Salvatore Settis all’Unimol

Si è svolta nella mattinata del 3 febbraio l’inaugurazione dell’anno accademico 2019-2020 dell’Università degli Studi del Molise. Ospite d’onore il Prof.re Salvatore Settis, archeologo, accademico dei Lincei, Presidente del Consiglio Scientifico del Louvre, il quale ha affrontato la tematica del patrimonio culturale in relazione al ruolo delle Università e delle Accademie in Europa

di Antonella Golino

La parola chiave dalla quale si è sviluppata la sua riflessione è stata SFIDA, una sfida che non si può perdere, con temi che vengono discussi fuori dagli ambiti degli addetti ai lavori e che spesso portano alla distruzione del patrimonio culturale mentre la sua tutela e la sua valorizzazione devono essere poste al centro dello sviluppo di un Paese.

Il Prof.re Settis ha ricordato che nel 1830 esistevano circa 30 musei a livello mondiale e ha lanciato una provocazione, “si può vivere senza musei?”. Nel 1734 venne istituito il primo museo al mondo, Il Museo Capitolino e da lì una strada tutta da percorrere fino ad arrivare ai giorni nostri.

Nella sua relazione molti gli interrogativi che ha lasciato al pubblico attento e curioso in aula: la definizione di patrimonio culturale, appartiene all’ente o deve comprendere altri ambiti? in che misura un bene culturale va lasciato nelle strade o va chiuso nei musei? Altro punto di interesse è stata l’Importanza del patrimonio culturale, ovvero, questo è legato alla nazione oppure valica i suoi confini? Rispetto alla proprietà invece, appartiene al settore pubblico o privato? Si ha il diritto di distruggerlo? Chi sono i reali padroni? Ed infine, quali sono i costi per mantenere un bene del patrimonio pubblico?

Il patrimonio culturale è un asset economico creato da generazioni tremila anni prima di noi, ma non bisogna soffermarsi e intendere la valorizzazione in senso solo monetario e il Prof.re Settis ha sottolineato che purtroppo ci stiamo piegando sempre di più al mercato.

Fondamentale allora è il ruolo degli atenei: la ricerca, la disseminazione, la riflessione, la trasmissione della conoscenza alle generazioni future. Quest’ultimo aspetto è il più difficile perché prevale quello che viene definito il “presentismo” cioè viviamo nella sola complessità del presente. Bisogna uscire da questo, il patrimonio culturale marginalizzato nelle politiche pubbliche rispecchia la mancanza di consapevolezza sul patrimonio da valorizzare, il punto di svolta è intendere la valorizzare in senso culturale.

Il patrimonio culturale dunque può essere una medicina per la nostra memoria e le università le guardiane di questo processo.

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