laterizio qui l’afflato del rimando alle comunità tradizionali, quello di Ridolfi nel quartiere tiburtino non a caso un quartiere perché la comunità si lega al quartiere, mentre esso può essere letto, in quanto materiale umile, quale richiamo al brutalismo, suggerendo ciò il c.a. faccia vista dei corpi scala, acquistando il valore di simbolo della modernità e attutendo nel contempo il sapore dialettale o, meglio, è una fusione di vernacolo e stile contemporaneo.
Francesco Manfredi Selvaggi640 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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