Un territorio sottosopra: è la geologia a predominare

Francesco Manfredi-Selvaggi

Il sub-strato geologico in maniera apparentemente occulta condiziona ciò che è in superficie

Oltre mille sono nella Penisola italiana le Formazioni Geologiche, cioè i vari substrati geologici i quali differiscono fra loro per la particolare combinazione di terre e di rocce che li costituiscono. Per più ragioni è auspicabile l’accorpamento e, del resto, una operazione simile la compiono anche le carte geologiche le quali per indicare nella legenda la formazione geologica riportano in grassetto solo una delle litologie che la compone che è, in genere, quella che affiora; da elemento litologico che contraddistingue la formazione geologica al tipo litologico che raggruppa tutti questi elementi il passo è breve.

È un modo quello appena indicato per riunire in un limitato numero di insiemi le formazioni geologiche. L’accorpamento, lo si è detto, è utile per molteplici aspetti non unicamente per una generica necessità di semplificazione; in relazione agli obiettivi che ci si pone, volta per volta, si distinguono i litotipi in modo da riconoscere quelli utilizzabili nelle costruzioni, quindi per la redazione di un piano cave, quelli che sono vulnerabili all’erosione e pertanto per la pianificazione degli interventi di prevenzione delle frane, quelli che hanno la capacità di imbibirsi d’acqua e, perciò, per le misure di protezione degli acquiferi sotterranei.

In definitiva, i criteri possibili sono tanti. I piani paesistici vigenti nel Molise compiono un’operazione simile. Nella apposita tavola che descrive l’uso agronomico del suolo per la classificazione dei suoli, si accomunano i terreni con litologie mineralogicamente della stessa natura, con la medesima costituzione chimica, con un grado di consistenza delle particelle di terra simili. Oltre che per la mappa pedologica il piano paesistico effettua aggregazione dei litotipi anche nella tavola sulla pericolosità geologica. Qui contano, insieme alla pendenza dei versanti, alla copertura vegetale, alla sismicità dell’area, all’idrografia superficiale, le caratteristiche geomeccaniche.

In un unico gruppo possono essere messi tutti i calcari oppure, all’estremo opposto per comportamento geotecnico e idrologico, le argille le quali sono molto meno resistenti dei primi con minore se non nulla permeabilità e con una forte erodibilità che i materiali calcarei non hanno. C’è un limite nella ricerca dei litotipi e che essa non serve a molto nello studio della morfologia dei luoghi perché formazioni geologiche diverse possono produrre forme del rilievo simile. I litotipi, in altri termini, non determinano definite tipologie di paesaggio o, almeno, non da soli in quanto un ruolo decisivo lo hanno i movimenti tettonici, le vicissitudini che ha subito la crosta terrestre nelle ere geologiche con sovrapposizioni di strati, accavallamenti per fenomeni compressivi e dilatazioni per quelli distensivi con aperture di faglie, ecc.

La tettonica non è consentito rappresentarla in pianta se non mediante tratti grafici simbolici come le linee di discontinuità e sezioni litostratigrafiche che accompagnano in appositi riquadri la carta geologica. Comunque, gli studi dell’evoluzione tettonica sono di carattere ipotetico e le interpretazioni sono necessariamente mutevoli dipendendo dall’avanzamento delle ricerche mentre le mappe devono permanere a lungo per cui si devono basare su fatti certi i quali, su per giù, sono le formazioni geologiche che, secondo quanto visto, potrebbero essere racchiuse in una limitata quantità di gruppi. Vediamo adesso cosa succede nella nostra regione.

Il Molise è caratterizzato da una grande varietà di formazioni geologiche, cioè di substrati fisici del suo territorio. Nel nostro territorio vengono in contatto senza una regola precisa, vale a dire in qualche modo casualmente, formazioni appartenenti ad ere geologiche differenti. Ciò deriva, come per gran parte della Penisola, da una orogenesi assai complicata dovuta alla collisione tra le «placche» secondo la relativa teoria la quale è la più accreditata tutt’oggi. Vi sono state fin dalle età più antiche della storia del pianeta eventi deformativi che hanno riguardato la medesima area, mettiamo la nostra regione, anche in più momenti.

Da qui ricaviamo che la stratigrafia del suolo che incontriamo nell’epoca attuale non è quella originaria, bensì che la disposizione dei corpi rocciosi è fortemente modificata rispetto alla situazione iniziale, quando è nata la Terra. Bisogna, inoltre, considerare che qualunque masso di roccia è stato oggetto di continue rielaborazioni nel processo polifasico che ha portato all’assetto odierno della superficie terrestre da cui ne discende che le formazioni geologiche che troviamo nelle carte geologiche derivano da formazioni preesistenti.

In più, sempre quel masso roccioso ha subito probabilmente una dislocazione (o molte) rispetto al punto dove si è avuta la sua prima deposizione. A rendere ancora più difficile l’interpretazione dell’evoluzione geologica vi è il fatto che la stessa formazione geologica può affiorare in regioni anche lontane fra loro; per intenderci la Formazione di Tufillo che è un paese abruzzese la ritroviamo a Trivento, così come la Formazione di Cercemaggiore è presente a Campobasso e via dicendo, per rimanere nell’ambito molisano. Se pure non fosse la medesima formazione abbiamo formazioni geologiche che pur differenti presentano identici parametri geotecnici oppure che hanno una uguale permeabilità, oppure ancora una simile resistenza all’erosione o una equivalente natura della litofacies ai fini agronomici.

Non sembra influire nel comportamento delle formazioni in riguardo alle caratteristiche tecniche della roccia la sua antichità e cioè i valori meccanici di frequente non sono dipendenti dal periodo in cui si è formata tale roccia. Il territorio molisano, riprendendo il discorso fatto, ha un gran numero di formazioni geologiche, ma ciò non significa che non si possa giungere all’individuazione di unità relativamente omogenee in base a criteri di resistenza meccanica, idrologici, di stabilità del terreno, pedologici.

L’omogeneità non sarà mai, comunque, confrontabile con quella che connota altre parti de Paese, mettiamo la pianura padana in cui la presenza di, estremizzando, un’unica formazione geologica determina risposte uniformi ai problemi ambientali, dalla circolazione idrica sotterranea alla portanza del suolo. Una diversificazione ampia delle formazioni geologiche si traduce in una conformazione del territorio mossa che va a vantaggio della sua qualità paesaggistica oltre che ecologica perché favorisce indubbiamente la biodiversità, animale e vegetale.

Francesco Manfredi Selvaggi577 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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